Firenze – C’era da aspettarsi che Testimonianze, la rivista fondata da Ernesto Balducci, fosse in prima fila nel proporre materiali di riflessione e di prospettiva nel 50° anniversario dell’alluvione di Firenze del 1966. “Firenze c’è, ma poteva non esserci più”, scriveva Balducci nell’editoriale del numero di novembre del 1966, mettendo in luce, con la sua capacità di penetrare le apparenze e andare subito al nocciolo della verità dei fatti, “la frattura che l’evento catastrofico aveva provocato fra “il popolo e gli organi dello stato, fra la Firenze reale e la città legale”.
Tuttavia il triplo numero dedicato alla Grande Alluvione che viene presentato giovedì 19 maggio alla Biblioteca Nazionale (ore 16,30) è molto di più di una rassegna di ricordi, fatti e prospettive. E’ un prezioso documento del passaggio fra due generazioni di un patrimonio di valori e di impegno etico che la furia dell’acqua riportò alla luce dal profondo della coscienza del popolo fiorentino: quella dei giovani nati nel dopoguerra e quella dei giovani che ascoltano i loro racconti e ne traggono modelli positivi che non trovano più nella loro esperienza quotidiana. Una sezione del volume è fatta da loro, i ragazzi delle scuole che indagano sui perché un fatto così duro e traumatico sia diventato parte dell’identità di tante persone.
Un grande coro fatto di ottanta contributi di esponenti delle istituzioni, della cultura, del giornalismo, della scuola, della scienza, della tecnologia, del teatro, ciascuno fornendo un pezzetto del grande puzzle che ricostruisce non solo una città patrimonio universale colpita e risorta ma un’intera regione: Grosseto, il Mugello, il Valdarno, il Casentino.
Resilienza, cioè “la risposta positiva di una comunità colpita da una grave catastrofe”, così come la capacità del singolo di reagire alle sventure della vita, è una delle parole più usate dagli autori degli interventi di questo “servizio di comune riflessione culturale”, come Severino Saccardi, direttore della rivista, ha definito il volume realizzato.
“La grande alluvione” offre un percorso di lettura molto ben strutturato su tre filoni. Il primo è quello della memoria. Per tanti giovani fiorentini e per altrettanti loro coetanei provenienti da tutto il mondo quell’episodio drammatico rappresentò come uno strumento di iniziazione, il passaggio all’età adulta e alla responsabilità.
Furono chiamati gli “angeli del fango” : si erano spontaneamente mobilitati come un richiamo che viene dal profondo per aiutare le famiglie colpite e offrire braccia per salvare frammenti della cultura universale, i libri, gli archivi, le opere d’arte. Sono quelli che portano dentro le loro personalità la testimonianza dell’effetto maieutico che la furia dell’Arno produsse sulle giovani coscienze.
C’è poi il filone sociale e istituzionale. Le istituzioni nazionali rimasero assenti per lungo tempo di fronte alle esigenze della comunità fiorentina che produsse una spinta dal basso: dalle Parrocchie e dalle case del popolo, creando il modello di una società che parte dalla vicinanza e dall’aiuto reciproco. La democrazia incompiuta trovava nuova linfa per crescere partendo dai bisogni e dai sentimenti popolari.
La messa a fuoco di ciò che l’alluvione ha cambiato e la riflessione sui compiti per l’oggi costituiscono il terzo grande filone del volume di Testimonianze. La nascita di una efficace, moderna, decentrata Protezione civile, per esempio. Ma anche la realizzazione di un polo mondiale di eccellenza nel restauro grazie al concentrarsi a Firenze delle più avanzate competenze provenienti da tutto il mondo. Dal punto di vista urbanistico è stata “uno straordinario spartiacque per la composizione sociale, la vocazione produttiva e la storia urbanistica del centro di Firenze”. Senza dimenticare l’importanza che ha avuto il trauma della “natura nemica” per la crescita della sensibilità ambientalista.
Sul piano dell’impegno per il futuro si impone la considerazione, ribadita peraltro, ogni anno al cadere dell’anniversario che il rischio Arno è tutt’altro che scongiurato. Che, se si esclude lo scavo delle platee del tratto centrale del fiume, la diga di Bilancino (con effetti di sicurezza marginali) e le casse di compensazione lungo il corso valdarnese del fiume, “il rischio di inondazioni permane e di fronte all’esiguità delle azioni che sono state realizzate per contrastare la minaccia di un catastrofico evento alluvionale, si deve formulare al più presto un piano”, come raccomanda l’ ITSC, il Comitato scientifico internazionale.
Una parte importante della Grande alluvione è dedicata al lavoro e ai progetti del Comitato “Firenze 2016, Toscana 2016” co-presieduto dal sindaco Dario Nardella e dal presidente della Regione Enrico Rossi, costituito nel 2013 e oggi composto da 50 enti e istituzioni pubbliche, mentre al Progetto Firenze 2016 hanno aderito trenta istituzioni e associazioni private. Fra le iniziative, la realizzazione di un Museo Community – Memoria Viva/living memory per sostenere e alimentare le motivazioni dell’intera comunità toscana, la realizzazione di un Centro di documentazione bibliografica e di studi sulle alluvioni e, soprattutto, un comitato di monitoraggio per misurare il comportamento dell’Arno durante le piene e le magre e capire lo stato del suo alveo.
Foto: alluvione-© Archivio Foto Locchi