“Sono inevitabilmente emersi i dissensi, più o meno espliciti, verso la decisione del parlamento italiano di inviare “equipaggiamenti militari”, oltre a sostegni vitali, alla resistenza ucraina. Quelli provenienti prevalentemente dall’area cattolica, che alludono al magistero della Chiesa e all’interpretazione dell’art . 11 della Costituzione, ovviamente mi riguardano e non mi lasciano indifferente, anzi. Ci ho pensato molto e sono giunto alla conclusione che la lettura unitaria (cioè congiunta della prima e della seconda parte) dell’art. 11 non è contraddetta dalla decisione italiana. Non arrivo a sostenere, come fanno alcuni miei amici, che detto articolo in una qualche misura “obblighi” un simile intervento, poiché la condizione posta dalla seconda delle tre parti che lo compongono, a causa del veto posto dalla Russia alla risoluzione del CdS dell’Onu, non consente di individuare con chiarezza il destinatario della quota di sovranità nazionale “autolimitata”, al fine di poter pervenire a un “ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. Personalmente io l’ho individuato nell’UE, che in questa occasione ha deciso unitariamente di inviare questi specifici aiuti al popolo ucraino aggradito e invaso dalla Russia. Non mi sembra un cavillo.
E sono ancora una volta e sempre più grato al nostro costituente per averci messo anche questa volta nella condizione faticosa di rispondere a interrogativi non facili. Anzi, moralmente e politicamente, mi oppongo a una lettura affrettata del dettato costituzionale che potrebbe, al di là delle intenzioni, farci scivolare verso un atteggiamento di consuetudine a interpretare un “principio fondamentale” come una mera indicazione di intenti. Io credo, infatti, che questo articolo abbia salvato più volte nel corso degli ultimi 70 anni l’Italia e, suo tramite, l’Europa, dal rischio di errori fatali. E, proprio per questa ragione, ritengo che oggi, anche dopo aver condiviso l’ineluttabilità di un gesto di solidarietà espressamente richiestoci dal popolo vittima di questa guerra, noi si debba ribadire la convinzione che la guerra non è strumento capace di risolvere le controversie internazionali e ancor meno quelle interne (e se ne renderà ben presto conto Putin, il vero solo ingiustificato e ingiustificabile colpevole).
E a quanti, “putiniani” prevalentemente nostalgici di una certa idea di “sovietismo”, ritengono al contrario di rinvenire anche solo un frammento di giustificazione (storica?) nella decisione della Russia di fare guerra a un paese sovrano, per di più in assenza di una causa specifica – posto che possa esservene una -, altro non posso dire che la loro nostalgia di un tempo e un ordine mondiale che ha fatto del novecento “il secolo” forse più drammatico della storia dell’uomo, fa semplicemente molta tristezza.
È sicuramente vero infatti che anche l’Occidente si è macchiato nel tempo di tante colpe, nessuna delle quali però ha a che fare con questa guerra russa all’Ucraina e, più in generale, a quella determinata concezione della libertà e della democrazia che ha conformato la civiltà contemporanea.
In questo momento possiamo dolorosamente immaginare soltanto l’esito sul piano militare di questo conflitto, più difficile immaginare quello sul piano delle future relazioni fra i paesi e i popoli del mondo e quello sulle conseguenze economiche e, dunque, più in generale umane.
Che Iddio (lo dico nello spirito con cui lo invocò, prima del voto finale, Benedetto Croce all’Assemblea costituente) illumini l’umanità!”.