“Una storia d’amore senza amore” è uno degli shoot per Anora, che coglie in parte nel segno, ma appunto, solo in parte. In realtà non si può comprendere appieno l’originalità e il significato di questo film dell’americano 53enne Sean Baker, che ha vinto la Palma d’Oro a Cannes 2024 – e che è sempre più quotato per l’Oscar al miglior filme anche per una coppia di giovani sensazionali interpreti, confermatisi qui, lei e lui, ad ormai livello internazionale – se non si hanno presenti il percorso e la coerenza dell’autore nei suoi precedenti lungometraggi. E la sua creatura sta facendo molto rumore sia nelle sale che nelle critiche. Baker probabilmente appartiene oramai, purtroppo, a una specie in via d’estinzione e comunque sempre molto rara nel cinema. E’ un vero filmmaker indipendente e a tutto tondo ( anche soggettista, sceneggiatore, montatore e casting) che è riuscito a girare a sue spese i suoi primi lavori ( per Tangerine con un iPhone 5s , ora immortalato dall’Academy) , che solo nel suo precedente (Un sogno chiamato Florida, 2017) ha avuto un attore professionista nel grande Willem Dafoe e sui due milioni investiti in produzione , ne ha incassati 23 . In più si permette di dire che non girerà mai per Netflix, che gli action film con effetti speciali non sono vero cinema, e che il cinema non può definirsi tale se non è fatto per essere visto nelle sale cinematografiche d’essai , e nemmeno per multisale coi popcorn da sgranocchiare.
Insomma una mina vagante per il sistema che ora è costretto a corteggiarlo senza condizioni, e che malgrado il modo artigianale e low cost con cui ha fin qui girato , è stato giudicato sempre “di ricercato e originale stile autoriale”.
La poetica di Baker ha lambito finora precipuamente il mondo della sessualità non canonica (transessuali, prostitute, ragazze per voyeur), ma anche emarginazioni di altro genere, ma -non si cada in inganno- del tutto estranee a pornografie, morbosità e violenze : pur facendoli galleggiare nel loro caos socio-esistenziale Baker scopre creature di varie umanità pervase da sentimenti comuni , che mantengono una propria dignità, e ne coglie , con un suo specialissimo tocco di classe ironico e leggero, tra drama e comedy, persino punte d’ iceberg del magma che ribolle nel sottosuolo dell’odierno Occidente. Già nel precedente Un sogno chiamato Florida si era focalizzato su uno dei topoi più famosi del “sogno americano”: la Disneyland di Orlando, Florida, di cui la sgarrupata coppia di madre e figlia di 6 anni, più due suoi amichetti, fruisce solo la presenza contigua dei suoi scarti (il discount dei giocattoli) e del nome sognante di uno degli squallidi motel dove alloggiano ( Magic Castle Hotel) di cui Willem Dafoe è il custode burbero, ma anche empatico angelo custode.
In Anora siamo a Brooklyn in uno strip club con le ragazze da lap-dance e da struscii più o meno intimi a seconda del numero di dollari depositati nella loro lingerie e poi – in un lampo di andata e ritorno- nella Las Vegas dei matrimoni farsa, ‘a taglio’, fumanti, usa e getta, altro topos. In questa prima parte fino a metà film, sembra apparentemente che ci si incammini verso quel tipo di sexy-movies dove prevalgono luci rossastre soffuse , soprattutto nei primi piani di corpi delle entraîneuse, in tutte le loro forme sinuose. Poi entra in campo Vanja, un Timothy Chalamet slavo, 21enne, viziato rampollo di oligarca russo e la faccenda si sposta sulla goffa precipitazione anche nell’intimità con cui si infoia, cagnolino in calore, della 23nne Anora, che si fa chiamare Ani : ma è di origine uzbeka , con una nonna che non ha mai voluto imparare l’inglese , anche se è da una vita in Usa e che le ha trasmesso i fondamenti del russo.
