Firenze – Presentato stamattina in Palazzo Vecchio il Rapporto di 278 pagine con cui Amnesty International ha messo in evidenza la situazione in cui versa il popolo palestinese. Dopo tre anni di ricerca, lavoro, analisi, l’organizzazione internazionale ha maturato una convinzione: le autorità israeliane devono essere chiamate a rendere conto del crimine di apartheid contro i palestinesi. Nelle 278 pagine del rapporto, gli analisti di Amnesty descrivono “dettagliatamente il sistema di oppressione e dominazione di Israele nei confronti della popolazione palestinese, ovunque eserciti controllo sui loro diritti: i palestinesi residenti in Israele, quelli dei Territori palestinesi occupati e i rifugiati che vivono in altri stati”.
Le massicce requisizioni di terre e proprietà, le uccisioni illegali, i trasferimenti forzati, le drastiche limitazioni al movimento e il diniego di nazionalità e cittadinanza ai danni dei palestinesi sono stati ricordati oggi dall’attivista Tina Marinari. “Si tratta di azioni che fanno parte di un sistema che, secondo il diritto internazionale, costituisce apartheid”, dice Marinari. Il sistema di Amnesty Internationl per giungere a una conclusione così pesante, è quello di passare al raspo le condotte israeliane che costituiscono “un sistema che si basa su violazioni dei diritti umani”, concretizzando ciò che, secondo Amnesty International, qualifica l’apartheid come crimine contro l’umanità così come definito dallo Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale e dalla Convenzione sull’apartheid.
Una conclusione che conduce l’organizzazione umanitaria a chiedere al Tribunale penale internazionale di includere il crimine di apartheid nella sua indagine riguardante i Territori palestinesi occupati e a tutti gli stati di esercitare la giurisdizione universale per portare di fronte alla giustizia i responsabili del crimine di apartheid.
Di fatto, secondo il rapporto di Amnesty International, “i palestinesi sono sistematicamente trattati da Israele come un gruppo razziale inferiore e sono sistematicamente privati dei loro diritti”.
“I regimi di apartheid sono tutti diversi tra loro – dice Tina Marinari – si fa riferimento al Sudafrica perché è quello più noto. La nostra organizzazione si occupa di tutti i governi, siano essi palestinesi, cinesi o russi, per fare alcuni esempi. Nel caso di Israele siamo di fronte a una violazione del diritto internazionale dei governi che si sono succeduti, arrivando a negare la possibilità di spostamento e l’esercizio di alcuni diritti, politici e civili. Questo pomeriggio presenteremo nel dettaglio il lungo e articolato studio, che ha richiesto tre anni di impegno. Ci preoccupa il numero di morti, che da marzo a oggi ha superato il totale di quelli registrati dal 2008. La comunità internazionale non può far finta di non vedere”.
Le conclusioni di Amnesty International sono rafforzate da un crescente lavoro di organizzazioni non governative palestinesi, israeliane e internazionali che sempre più spesso applicano la definizione di apartheid alla situazione in Israele e/o nei Territori palestinesi occupati.
Il significato di apartheid, spiegano dall’associazione umanitaria, è la vigenza di un regime istituzionalizzato di oppressione e di dominazione di un gruppo razziale su un altro. Se si prende il diritto penale internazionale, specifici atti illegali commessi nel contesto di un sistema di oppressione e di dominazione con lo scopo di mantenerlo costituiscono il crimine contro l’umanità di apartheid. Questi atti sono descritti nella Convenzione sull’apartheid e nello Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale e comprendono le uccisioni illegali, la tortura, i trasferimenti forzati e il diniego dei diritti e delle libertà basilari.
Amnesty International documenta nel rapporto, “atti vietati dalla Convenzione sull’apartheid e dallo Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale in tutte le aree sotto il controllo israeliano, sebbene si verifichino con maggiore frequenza nei Territori palestinesi occupati piuttosto che in Israele”, atti che comprendono, dall’introduzione di “una serie di misure per negare deliberatamente i diritti e le libertà basilari ai palestinesi, anche attraverso drastiche limitazioni al movimento nei Territori palestinesi occupati, i cronici e discriminatori minori investimenti a favore delle comunità palestinesi residenti in Israele e il diniego del diritto al ritorno dei rifugiati. Il rapporto diffuso oggi documenta inoltre i trasferimenti forzati, la detenzione amministrativa, la tortura e le uccisioni illegali sia in Israele che nei Territori palestinesi occupati”, che insieme al fatto che Amnesty “ha rilevato che questi atti formano parte di attacchi sistematici e diffusi contro la popolazione palestinese, commessi allo scopo di mantenere il sistema di oppressione e di dominazione”, costituiscono “il crimine contro l’umanità di apartheid”. L’appello finale è alla comunità inernazionale, ” La comunità internazionale non può far finta di non vedere”
Nell’incontro con la stampa odierno, era presente anche la Rete Firenze per la Palestina: “Siamo contro ogni razzismo e antisemitismo ed invitiamo pertanto tutte e tutti coloro che difendono i popoli oppressi, il Diritto Internazionale e il Diritto dell’uomo, a sostenere la nostra causa, quella della Palestina. Abbiamo lanciato la campagna sull’apartheid proprio per evitare che il silenzio continui a far dimenticare cosa avviene in quella terra”.
Da parte del gruppo consiliare Sinistra Progetto Comune, “padroni di casa”, qualche eco delle polemiche dei giorni scorsi: “Ringraziamo la Rete Firenze per la Palestina e Amnesty International per averci permesso di ospitare la conferenza stampa e l’iniziativa in cui verranno spiegate le critiche ai governi di Israele, che in nessun modo possono essere confuse con accuse di antisemitismo. A noi interessano la pace e il dialogo, nessuna delle due cose è possibile se non si parte dai dati e dalle condizioni reali in cui le persone vivono”.