Firenze – La notizia secca è: gli apprendisti crollano sul mercato nazionale del lavoro. A darla, la Cgia di Mestre, il cui Ufficio Studi ha svolto una ricerca che comprende gli ultimi 45 ani della nostra storia economica nazionale. Ebbene, tra il 1970 e il 2015 gli apprendisti sono diminuiti del 43%, passando da oltre 721mila a (dato dell’anno scorso 2015) quasi 410mila. Un trend, come segnala l’Ufficio studi della CGIA, fortemente condizionato dalle crisi economiche, a partire da quella di metà anni 70, a quella degli inizi anni ’80 e ’90 per finire con l’attuale, cominciata nel 2008. Ma ad incidere sono state anche le novità legislative, in particolare la riforma Treu del 1997 che, ricorda la nota diffusa dalla Cgia, ha elevato l’età per utilizzare questa tipologia contrattuale estendendola anche ad altri settori produttivi, e il bonus assunzioni introdotto da Renzi.
Il dato certo nel lungo periodo è dunque il deciso calo di questa tipologia contrattuale, preoccupante anche perché è accompagnato dalla contrazione del numero degli apprendisti occupati nel settore dell’artigianato. E’ proprio in questo settore infatti che, a partire dalla metà degli anni ‘50, si sono formate intere generazioni di giovani operai, fra cui sono emersi molti artigiani o piccoli imprenditori di successo. Tornando ad esaminare i dati, dall’inizio della crisi, fissata nel 2009, al 2015, gli apprendisti occupati nelle aziende artigiane sono diminuiti del 45 per cento. Analizzando la situazione per aree geografiche, il più colpito è stato il Mezzogiorno (-61 per cento), seguito dal Centro (-44 per cento), il Nordovest (-43 per cento) e il Nordest (-33 per cento), per un meno 45% a livello Italia. In Toscana, fra il 2009 e il 2015 si sono perse 7.687 unità, passando dai 18.862 apprendisti del 2009 agli 11.175 del 2015, con un calo regionale del -41%. Anche se si considera il calo degli apprendisti occupati in generale, vale a dire considerando tutti i settori e non solo quello artigiano, sebbene un po’ meno tragico, il dato rimane impressionante: sempre tra il 2009 e il 2015, infatti, la contrazione media a livello nazionale è stata del 31 per cento; in Toscana, si passa da 52.178 nel 2009, a 34.561 unità del 20015. Significa 17.617 apprendisti in meno, per un totale appunto del -34%.
Fra le motivazioni che serve indagare per dare conto di questo crollo, Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, propone la svalutazione “culturale che ha subito in questi ultimi decenni il lavoro artigiano”, anche se “salva” il governo su questo punto, ritenendo che “il nuovo Testo unico sull’apprendistato del 2011 e le novità introdotte con il Jobs act”, hanno realizzato passi importanti nella giusta direzione”. Inoltre, la Cgia sottolinea che, nelle tre forme in cui si presenta il contratto di apprendistato (apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale; apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere; apprendistato di alta formazione e di ricerca) esiste un forte sbilancio a favore del contratto professionalizzante, cui va il 90% circa delle preferenze.
Tuttavia, la ragione senz’altro dirimente nella crisi dell’apprendistato è senz’altro da ricondursi all’andamento economico generale. La crisi in cui sono inginocchiate le imprese e in particolare quelle artigiane, non può non contare in modo pesante sulle assunzioni, anche quelle in regime di apprendistato. In particolare per quanto riguarda l’artigianato, il segretario della Cgia Mason non si perita a puntare il dito, rilevando che l’art.45 della Costituzione è stato senza tema di smentita disatteso, dal momento che, invece di attuare la tutela prevista a livello costituzionale dell’attività artigianale, si assiste a una politica fiscale che da decenni “ha aumentato in maniera sconsiderata il carico fiscale e contributivo anche sugli artigiani”. Dal punto di vista dei settori produttivi il calo più deciso avviene proprio nel settore più colpito dalla crisi, vale a dire le costruzioni, che fra il 2009 e il 2015 hanno visto una contrazione del 65%. Pesanti contrazioni anche per le attività finanziarie (-54 per cento), commercio (-34 per cento) e trasporti (-33 per cento).