Firenze – La grande voglia di cambiamento che spinse studenti e operai a scendere in piazza nel 1968 si è conclusa con “un fallimento epocale” o è stata la spinta che ha portato a riforme importanti nella vita politica e sociale italiana? O, in un’ottica ancora positiva “è stato fondamentale nella cultura del capitalismo il momento in cui i suoi professionisti gettano via i cappelli a bombetta e i completi gessati per offrire al mondo un volto nuovo e seducente?”.
Si chiude con questi interrogativi, sui quali l’incertezza che domina il mondo getta ombre inquietanti, la mostra “E tutto sembrava possibile. Il Sessantotto in Italia fra realtà e utopia”, a cura di Silvia Alessandri, che è stata inaugurata oggi alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e che sarà aperta al pubblico fino al 9 febbraio.
Una valutazione certa su che cosa ha lasciato di profondo il terremoto che 50 anni fa scosse il mondo intero non è possibile, come si evince dal grande pannello realizzato da Paul Ginsborg, membro del comitato scientifico. Sarà il singolo visitatore, a seconda della sua età e della sua esperienza a farsi un’idea.
“Non c’è un’idea critica, ma una grande quantità di stimoli alla riflessione”, conferma la curatrice. La cosa certa è che il percorso realizzato con dovizia di documenti, fotografie, libri, riviste, oggetti e materiali “minori”, stampati e ciclostilati che non furono mai inviati alla più grande biblioteca italiana, rappresenta una vera e propria full immersion in quell’anno cruciale.
Si parte da due grandi pannelli con la cronologia degli avvenimenti più importanti del 1968, (dal terremoto del Belice alle olimpiadi di Città del Messico, illustrati da riviste, giornali e fotografie nella prima sala) e con quella degli eventi politici e sociali, la nascita dei movimenti. Si passa poi a un allestimento sul ’68 a Firenze con il libro fotografico sul primo grande scontro fra studenti e polizia in piazza San Marco (30 gennaio), le occupazioni delle facoltà universitarie, la contestazione contro la gerarchia ecclesiastica dell’Isolotto.
Al primo piano, un intero corridoio e la sala Dante dedicata alla mostra con sezioni che offrono oggetti, libri e documenti non solo elaborati dal movimento sindacale nelle fabbriche e da quello studentesco nelle università, ma anche ciò che si rifletteva nella vita culturale e politica italiana: nella musica, nel costume anche nella moda grazie a prestiti del Museo Ferragamo. A corredo del materiale anche le foto di Rodrigo Pais grande fotoreporter che ha lavorato per le grandi testate nazionali. Pais ha documentato il Sessantotto in circa 550 servizi fotografici per un totale di 5960 scatti.
La mostra, che si presenta come una delle più interessanti fra quelle realizzate in occasione del cinquantesimo anniversario, è il frutto di un lavoro collettivo fatto insieme fra gli “stakeholder” e i responsabili della Biblioteca: il comitato scientifico, composto da docenti assidui frequentatori delle sale di lettura, ha operato con le coordinatrici guidate da Silvia Alessandri: Maria Chiara Giunti, Simona Mammana e Micaela Sambucco.
“Per noi – ha detto il direttore della BNC Luca Bellingeri – è stato anche un modo per celebrare con orgoglio l’anniversario della riapertura della biblioteca dopo la tremenda alluvione del 1966. Il personale riuscì a fare il miracolo di ridare agli studiosi libri e documenti in pochi mesi”.
Foto: Silvia Alessandri, curatrice della mostra