L’area Nord ce la immaginiamo? Ragionando a pensieri sparsi sulla progettazione del nuovo concept urbanistico che colloca Reggio Emilia tra le medie città metropolitane italiane – perché pare a ragione che non basti l’asticella dei 170 mila abitanti o l’aspetto semi bucolico dei prati fangosi sotto le bianche vele di Santiago a farci città di rilievo – , e gioca tutte le sue carte in una zona considerata dai reggiani figlia di un dio minore rispetto alle villette di Canali e bel paesaggio ondulato di San Bartolomeo, credo sia necessario mettere in campo più di una visione, che non possa accontentarsi di fugaci innamoramenti da ipotesi risolutorie, giocate su chissà quale altra infrastruttura vincente.
Mi sa che stavolta la sfida la si vinca con l’armonia. E a Reggio, città degli interventi edilizi diretti, della crescita alveare, della manichea suddivisione tra i più ricchi che stanno a sud e meno ricchi che si accontentano delle zone a nord, prima di parlare di armonia bisogna fare un bel respiro. A proposito di area Nord, non sono tanto gli ingredienti che mi interessano, quanto la ricetta, la formula con la quale aspetti noti, altri solo suggeriti e quelli che al momento sono sconosciuti e potrebbero farsi avanti, verranno collocati più o meno sapientemente in una porzione di territorio che oggi si connota a tratti come campagna, terra di nessuno, stabilimenti industriali, prove di modernità nelle infrastrutture stradali, stadio, residenziale nuovo e meno recente: un luogo che non gode di una sua precisa connotazione urbanistica.
Le capacità progettuali e poi di governance urbanistica di questa città sono chiamate a comporre con responsabilità il quadro che ha nei suoi lati più lunghi la nuova stazione e l’esagono della città, perché quest’area ha senso soprattutto in funzione di ideale collegamento tra la Reggio storica e gli scambi più strategici della città con il mondo, cioè Tav e autostrada. E simbolicamente è l’ideale finestra che Reggio affaccia sull’area vasta del nord Italia, e viceversa la zona più osmotica per cogliere quanto di buono e innovativo possa arrivare da fuori. Primo non penso possa essere strutturata e concepita un’intera nuova porzione di città che non contempli funzioni residenziali: oggi quell’area è quasi interamente vocata al terziario – e i reggiani così la concepiscono – ma la prospettiva di mettere in scena un luogo che esista solo di giorno e perda la propria fruibilità al calar del sole non può essere considerata possibile, per ragioni di ordine sociale, ma anche di percezione per chi arriva e chi parte.
A nessuno piace attraversare e fermarsi in luoghi fintamente popolati, e lo avvertiamo tutti con chiarezza quando accade. E’ evidente che in quest’area dovranno sorgere residenze, negozi, uffici, terziario: cioè dovranno essere contemplate tutte le dotazioni che animano un luogo e ne equilibrano le funzioni. In seconda battuta intravedo una caratteristica costante, il verde, sotto forma di aree non urbanizzate, campagna, mini parchi residenziali: questo aspetto è assolutamente prioritario, e serve un piano urbanistico che si esprima su ampia scala e lasci al contempo spazi di manovra limitati ad eventuali interventi diretti, perché possa essere imbastita una visione d’insieme, dove il verde pubblico e privato non siano corollario a dotazioni urbane, ma protagonisti.
Il terzo aspetto è il ruolo di via Gramsci, l’arteria che da Mancasale si innesta in città, il principale percorso effettuato da molti di coloro che si recheranno per la prima volta nel nucleo storico di Reggio, il collegamento dei due punti strategici del nostro quadro: questa strada deve trovare una sua identità, che oggi non possiede. Deve assumere un ruolo di innesto con una funzione simile rispetto a quella che oggi giocano ad esempio viale Umberto I, viale Simonazzi, o anche la porzione riorganizzata di via Emilia Ospizio, uniformata alle dotazioni che sorgeranno nell’area.
Infine sarà di capitale importanza l’auspicio e la volontà di elaborare un progetto che contempli l’impegno di tutte le forze della città, e non solo per ragioni di necessaria condivisione, quanto per lo sviluppo di interessi dell’intera comunità in quell’area e della presa in carico di quanto in quel contesto urbano possa essere utile e qualificare Reggio Emilia.