Parigi – I romani continuano a meravigliare il mondo per le loro straordinarie abilità nel costruire monumenti che stanno sfilando i secoli, una rete stradale capillare che collegava la capitale anche con le province periferiche, acquedotti che sono un miracolo di ingegneria, sistemi di riscaldamento rivoluzionari.
Ora, secondo una ricercatrice americana non solo già 2000 anni fa utilizzavano il cemento ma forse già erano anche maestri nell’arte del riciclaggio. A ritenerne gli inventori è Allison Emmerson, una studiosa di archeologia romana che ha lavorato negli scavi di ¨Pompei, che assieme ad altri colleghi sta per pubblicare un articolo sulla rivista dell’Oxford University Press proprio su questa finora poco esplorata capacità dei romani di riutilizzare a ciclo continuo i detriti.
Emmerson, riporta il quotidiano britannico The Guardian è arrivata a questa ipotesi dopo aver esaminato le montagne di detriti ammonticchiati lungo il muro esterno di Pompei dal lato nord della città. “Alcuni tumuli raggiungevano vari metri di altezza ed erano composti anche di pezzi di ceramica e di intonaco che potevano essere riutilizzati come materiale di costruzione”, ha spiegato al giornale precisando che già alcuni muri della città erano formati da frammenti di anfore, pezzi di mattonelle ricoperti da uno strato di intonaco.
Finora, scrive The Guardian, si pensava che questi ammassi di materiali si fossero formati a causa del terremoto che aveva semidistrutto Pompei diciassette anni prima della terribile eruzione del Vesuvio la seppellisse completamente. Ora invece un’analisi scientifica ha dimostrato che i detriti erano stati ammucchiati in siti periferici della città paragonabili alle nostre discariche contemporanee dove venivano conservati ed eventualmente riutilizzati nei cantieri. Grazie alle analisi effettuate su una vasta campionatura di detriti, i ricercatori sono riusciti anche a ricostruirne la provenienza d’origine.
Secondo lo studio infine, gli abitanti della città gli abitanti di Pompei vivevano vicini ai loro rifiuti e detriti non perché la città non avesse le infrastrutture necessarie ma perché la loro organizzazione urbana aveva altre priorità. Un orientamento che potrebbe essere d’aiuto nell’attuale crisi dei rifiuti: i paesi che se la cavano meglio con i rifiuti sono quelli , sostiene l’archeologa, che come gli abitanti della città romana hanno dato la priorità alla loro riutilizzazione piuttosto che alla loro rimozione.