Le regole del gioco erano precise e rispettate, pur in un’allegra partecipazione di tutti: chi lo desiderava proponeva un testo, che veniva messo ai voti, per alzata di mano. Il libro che raccoglieva più consensi (si trattava per lo più di narrativa contemporanea o di classici, ma non solo) sarebbe stato analizzato e discusso alla tornata successiva, con introduzione a cura della persona che lo aveva proposto. Iniziavano poi gli interventi di chi chiedeva la parola, con disciplina più o meno ferrea tenuta dal moderatoretrice. Disciplina che si scioglieva del tutto ai profumi della imminente, succulenta cena , offerta, più o meno a turno, a casa di uno dei generosi partecipanti. Le relazioni erano sempre accurate, ma l’attenzione si accendeva quando prendeva la parola qualche esponente di spicco della compagnia, si direbbe uno specialista del soggetto, ma in questo caso l’espressione suonerebbe riduttiva perché gli specialisti erano innanzi tutto ‘uomini di cultura’, intellettuali a tutto tondo, aperti ad ogni tipo di manifestazione dell’intelligenza: poteva essere un letterato, uno scienziato, un filosofo, un medico. Si ascoltava, ed essendo fra amici, forse non si percepiva fino in fondo quanto stava attraversando le nostre orecchie: quasi un secolo di cultura europea condensata in alcune teste privilegiate che non si sarebbero più ricostruite. Una di queste teste era quella, dal profilo deciso, del prof. Paolo Rossi. Ce n’erano altre, e qualcuna fortunatamente è rimasta, ma non le cito perché queste poche righe sono dedicate a lui.
Avevo una grande soggezione di Paolo Rossi che, per pochi anni di scarto, non era stato mio docente alla facoltà di Lettere di Firenze. Ma era uguale a quelli che erano stati i miei maestri: ai Garin, ai Cantimori, ai Longhi, Contini e via dicendo. A coloro cioè che avevano rappresentato la cultura del Novecento nelle loro opere ma, soprattutto, che la trasmettevano con loro stessa presenza: il linguaggio, il modo di porgersi era già una lezione, pur in quella certa distanza che il rapporto docente- discente all’epoca comportava (mi riferisco alla prima metà degli anni Sessanta). Così mi ritrovai davanti, in veste privata, i miei ‘Prof.’ in uno solo: il prof. Paolo Rossi. Ascoltarlo ogni volta era una lezione di metodo, di equilibrio e anche di buon senso. Se si parlava di un romanzo, era giusto scavare anche nella biografia dell’autore perché niente nasce per caso, per ‘ispirazione’. L’ispirazione, gran bella cosa diceva il Prof, ma andiamo a vedere da dove viene ….e dove approda. Le interpretazioni, certo, ma stiamo ai testi e alle loro connessioni. I grandi problemi della continuità discontinuità delle grandi rivoluzioni culturali della storia, in particolare di quelle scientifiche e tecnologiche del passato, venivano a galla nelle osservazioni che faceva sull’oggetto di riflessione del momento, con naturalezza, come in una conversazione fra pari (ma pari lo erano pochi!) che denotava la sua signorilità e generosità intellettuale . Non lasciava mai cadere nulla nella snobistica indifferenza. Anche di fronte ad osservazioni non del tutto consone dava una risposta articolata. Si piegava alla nostra (la mia! ) mezza cultura per riempirla di contenuti e indicazioni preziose. Ora rimpiango – ma il ricordo mi rende ancora felice – di essermi troppo abbandonata a un piacere intellettuale senz’altra finalità che il gradito ascolto…avrei potuto prendere qualche appunto, registrare qualche perla rara. Forse qualcuno lo ha fatto, non io purtroppo. Semmai, nelle poche volte che ho dovuto presentare un testo alla sua (e di altri) prestigiosa presenza, per quanto fra amici, ho provato la stessa emozione di quando, decenni fa, prendevo coraggio per parlare con i miei antichi maestri. Ma aiutava , naturalmente, quel senso di auto ironia che il Prof. diceva di aver imparato da sua moglie Andreina : prendersi sul serio, ma non troppo.
A questo proposito dicono molto della personalità di Paolo Rossi i suoi hobby. Si dilettava di falegnameria con la competenza di un vero artigiano. Non era possibile per lui fare le cose approssimativamente: così una volta avemmo in regalo una bella cassetta saliera, all’antica, di quelle dove si usava tenere il sale grosso: riempita di sale si è mantenuta perfetta pur con tutte le variazioni climatiche.bUn’altra sua predilezione che me lo ha reso vicino è stata la simpatia per quelle umili creature che sono le galline. Si dice: stupida come una gallina. A me non era mai parso ,ma d’altra parte, vox populi…. Quando invece ho trovato che il prof. Monti la pensava come me, che le galline sono dolci creature, non certo più stupide delle altre, mi son sentita confortata da un parere così autorevole che gli ho spedito per email una filastrocca da me scritta tanti anni fa, forse per le mie figliole, e che cominciava : Laudato sie mi’ Signore per sora nostra bianca gallinella sì modesta feconda e bellaBenedetto sia il frutto del suo ventreche reca l’ovo sì perfetto e tondoper cui Colombo scoprì un nuovo mondo……..
Il prof. Monti mi rispose calorosamente, con tanti complimenti, per cui lo sentii ancor più semplice amico.
Anna Maria Piccinini