«Arci Toscana si sta ristrutturando dall’interno e nel prossimo biennio 2012-2013 la riorganizzazione economica sarà una priorità». Risponde così Gianluca Mengozzi, dallo scorso giugno Presidente del colosso toscano del no profit, alle voci su un possibile deficit di bilancio dall’entità non ben definita. «Ma quale deficit! Tutto il terzo settore è in difficoltà a causa dei tagli sconsiderati dell’ex governo agli enti locali, tagli che hanno scosso tutto il sistema toscano di collegamento tra questi e le associazioni di promozione sociale, come l’Arci, e le cooperative sociali – spiega Mengozzi – Siamo in una fase di recessione in cui una buona massa di lavoro non ci viene più richiesta dagli enti locali, non perché non vogliano ma perché hanno meno risorse da investire nel sociale. La riorganizzazione dei costi e una gestione informata alla sobrietà sono diventate delle priorità dovute alla crisi». E’ dunque il tempo dell’austerity. Ma non per il rischio di un tracollo finanziario, sulla falsariga di quanto accaduto poche settimane fa alla Misericordia di Pisa, che ha reso noto un crac da 10 milioni di euro. Perché allora chiudere, un anno fa, Accoglienza Toscana, la società controllata che dal 2005 gestiva tutti i progetti sull’immigrazione? Una delle 8 persone che lavoravano nella struttura, e di cui rispettiamo la volontà di rimanere anonima, assicura che la decisione fu dovuta, invece, al rischio di un crac finanziario. «Le voci si rincorrevano da mesi – spiega la fonte – Si parlava di un buco di bilancio non ben quantificato, prima 150 mila euro, poi 400mila, poi un milione. C’è chi parlava anche di 3 milioni di disavanzo. Quel che è certo è che la gestione delle risorse era fuori controllo e chi ne ha fatto le spese sono state le 6 persone, in maggioranza straniere, “congedate” dall’Arci dopo anni di lavoro, seppure precario perché portato avanti con contratti atipici, con solo 10 giorni d’anticipo. E’ assurdo che proprio un ente che si occupa di problemi sociali crei dei disoccupati, e tutto perché chi doveva gestire e controllare non l’ha fatto». «Molto più semplicemente ci siamo resi conto che erogare servizi tramite una controllata snaturava la nostra azione e ci allontanava dalla base, tradendo quello che è il nostro mandato specifico di associazione di promozione sociale – replica, a distanza, Mengozzi – Non abbiamo tagliato nessun servizio, anzi, l’accoglienza resta uno dei nostri settori più importanti. Si è scelto di eliminare funzioni superflue, troppo specialistiche, e di riportare “a casa”, sotto un controllo interno e più diretto dei soci, le funzioni dii sportello e consulenza». La vicenda, comunque sia andata, ha lasciato dietro di sé alcune domande senza risposta e qualche storia di disoccupazione, ma resta una vicenda privata tra un ente ed i suoi ex collaboratori. Del famigerato “buco”, se c’è stato, non è dato conoscere l’importo, anche perché, stando a quel che dicono dalla direzione dell’Arci ,«i bilanci di soggetti privati non riconosciuti non sono atti pubblici, ma possono essere conosciuti soltanto dai soci». Resta l’amarezza di chi non ha più il suo lavoro. Restano, per fortuna, i servizi. I progetti per richiedenti asilo finanziati dal Ministero dell’interno nell’ambito del Programma SPRAR, i micro progetti sul territorio dedicati ai Rom e i servizi di mediazione culturale. Resta la rassicurazione del neo presidente: «Se disavanzo negli anni precedenti c’è stato, ora è rientrato». Restano il dubbio e la curiosità dell’entità di questo possibile disavanzo. Resta l’impegno per l’immediato futuro: sobrietà e risparmio, ma senza (più) tagli.
foto: il presidente Mengozzi alla festa del luglio 2011