E rapidamente tutta la storia diventa, per espressa visione di quel geniaccio di Baker, una faccenda russa in campo americano o meglio di tutte le etnie che ruotano ancora attorno all’ex Unione Sovietica. Vanja addirittura combina con Ani un matrimonio lampo a Las Vegas. Con tanto di anello con brillanti. Per riportare la pecorella all’ ovile , dal padre oligarca viene allora chiamato in campo l’armeno Toros , padrino del ragazzo a N.Y . e suo guardiano per conto della famiglia. Tra i suoi scagnozzi un altro buffo omone armeno, Garnik e il gopnik russo Igor( Yura Borisov). I tre piombano nella lussuosissima villa dei due sposini, che in realtà era quella dell’oligarca russo Anisimov, e nel film è di totale proprietà del padre di Vanja. E stiamo virando così in un altro campo da gioco, verso un surrealismo grottesco alla Borat , il kazako che scopre e denuda l’America e i suoi miti a confronto con l’impero russo da poco crollato e che sta assorbendo il peggio del consumismo USA.
E qui viene fuori prepotente tutto lo sperpero di denaro che solo un’élite post-sovietica può eruttare così sguaiatamente. Vanja è un querulo adolescente che gioca esattamente il ruolo che gli affibbia il regista, provando nei confronti dei genitori russi un cosiddetto ribellismo subalterno, in cui l’astio verso la reale no loveness dispensatagli , si ricomporrà infine , dopo la sbornia sessuale ed etilica, in un docile ritorno nei ranghi . Anora sarebbe allora la vittima/Cenerentola cui Vanja confessa , ormai sulla scaletta dell’aereo di famiglia che lo riporta in Russia, che è stato tutto solo un divertimento, di cui la ringrazia e la licenzia, compreso le nozze a Las Vegas. Quindi il personaggio di Anora si mostra ben diverso dalla Pretty Woman di Julia Roberts e la sua storia non è affatto così romantica. In più Mickey Madison conferisce una complessità e sfumature aggiuntive alla figura che già aveva immaginato Baker. Anora è quella che è : una ragazza 23enne ben determinata e quando le capita l’occasione di sistemarsi con un miliardario che le fa luccicare anche il matrimonio, oltre a brillanti e dollari a profusione, non fa che reagire come quasi tutte le ragazze nella sua condizione reagirebbero. Al di là dei facili moralismi coi soldi delle altre. Ma Anora è appunto una ragazza ancora, senza grandi difese culturali, e oltre ad essere vellicata dal desiderio così straripante di Vanja, questo incasinato vivace imbranato ragazzo le piace anche, perché ha in ogni caso la freschezza e la giocosità di un giovane rispetto ai più attempati e bavosi clienti che deve frequentare.
Anora non è soltanto questo, e non appena avverte che il suo sogno di cartapesta e lusso sta per svanire , vi si aggrappa come un bambino alla marmellata, e prova a convincersi di crederci sul serio (“siamo marito e moglie, noi ci amiamo, questo è l’anello, questo è il certificato, questa ora è casa mia, fuori di qui! ”) e si trasforma ,nei confronti di Toros & Co, in un’Erinni che scalcia , lancia oggetti contundenti e colpisce duro. Tanto che alla fine deve intervenire il gopnik Igor per immobilizzarla. Mentre Vania se l’è già invece data a gambe. E infatti il film , nell’intera notte alla ricerca del ragazzo che alla fine è ritrovato fatto di sbornia alcolica e altro, nello stesso locale di sex working, si trasforma in un qualcosa che può evocare Fuori orario, Tutto in una notte o Qualcosa di travolgente, ma confrenesia , invenzioni stilistiche, esilaranti colpi di scena , ritmo e stile unici , alla “Baker touch”.
Ma già dal primo intervento di Igor/ Borisov entra in campo una forza tranquilla e dolce. Gira nell’aria qualcosa di nuovo. Pur mantenendo Borisov una postura timida e defilata, come per tutta la storia, il film è ora magnetizzato dalla sua sola presenza e dal suo sguardo. Anche e soprattutto fuori campo. E lo sguardo di Yura non illumina solo, ma sposta tutto il film su un altro terreno che è poi quello preferito da Baker : e così si capisce perché per lui John Cassavetes -quello di Faces e Una moglie– sia uno dei suoi più importanti maestri. Yura all’inizio guarda Anora perché deve guardarla , ma poi scattano empatia e solidarietà per la ragazza e infine , alla resa di lei all’evidenza e ai rapporti di forza, osa dire , fronteggiando i suoi padroni, con calma, ma fermo , che Vanja deve scusarsi. Non è solo la situazione della storia che è cambiata, ma il modo, il colore e il tono : primi piani non più di corpi sinuosi, ma occhi che accarezzano e non violano, da cose a persone.
