Arezzo, l’economia, i giovani: il futuro è nella cultura

“I mercati dei beni culturali e le nuove generazioni: sviluppo occupazionale giovanile nei territori dell’aretino”. E’ il tema della ricerca, presentata stamani ad Arezzo, promossa dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze con l’Università Bocconi, nel contesto del progetto 100 itinerari + 1 (settima edizione), che quest’anno coinvolge comuni e scuole del Casentino, dopo il bel successo della precedente esperienza in Valdichiana.
Alla presentazione hanno partecipato per la Provincia d’Arezzo il Presidente Roberto Vasai e l’Assessore all’Istruzione Rita Mezzetti Panozzi, per l’Ente Cassa il Vicepresidente Giampiero Maracchi con Chiara Mannoni, responsabile del progetto 100 Itinerari + 1, per la Regione Toscana il dirigente delle Politiche Sociali Giovanni Pasqualetti, e per il Centro ASK (Art, Science and Knowledge) della Bocconi Armando Cirrincione.
Un grande patrimonio culturale di enormi potenzialità da valorizzare e sfruttare; una straordinaria tradizione artigiana ed enogastronomica da rilanciare e sviluppare nel segno della cultura. Questo, secondo la ricerca, l’identikit dell’aretino, dove beni culturali e formazione rappresentano ormai il binomio strategico su cui investire per uscire dalla crisi, rimettere in moto l’economia e garantire ai giovani futuro sia nella filiera del turismo, che nei settori manifatturieri.
La tesi poggia su cifre incontestabili. Con una popolazione di 349.651 abitanti, di cui il 21,7% giovani fra i 15 e i 34 anni, la provincia di Arezzo conta infatti 57 musei, 294 chiese e pievi, 42 parchi naturali e aree protette, 1.154 eventi culturali. Nel 2010 i visitatori dei musei sono stati 424.791; 321.010 i turisti fermatisi in media per 2,8 notti.
Un patrimonio considerevole, si rileva, sfruttato però ‘timidamente’: sono infatti solo 400 le imprese attive nella filiera dei beni culturali, per un contributo al PIL provinciale di appena lo 0,9%. Le tre grandi mostre sugli artisti aretini Piero della Francesca, Della Robbia, Vasari hanno comunque segnato negli ultimi anni un’importante inversione di tendenza.
Cultura, si osserva tuttavia, non significa solo mostre e musei. E’ bensì anche l’ingrediente fondamentale di settori produttivi che vanno appunto dall’artigianato, all’industria, all’agroalimentare: “Oggi”, ricorda l’indagine, “è premiante la capacità di presidiare la ricerca e sviluppo, il design, l’accesso ai mercato, la costruzione di brand”.
In questo quadro giocano dunque un ruolo differenziante il territorio e la sua cultura quando sono esplicitamente connessi al prodotto. Un chiaro riferimento ai settori chiave dell’economia aretina: l’artigianato artistico e tradizionale che vale il 9,1% del totale toscano e il 25,5% del PIL provinciale. Orafo e tessile-pellettiero sono i comparti di punta, ma legate alla cultura sono anche altre manifatture tipiche: vetro in Valdarno, ceramica in Valdichiana, legno in Casentino e Valtiberina, mentre l’agroalimentare vanta sei marchi fra DOP e IGT, quattro presidi Slow Food e sei denominazioni di origine per la produzione vinicola.
Un patrimonio culturale di tale portata può essere sfruttato dalle nuove generazioni a patto che, spiega la ricerca, “venga percepito per la sua duplice valenza di risorsa direttamente sfruttabile e di contesto in grado di fertilizzare l’attività economica contribuendo alla creatività necessaria per i nuovi modelli d’impresa”.
Da qui il ruolo fondamentale della formazione (il terreno su cui appunto si muove il progetto 100 Itinerari + 1) soprattutto negli istituti superiori e nelle università. In proposito, l’identikit della provincia di Arezzo è confortante grazie alle tante iniziative focalizzate sui giovani: 45 istituti superiori con 15.255 studenti nel 2010 e un alto tasso di prosecuzione degli studi: negli atenei toscani studiano 9.017 ragazzi aretini, di cui circa 2.000 a Siena e nella sede distaccata di Arezzo.

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