L’impegno di Giuseppe Antoci, eurodeputato, l’“eroe comune” di cui parlò Camilleri in una delle sue ultime interviste, ovvero l’ex presidente del Parco dei Nebrodi che si oppose con un provvedimento che da lui prese il nome (il Protocollo Antoci”) alla “mafia dei pascoli”, fatto segno di una serie di intimidazioni, scampato a un attentato mafioso, per tenere alta l’attenzione e costruire lo scudo antimafia in Europa, è al centro dell’intervista che segue. Sulla scia del 34° Vertice Antimafia della Fondazione Caponnetto, di cui Antoci è presidente onorario, lo abbiamo raggiunto per fare il punto sulla questione mafia vista dall’Europa.
Qual è il clima in Europa?
“Stiamo lavorando molto sul tema delle mafie, in particolare riguardo la rinnovata esigenza da parte degli Stati membri di comprendere che le organizzazioni mafiose mondiali contemporanee non sono più un tema legato alla Sicilia e all’Italia. E questo soprattutto in vigenza dell’arrivo di una quantità di fondi straordinaria, che sono quelli legati al PNRR. Perciò, quando Europol ci informa che ci sono 826 associazioni criminali in Europa e l’80% di queste è infiltrata nell’economia legale, abbiamo un tema. Ma abbiamo un tema anche in Italia”.
Qual è la ricaduta in Italia?
“Se si comincia a dire “deve ripartire il Paese”, ma non abbiamo il giusto bilanciamento fra la ripartenza del Paese e la ripartenza del Paese in sicurezza, rischiamo che le mafie entrino dentro il meccanismo dei fondi, e se lo fanno se ne accaparrino una buona quantità. Del resto che non si tratti di casi di scuola lo dicono il caso del Veneto in Italia o il numero delle istruttorie aperte in Europa, 250 casi aperti per frodi sui fondi del Pnrr, il 75% dei quali riguarda l’Italia”.
A ciò contribuisce secondo lei anche l’alleggerimento dei paletti che erano stati posti alle imprese proprio per arginare l’attacco mafioso?
“In tutto questo è chiaro che il “liberi tutti” fa gola, sia nelle soglie di sbarramento delle certificazioni antimafia degli appalti che diminuiscono la pressione, sia, non ultime, nelle normative dei reati spia che sono state colpite. E quindi anche l’abuso d’ufficio”.
Perché è così disastrosa la cancellazione di questo reato?
“A questo proposito la questione è stata toccata dall’Europa pochi giorni fa, perché, come si dice, c’è sempre un giudice a Berlino. Mi sto riferendo alla direttiva sull’anticorruzione che si sta discutendo a livello europeo e che si trova già in fase avanzata. Cosa dice questa Direttiva all’art. 11? Parla dell’abuso d’ufficio e dice che l’abuso d’ufficio, negli stati membri, dev’essere obbligatorio. Ciò significa che, nel momento in cui la norma europea verrà approvata, cambieremo stanza, faremo una bella conferenza stampa e chiederemo al ministro Nordio di rimettere l’abuso d’ufficio dov’era. Del resto se si va a vedere quante volte questi reati spia si sono trasformati in qualcosa di più grave, passando dalle procure ordinarie alla DDA, si capisce il nostro lavoro in Europa”.
Quali pericoli vede per la nuova antimafia?
“II pericolo viene da due fronti. Intanto, dobbiamo dare importanza al concetto di radici che supporta quello di dignità. Dobbiamo vigilare sul fatto che i semi che molte persone mettono nel terreno sociale per rafforzare piante di valori che possano sostenere l’impatto delle mafie anche dal punto di vista del reclutamento dei ragazzi (mi sto riferendo alla “pubblicità” dello stile di vita mafioso sui social, che ne decantano la facilità di vivere nel lusso, sottacendo tutto il resto) vengono sistematicamente fatte seccare da altre. Se si vuole far sopravvivere il concetto di dignità della persona, che è baluardo contro la mentalità mafiosa, è necessario salvaguardare semi e radici. L’altro pericolo è quello della normalizzazione della presenza mafiosa”.
In che senso?
“Mi riferisco alla possibilità offerta a figli di mafiosi che ripropongono il mondo del genitore (il riferimento è al figlio di Totò Riina, sdoganato sulle tv, attivissimo sui social) di diventare protagonisti di narrazioni distorte e rilanciate dai media. La normalizzazione della mafia parte anche da questi episodi. Abbiamo aperto la seduta del Parlamento europeo con un minuto dedicato alla memoria di Falcone e Borsellino. Vogliamo che tutto questo rimanga solo parole e rito? Ritengo che il vero modo per commemorare i morti sia quello di applicare non la migliore normativa antimafia d’Europa e del mondo che ha l’Italia, ma di applicare la miglior normativa antimafia in assoluto, che è la Costituzione, che è il dovere di cittadinanza, da cui nessuno di noi può ritenersi esentato”.
In foto: l’eurodeputato Giuseppe Antoci