Area nord chiama Politecnico regionale

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Lo scorso mese di giugno Reggio Emilia ha ospitato l’Assemblea Generale di Federmeccanica diventando così, per un giorno, “capitale” della manifattura nazionale. Una posizione che a ben vedere non si allontana molto dalla realtà se consideriamo gli oltre 9,5 miliardi di export realizzati nel 2016 per un valore pari al 2,3% del commercio estero de Paese. Nel saluto rivolto agli industriali metalmeccanici italiani convenuti nel nostro Capoluogo avevo ricordato, rischiando consapevolmente di andar fuori tema, l’opportunità di dar vita a un “Politecnico” regionale, inteso come progetto di lungo periodo volto a soddisfare la necessità di tecnici che il sistema industriale richiede e ancor più richiederà nel futuro.

Proprio in questi giorni il Presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ha confermato in una sua intervista questa mia proposta. La sua autorevole presa di posizione mi spinge a tornare su un tema come questo dal quale dipende il riposizionamento competitivo dell’intera piattaforma produttiva emiliana e mediopadana.

Passati gli anni della crisi, superata la fase di esasperata ricerca di efficienza da parte delle imprese, avviato il processo di ulteriore modernizzazione attraverso il Piano Industria 4.0, in presenza delle principali filiere emiliane che hanno ripreso a correre, come l’automotive, le macchine agricole, il packaging, la meccanica, l’abbigliamento, l’alimentare e l’elettromedicale. Ebbene, superato o riavviato tutto ciò, ci si accorge, una volta di più, che la formazione può diventare il collo di bottiglia capace di minacciare e condizionare negativamente tanto il futuro delle imprese, quanto l’attrattività del nostro territorio, come ben dimostra la carenza di tecnici per i nuovi e importanti insediamenti produttivi che la multinazionale Philips Morris sta realizzando a Bologna.

E’ dunque molto positivo che il Presidente della Regione inserisca la criticità dell’education, in particolare l’istruzione tecnica di ogni livello, all’interno di un ragionamento dedicato al conseguimento di una maggiore autonomia finanziaria della Regione o, come è stato detto, all’adozione di un “autonomismo soft”. Visione e risorse economiche rappresentano, infatti, due questioni centrali per dare prospettiva all’ipotesi di un nuovo Politecnico regionale. Pur non entrando nel merito delle possibili soluzioni organizzative, mi limito a evidenziare che un’iniziativa come questa dovrebbe nascere dall’impegno comune dei diversi atenei regionali e, se possibile, con la collaborazione attiva del Politecnico milanese. Un’ipotesi di condivisione che, seppur declinata in un ambito diverso, presenta analogie con le indicazioni di valenza territoriale contenute nel provvedimento Industria 4.0 del ministro Calenda.

Poco fa ho fatto un riferimento non casuale alla piattaforma produttiva emiliana e mediopadana. Due ambiti territoriali tra loro integrati che costituiscono il naturale bacino di utenza dell’auspicato Politecnico. Allo stesso tempo appare evidente che Reggio Emilia, non solo in forza del proprio sistema produttivo, ma anche e soprattutto della propria posizione, ha titolo per candidarsi a ospitare il nuovo ateneo. La presenza della stazione dell’Alta velocità, che non a caso si chiama “Mediopadana”, conferma la nostra oggettiva centralità che si traduce in una elevata raggiungibilità.

D’altro canto, già il masterplan elaborato oltre dieci anni fa da Santiago Calatrava indicava l’asse che corre parallelo all’autostrada, e che lega tra loro la Fiera e la nuova stazione, come luogo ideale nel quale collocare i grandi e innovativi insediamenti che dovrebbero caratterizzare il futuro di Reggio Emilia e dell’area vasta che la circonda. Una felice intuizione che nonostante gli anni trascorsi mantiene intatta la sua validità e assume ulteriore concretezza alla luce sia delle proposte degli industriali reggiani, sia delle valutazioni espresse dal Presidente della Regione.

Se l’area mediopadana ha bisogno di un Politecnico, l’area della Stazione Mediopadana rappresenta il luogo ideale nel quale costruirlo. Accessibilità, potenzialità ricettiva per gli studenti, qualità della vita e dei servizi, presa diretta con il distretto meccatronico della via Emilia, costituiscono i possibili punti fermi di un progetto sul quale è ormai indispensabile aprire un confronto a livello locale e regionale. Gli industriali reggiani sono pronti.

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