Archeologia: lungo la Francigena riemergono resti medievali di San Genesio

Pisa – Edifici di età basso medievale, una vasta necropoli che risale all’epoca in cui bizantini e longobardi combattevano per il possesso della nostra penisola e poi ceramiche, monete d’argento e una piccola rarità, parte di un raffinato stampo per produrre anelli in oro o bronzo. Sono questi alcuni dei ritrovamenti emersi durante l’ultima campagna di scavo a San Genesio, borgo medievale in provincia di Pisa che un tempo si trovava lungo la via Francigena e che fu distrutto dai samminiatesi nel 1248.

La campagna si è svolta questa estate e ha coinvolto il Comune di San Miniato e l’Università di Pisa, con il professore Federico Cantini che ha diretto gli scavi condotti da un gruppo di dottori di ricerca e studenti dei corsi di laurea in scienze dei beni culturali e archeologia. I dati raccolti permetteranno di ricostruire l’impianto urbanistico del borgo di San Genesio nella fase di crescita economica che caratterizzò il periodo a cavallo tra XII e XIII secolo, quando doveva apparire come una serie di grandi edifici affacciati sulla “strada pisana”, che attraversava il Valdarno unendo Pisa a Firenze.

“Questa stessa strada in prossimità della pieve di San Genesio, riportata alla luce negli anni precedenti, si allargava sino a diventare una vera e propria piazza, fatta di ghiaia, dove confluiva anche la via Francigena – ha spiegato  Federico Cantini – uno spazio pubblico da cui passarono, tra il X e il XIII secolo, imperatori, vescovi e i rappresentanti delle città e delle grandi famiglie signorili della Toscana, che scelsero proprio il borgo di San Genesio come sede di importanti diete e concili”.

In prossimità dell’edificio religioso è emersa poi un’area cimiteriale basso medievale con decine di sepolture in una zona già utilizzata con funzione funeraria nella seconda metà del VI secolo.

“Lo scavo – ha concluso Federico Cantini – è stato possibile anche grazie alla disponibilità dei proprietari dell’appezzamento di terreno su cui si svolgono le indagini, i signori Giusti e Toni, che lo hanno messo a disposizione degli archeologi, per il secondo anno consecutivo, dimostrando una non comune sensibilità verso la ricerca”.

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