Anora per la prima volta sperimenta la differenza abissale tra l’essere vista come oggetto-carne-soda su cui sbavare ed essere invece ora guardata come persona , con premurosa tenerezza (la morbidezza della sciarpa di seta rossa come bavaglio). Neutralizzarla certo, senza farle male, e prendersene alla fine cura . Anora, nel viaggio notturno e disvelatore alla ricerca di Vanja , ma soprattutto di sé stessa, può sbirciare adesso quello che è divenuto forzatamente la sua guarda del corpo e prova reazioni contrastanti che a sua volta non può leggere bene. Prima di tornare anche lei alla base del locale strip-tease di partenza, sotto la vigilanza di Igor , trascorrerà l’ultima notte in quella villa goduta come suo nido nuziale solo per un week end e che al mattino dovrà lasciare per ritirare i 10.000 $ dalla banca delegata dalla famiglia di Vanja, affinché rinunci per sempre a qualsiasi altra pretesa e opposizione all’annullamento del matrimonio.
Per la prima e forse unica volta si ritrovano da soli a passare la notte assieme. Anche se in camere separate. Ma lei non rinuncia a sfruculiare Yura/Igor dicendogli che la guardava allora con l’intento di stuprarla. E lui imperturbabile : “ ma io non mai nemmeno pensato lontanamente di stuprarti, perché avrei dovuto?”. E lei provocatoriamente : “ per forza , devi essere un fottuto gay!”. Lui non le risponde e si ritira nella camera riservatagli. La mattina, dopo aver prelevato la somma, la riaccompagna al suo monolocale, e prima di finire di scaricare i bagagli le dice che la sua spartana e antiquata auto rosa è un ricordo di sua nonna (c’è sempre una nonna russofona nel destino dei due , mai così foglie al vento…). Piove , Yura aziona il tergicristallo, le dice solo che Anora è un bel nome, significativo, e fa male a non usarlo. Lei non si muove dall’auto e intanto si sente da questo punto in poi solo il rumore del tergicristallo. Poi lentamente si sposta verso di lui seduto al volante, gli si accavalla sulle gambe e lo possiede. In silenzio, con calma. Onestamente. Lui sopraffatto con piacere accenna dal sedile a un bacio. Lei si sottrae e lo schiaffeggia, c’è rabbia soprattutto con sé stessa che ha dovuto prendere l’iniziativa, c’è soprattutto il carico di dolore accumulato e anche il disorientamento per la sua seduttività frustrata, che ora , invece di un (ex) ricco marito già volatilizzato, deve mettere in atto con un semplice gopnik , nella vecchia obsoleta macchina rosa della di lui nonna. E alla fine esplode in un pianto liberatorio e si placa sul petto di Yura. La pioggia continua a cadere, stridono le spazzole sul parabrezza, incessanti impietose, mentre scorrono muti i titoli di coda.
Solo un’annotazione su questo finale spiazzante, raffreddato ed intenso al contempo, aperto a ogni ipotesi. A differenza dei luoghi comuni sull’’improvvisazione tra mitizzate alchimie ( poi di fronte a decine di sguardi d’operatori),i due attori protagonisti hanno confessato che per arrivare al risultato finale di quella scena ci sono volute sette-otto ore di prove e riprove. E la messa a punto di una sintonia a tre col regista. Borisov , 31enne ormai affermato come nuova star del cinema russo e ora internazionale, già distintosi nel 2021 in Scompartimento 6 del finlandese Kuosmanen, diventa, come già Volontè, un vero e proprio coautore nel film. E’ stato poi necessario un lavoro di scavo e confronto anche con la 24 enne Mikey Madison , la sorprendente Anora, per cercare di rendere al meglio tutta la gamma di sentimenti ed emozioni di segno diverso riversati tra loro in quella scena finale.