Arrivederci Ratzinger, senza rimpianti

Se ne va a sorpresa Papa Benedetto XVI e molti (che manco sanno cos’è il Soglio di Pietro) si stracciano le vesti. Lui si dice “stanco”. Allora buon riposo

Altro che Sanremo, le dimissioni di Benedetto XVI (non è il secondo caso nella storia vaticana come erroneamente i più si affrettano a divulgare) queste sì sono in grado di oscurare “l’importanza” delle effimere elezioni italiane. E a collocare nella giusta dimensione il cianciare pre-elettorale di Monti e Bersani, Berlusconi e Ingroia, Grillo, Vendola e la Meloni. Non è durato nemmeno otto anni (il numero mariano) il pontificato del cardinale “mozartiano” venuto dalla Baviera, formatosi nelle filosofiche università di Frisinga e Monaco. A marzo, assicura l’alta prelatura, avremo un altro Papa.

Intanto si sprecano gli “choc” e i “gesti di coraggio” come reazione istintiva e retorica delle istituzioni, colte alla sprovvista per l’ennesima volta da una comunicazione interna al Vaticano dal sapore e rigore teutonici, ovverosia un muro di gomma. E la comparazione non può non andare, immediatamente, alla tempra del predecessore, quel Giovanni Paolo II proveniente dalla miniere polacche, che fino all’ultimo ha continuato a girare il mondo in condizioni di salute proibitive.

Altra tempra, altro Papa. Cosa resterà, pastoralmente parlando, del pontificato ratzingeriano, peraltro (dicono gli “esperti”) fortemente voluto da Carol Wojtyla? E’ presto per dirlo; il papa tedesco, vista anche la sua innata ritrosia nel darsi fisicamente alle folle e nel concedersi a contatti umani più duraturi di una manciata di secondi, ha sostanzialmente proseguito la sua carriera di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede riallineando ulteriormente, dogmaticamente parlando, le fila di una Chiesa dove oggi il dibattito interno non vive certo momenti apicali. Non a caso, dopo aver annunciato lo sbarco su twitter, papa Benedetto XVIesimo ha scelto il latino per dare le dimissioni

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