Prato – Nella giornata di oggi, lunedì 1° dicembre, il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, è intervenuto a Prato in occasione della prima ricorrenza del rogo del Macrolotto, nel quale persero la vita 7 operai cinesi. L’incontro pratese è stato l’occasione per fare il punto sulla folta presenza di aziende del Sol Levante nella provincia toscana. Su 859 imprese cinesi dell’area metropolitana fiorentina (Firenze-Prato-Pistoia), ben 316 sono localizzate nel territorio di Prato. Altre 200 trovano accoglienza nell’Empolese, una cinquantina a Pistoia ed il resto (quasi altre 300) a Firenze. Come ha spiegato Rossi, “Prato viveva la situazione più grave e complicata”, con ben poche delle aziende cinesi perfettamente in regola.
L’obiettivo è, ovviamente, quello di portare alla luce il lavoro sporco delle aziende cinesi. La Regione, infatti, punta su di un progetto – denominato “Lavoro Sicuro” – che ha la finalità di riportare le aziende straniere nel solco della legalità. “Un’azione continuativa nel tempo – ha proseguito Rossi – serve a far capire che non c’è alternativa al mettersi in regola” e per questo sono stati intensificati i controlli sulle confezioni cinesi.
Assieme al Governatore toscano, il procuratore generale della Corte di Appello di Firenze, Tindari Baglione, ha spiegato che anche le autorità cinesi (console ed ambascatore) dovranno fare la loro parte in tal senso e che “quando si tratta di reati gravi come l’associazione a delinquere o mafiosa, la repressione deve essere forte”. E a chi sostiene che, dopo un anno intero, nulla è cambiato a Prato, Rossi risponde per le rime: “E’ successo invece, anche se non possono bastare pochi mesi per verificare gli effetti dell’azione messa in campo”.
Non si può fare di tutta l’erba un fascio, ha proseguito il presidente della Regione. Rom e cinesi non devono essere identificati come causa di tutti i mali, sostiene. Semmai bisogna tornare a puntare dritto verso l’integrazione. Integrazione che non deve, tuttavia, significare cecità all’evidenza. Soltanto nell’ultimo mese (novembre 2014), infatti, i controlli disposti a seguito del rogo di Prato hanno portato al controllo di 10 aziende straniere al giorno. E l’obiettivo – ambizioso, senz’ombra di dubbio – è quello di controllare tutte le 7.700 aziende a rischio toscane (4.000 delle quali sono localizzate a Prato) entro la fine del 2016.
Ad oggi i controlli disposti dopo il rogo del Macrolotto hanno fatto scoprire 85 dormitori, 62 cucine abusive, 17 depositi di bombole di gas pericolosi, 184 impianti elettrici non a noma ed oltre 200 macchinari industriali non in regola.
Negli ultimi 3 mesi sono state controllate 859 aziende, 77 delle quali sono state chiuse a seguito delle ispezioni. Ma è accaduto anche che, all’arrivo dei controlli, gli ispettori abbiano trovato le aziende chiuse. Segno, questo, che in fondo si ha coscienza del mancato rispetto delle regole. Altre 242 aziende, praticamente 1 su 3 fra quelle non controllate, intendono mettersi a norma e sottoscrivere il progetto “Lavoro Sicuro”. Ma restano comunque molte le aziende che, come la Teresa Moda andata a fuoco lo scorso anno, sono ad oggi delle vere e proprie bombe ad orologeria.
“Quello che è accaduto il 1° dicembre 2013 ha colpito violentemente la città di Prato”, ha ricordato il sindaco della città toscana, Matteo Biffoni. “Ma sono convinto – ha proseguito – che la strada intrapresa in questi mesi ci permetta di ottenere risultati concreti per combattere l’illegalità e tutelare la sicurezza sul lavoro”.