Apologia del manoscritto

La tecnologia 2.0 e la morte progressiva delle grafie identitarie

downloadValentina Barbieri

Prendiamo una giornata qualsiasi: primi messaggi del risveglio, corsa in stazione e sul treno sfilze di pendolari che leggono news e studiano dall’ipad, rispondono alle email, aggiornano i social, depennano memo dal cellulare. E poi a lezione c’è chi prende appunti dal tablet o dal pc, chi si rintana nelle pause a leggere romanzi di straforo sul kindle, chi si scambia messaggi d’amore da una tastiera touch. Si torna a casa e ci si chiede: dove sono finite le grafie manoscritte? Gli appunti presi a penna, le sottolineature, i commenti a margine, le sacrosante orecchie a piè di pagina? E i pensieri scritti di soppiatto con una matita senza punta, le lista della spesa dietro gli scontrini, le agende zeppe di numeri?

Nell’era del web 2.0 dov’è finita la personalità che si celava dietro a un corsivo troppo pendente a destra, a uno stampatello scolastico, a una grafia introversa e tendente al minuscolo? Quanto è infinita la voragine tra un “ti amo” digitato su whatsapp ed uno marchiato a penna sul bavero di un foglio? Milioni di persone si stanno dimenticando di come si scrive, di come si impugna una penna per scrivere più di due righe sincopate. Non sosterrebbero più lo stress di un tema in classe redatto a mano tanto sono abituati ai surrogati digitali.

Una Q in stampatello digitata da un pc non potrà mai sostituire la mia  Q manoscritta in corsivo maiuscolo che assomiglia a un enorme numero 2: retaggio della grafia imparata dalla mia maestra delle elementari e unico vezzo di rottura con le convenzioni del corsivo che mantengo ormai da più di dieci anni. Dov’è finita la magia, la fatica dell’inchiostro? Dove si sta esaurendo  l’enorme valore storico ed identitario delle grafie manoscritte? Lo stiamo perdendo. Soprattutto se preferiamo prendere appunti da una tastiera, se utilizziamo l’iphone come un archivio dati illimitato, se non prendiamo più in mano una penna tranne che per firmare assegni e documenti. Se in nome della fatica e dell’ossessione al risparmio di cellulosa, di energia e di tempo non siamo più disposti a rispecchiarci nella nostra grafia, a leggerci quotidianamente in evoluzione anche e soprattutto attraverso le parole che oggi scriviamo diversamente da ieri. Basterebbe cinguettare meno su twitter e più su biglietti da custodire in una scatola, tra le pagine dei libri. Perché un giorno saranno i nostri appunti a raccontarci chi siamo stati, molto di più di tante tastiere martoriate.

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