Anniversari: il fallimento dei nuovi equilibri decisi a Parigi

Firenze – Dopo la fine della prima guerra mondiale si tenne la Conferenza di pace di Parigi che iniziò il 18 gennaio 1919 e si concluse dopo un anno con la firma di Trattati che ridisegnarono  la cartina dell’Europa  e del Vicino Oriente.

Ma l’importanza della Conferenza di pace di Parigi fu ancora maggiore – scrivono  Franco Cardini e Sergio Valzania  nel recente saggio La pace mancata  (Mondadori Editore 2018) – perché vi fu deciso il destino del mondo. Al termine della Grande guerra i leader delle quattro potenze vincitrici (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia) stabilirono nuovi equilibri politici dell’Europa e  del mondo. Ma la Conferenza di pace che, secondo il Presidente americano Wilson, avrebbe  dovuto creare un ordine fondato sulla giustizia e il rispetto dei diritti dei popoli, non seppe  dare al continente, e al mondo, un assetto per quanto possibile giusto e pacifico.

Ai vinti –si legge nel libro –  vennero imposte dure condizioni, sotto la minaccia di continuare ad affamare la popolazione civile. Sulle rovine degli imperi sconfitti nacquero nuovi Stati, in cui si affermarono i nazionalismi, sorsero problemi insolubili e numerose guerre locali. Le decisioni prese in relazione alla Germania sconfitta, contornata da piccoli Stati con forti minoranze tedesche, contribuirono in maniera determinante alla salita al potere di Hitler.

Franco Cardini e Sergio Valzania ripercorrono  le vicende che precedettero e seguirono la firma dei trattati di pace con i Paesi sconfitti. La Conferenza di Parigi del 1919 per i suoi protagonisti – il presidente Woodrow Wilson e i primi ministri Lloyd George, Clemenceau e Orlando – fu l’occasione mancata di stabilire un giusto ordine internazionale.  “I quattro leader  –  scrivono i due autori –  ebbero nelle loro mani il destino del mondo, un potere e una responsabilità mai avuti prima, ma costruirono una pace che non ha funzionato, una «pace mancata», uno dei fallimenti più importanti e decisivi del secolo scorso”.

Ne abbiamo parlato con  Sergio Valzania autore di molti saggi storici di successo, dopo essere stato  direttore  dei programmi radiofonici della RAI

Si disse che la pace  del  1919   avrebbe dovuto  porre fine a tutte le guerre… perché  innescò, invece, nuovi conflitti?

E’ nella natura della violenza produrre altra violenza. Le guerre non risolvono mai i problemi. A volte li cancellano, ma si tratta dei casi peggiori. A Parigi la confusione culturale riguardo a questa realtà raggiunse i livelli più alti per la cocciutaggine del presidente statunitense Woodrow Wilson, vero vincitore della guerra, che pretendeva di indossare sia i panni del vincitore che quelli del paciere, che sono incompatibili.

Addirittura peggiore della pace nata nel 1945  dalla Conferenza di Yalta?

Gli accordi di Yalta e poi di Parigi del 1945-6 hanno garantito all’Europa una stagione di pace mai vista prima, anche se è opportuno ricordare che nei Balcani si è combattuto alla fine del secolo scorso. Dopo la seconda guerra mondiale si giunse a una pace di compromesso tra potenze occidentali e Unione Sovietica. Essa produsse la cortina di ferro e condannò una parte della Mitteleuropa a un regresso economico e sociale, ma dopo gli orrori della guerra e i crimini commessi un prezzo andava pagato. Spesso si chiede alla pace di non avere costi, mentre quelli della guerra si danno per scontati. E’ evidente che ogni assestamento politico comporta sacrifici e rinunce. La pace non è una condizione statica, è un obbiettivo che deve essere, voluto, conquistato, raggiunto e difeso. Purtroppo qualcuno sembra essersene dimenticato.

Avete definito Wilson  come un  apprendista stregone. Perché?

E’ la sua biografia. Divenne per caso Presidente degli Stati Uniti e di fatto non governò quasi mai, lasciando al suo staff la gestione del potere. Nel 1919 ebbe un grave ictus che lo rese quasi del tutto inabile, ma la sua amministrazione proseguì senza contraccolpi per oltre un anno, fino alla scadenza del mandato, nel marzo del 1921. Sognò un ruolo di grande protagonista nella riorganizzazione del mondo dopo la guerra, nella quale aveva improvvidamente trascinato gli USA. O forse, come pensano in molti, si era fatto trascinare da quanti avevano investito sulla vittoria anglo-francese. Credeva, immagino in buona fede, di avere le capacità per decidere riguardo a qualsiasi problema si ponesse e di disporre anche della forze per imporre le proprie scelte. Ma nessun uomo è onnosciente e onnipotente.

Avete scritto che ci furono molte promesse non mantenute

Per forza. A parte la tendenza delle diplomazie anglo-francesi a promettere a molti la stessa cosa per poi decidere di tenerla per sé, come andò di fatto per le colonie tedesche in Africa e per i territori dell’impero ottomano, bisogna capire che con la prima guerra mondiale il mondo era cambiato completamente. Erano scomparsi quattro protagonisti della storia  degli ultimi cinquecento anni, gli imperi russo, asburgico, tedesco e ottomano, eredi di assetti ancora precedenti. La vera promessa non mantenuta fu che la guerra si sarebbe risolta in pochi mesi.

A Parigi dissero che l’ Italia avanzava troppe  pretese.  Ma era davvero così?

L’Italia era entrata in guerra, per decisione del re sostenuto da Sonnino, dopo aver in pratica messo all’asta la propria partecipazione tra i due contendenti. Il patto di Londra, stretto con Francia e Inghilterra, indicava con notevole precisione quale fosse il prezzo stabilito per l’intervento del 24 maggio 1915. Solo che, come accennavo prima, il mondo era cambiato. Non si poteva chiedere al nuovo regno slavo nato dall’unione di Serbia, Slovenia, Croazia e Montenegro di cedere territori che si era pensato di togliere ad un impero asburgico che non esisteva più. La pretesa della annessione di tutta la Dalmazia, per ricostruire il golfo di Venezia con un Adriatico italiano sulle due sponde era assurda. 600.000 morti erano stati però un prezzo altissimo pagato dall’Italia agli alleati. Ben superiore a quello immaginato a Londra nel 1915, quando ancora non si parlava di resa senza condizioni e si supponeva che si sarebbe raggiunta una pace concordata. La verità è che la vita di 600.000 persone vale più di qualsiasi annessione territoriale, concepita peraltro in chiave imperialista. A tradire la vittoria erano stati per primi i politici che avevano creduto di farsi pagare per attribuirla agli alleati. Un brutto affare, che contribuì a consegnare l’Italia al ventennio fascista, ma …. alla lunga permise l’avvento della Repubblica.

 

Foto: da sinistra Vittorio Emanuele Orlando, David Lloyd George, Georges Clemenceau

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