Arianna Cecchini, sindaco di Capannoli: “Manca una riflessione generale sul ruolo delle donne”

Capannoli (Pisa) – Un sindaco giovane (è del 1974), madre di due figli, un passato in una radio conosciuta (radio Cuore) e una dialettica pronta e vivace. Non è solo questo, che ha condotto Arianna Cecchini alla carica di primo cittadino di Capannoli nella lista di centrosinistra “Insieme per Capannoli e San Pietro Belvedere” (una coalizione che ha visto insieme Pd, Rifondazione, Sel e Psi) che ha totalizzato un risultato molto più che lusinghiero, oltre il 70% di voti. E’ anche, come dicono i suoi collaboratori, il risultato della grande capacità di intessere e mantenere rapporti con tutte le forze politiche, oltre alla competenza e dedizione dimostrate durante il suo recente passato di assessore agli affari generali, comunicazione e sport. Un “premio” di voto popolare, quello che l’ha innalzata alla carica di sindaco. Ma anche una scelta che può risultare difficile, per chi ha deciso di dedicare gran parte delle sue energie all’amministrazione pubblica essendo giovane, donna e madre.

Come nasce la sua decisione di abbandonare un lavoro che amava e di cui era soddisfatta come quello della radio e dedicarsi alla gestione amministrativa e politica?
“In realtà ho cessato di lavorare alla radio per entrare nella Pubblica Amministrazione come dipendente; con rammarico, lo ammetto, ma per una giovane donna che ha anche intenzione di metter su famiglia, il lavoro pubblico lascia più spazi sia per la famiglia che per eventuali “passioni”. E la politica è stata una mia passione, che a distanza di anni è diventata il mio lavoro, oggi mi dedico a tempo pieno alla carica di Sindaco. Dedicarsi alla comunità locale, dal punto di vista amministrativo e politico è sicuramente una grande responsabilità, ma mettersi al servizio della gente è importante, oggi più di ieri, in questo mondo in cui si fa sempre più strada, purtroppo, il personalismo e l’egoismo”.

Quanto le serve la sua precedente esperienza, dapprima come inviata della radio e poi come assessore per quanto riguarda il suo nuovo impegno di sindaco?
“Qualsiasi esperienza di vita, credo io, bella o brutta che sia, insegna qualcosa. Io ho imparato tanto quando ho lavorato nel privato, in radio, ho conosciuto tanta gente, anche volti noti, ho imparato a STARE con la gente (ero giovanissima tra l’altro); successivamente mi è servito vedere “il pubblico” dalla parte del dipendente perché oggi, che sono dall’altra parte della scrivania, penso di poter dire di avere un valore aggiunto rispetto a chi nel pubblico non ha mai lavorato. I ruoli di consigliere delegato prima (dal 2004 al 2009) e di assessore poi (dal 2009 al 2014) mi hanno fatto crescere; oggi sicuramente ho più responsabilità, ma credo anche di aver maturato quell’esperienza politico amministrativa che mi permette di trattare in modo più proficuo questioni che conoscevo già”.

Come riesce a conciliare il lavoro particolarmente gravoso di sindaco e gli impegni famigliari?
“Avere una famiglia su cui contare è indispensabile in queste situazioni. Quando ho deciso di accettare la proposta del mio partito di candidarmi a Sindaco ho condiviso la scelta dapprima con mio marito e poi con il resto della famiglia. Innanzitutto i figli: una mamma quando esce per andare al lavoro deve sapere che lascia i propri figli a persone fidate, è fondamentale, altrimenti non si affronta neanche bene la giornata. Per il resto si tratta di organizzarsi, una donna sa che pranzo e cena solitamente sono a carico suo, che le faccende di casa vanno comunque fatte: è difficile e faticoso, ma si tratta più che altro di sapersi organizzare. E se le persone che ti circondano condividono il tuo percorso e sono persone affidabili è tutto più facile”.

Una riflessione sulla condizione del lavoro femminile in Italia: ritiene che sia necessario, ripensando alla sua esperienza, un impegno ulteriore dello Stato per far sì che le opportunità di svolgere attività quasi sempre pensate come “maschili” possano essere davvero raggiungibili anche da tutte le donne?
“Sono sicuramente raggiungibili, la mia esperienza lo dimostra. Però è tutto più difficile: generalmente ai figli pensa una donna, un uomo non pensa a fare le lavatrici, a pulire casa e a tutto il resto. Sicuramente la nostra legislazione va rivista da questo punto vista, non possiamo solamente contare sul fatto che gli uomini, e quindi i mariti o i compagni, di nuova generazione sono più disponibili e più propensi alla cura dei figli e della casa, non può bastare. Dobbiamo facilitare la vita delle donne affinché certi ruoli possano essere ricoperti sempre di più anche da loro”.

Che cosa manca per garantire davvero l’ingresso delle donne italiane e madri al mondo del lavoro? Si occuperà di rendere a Capannoli più “naturale” l’avvicinamento fra donne e lavoro? Come?
“Manca una riflessione generale, una presa di coscienza forte che molto è cambiato nella nostra società, mentre le normative sono sempre le stesse. A Capannoli abbiamo inaugurato tre anni fa un asilo nido, una scelta per le donne oltre che per i bambini, mi sento di dire. Nel nostro piccolo cerchiamo di dare risposte alle famiglie e alle donne. Ma da soli quello che possiamo fare è ancora poco”.

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