Art Glass, e a San Gimignano gli affreschi raccontano

San Gimignano (Siena) – Metti gli occhiali, punti il visore su un segnale e gli affreschi iniziano a raccontare. Succede nel Palazzo Comunale, la Pinacoteca e la Torre Grossa a San Gimignano. Per ora Art Glass – è questo il nome del sistema che mette insieme realtà aumentata e una narrazione rigorosa – è sperimentale. Viene proposto in questi giorni ad alcuni visitatori che rispondono poi a un questionario di verifica. Sicuramente soddisfa una precisa domanda del pubblico che in un museo chiede sempre più di ascoltare una narrazione e di conoscere il contesto dell’opera, come emerge da una ricerca svolta in dieci grandi musei statali dal ministero per i beni e le attività culturali.

Qui per parlare della Maestà di Lippo Memmi, del celebre ciclo cavalleresco di Azzo di Masetto e degli Inganni dell’Amore della Camera del Podestà affrescati da Memmo Filippuccio si è scelto di dare la parola a due personaggi, lo stesso Memmi e un armigero di palazzo. A interpretarli non sono stati chiamati attori, ma due specialisti della materia. Marco Valenti, professore associato di archeologia cristiana medievale nell’università di Siena e Dario Ceppatelli, archeologo che collabora con il laboratorio di informatica applicata all’archeologia medievale sempre all’università senese. Esperti di reenactment, ricostruzione di eventi, indossano due costumi della prima metà del ‘300 cuciti con ago e molta filologia. L’armigero, insieme alla spada, porta una basilarda,un pugnale con impugnatura ad “H” tipica del periodo. Dettagli che il pubblico può scoprire solo da un pieghevole che accompagna la visita. Il giudizio dei visitatori sarà sicuramente determinante per la definitiva messa a punto.

L’impatto della realtà aumentata sui dipinti (a parte qualche effetto di animazione) è contenuto e non vi sono effetti speciali che facciano smarrire il filo del discorso o lo sovrastino. Sarà interessante vedere se gli occhiali acuiranno l’osservazione di alcuni particolari, ma faranno smarrire l’unitarietà dell’opera. Insomma, il visitatore si toglierà l’apparecchio per guardare semplicemente con i suoi occhi quello che lo circonda. L’iniziativa è comunque importante e ancora rara. Segna un punto di arrivo nella ricerca di nuovi strumenti tecnologici che facciano da mediatori dell’opera d’arte, così come avviene nei grandi musei europei. Insieme al Comune di San Gimignano sono nell’impresa la Fondazione Musei Senesi e Opera laboratori fiorentini. La cura complessiva è di Luigi Di Corato che ha curato anche i testi insieme a Elisa Bruttini.

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