Amianto, la Landini chiede i danni allo Stato

Il titolare: “Rischiamo di dovere chiudere a causa delle richieste di risarcimento, lo Stato deve assumersi le sue responsabilità”. La solidarietà degli Industriali

Quella dell’amianto sembra una maledizione senza fine. Dopo le vittime, i processi, le condanne, ora scoppia un nuovo caso legato alla fibra killer. L’azienda Landini di Castelnovo Sotto ha deciso di citare in giudizio lo Stato davanti al Tribunale di Bologna. Secondo il cavaliere Mirco Landini, ancora al timone dell’azienda sulla soglia dei 90 anni, la ditta dopo essere sopravvissuta alla riconversione ora rischia di dovere chiudere i battenti a causa delle richieste di risarcimento.

Il cavaliere ha incassato il sostegno degli Industriali reggiani, per voce del presidente Stefano Landi: “Siamo solidali con le vittime incolpevoli ed è doveroso un riconoscimento a chi ha perso vita e salute – ha detto – ma non si può mettere a repentaglio la sopravvivenza delle aziende che hanno rispettato le norme allora in vigore”.

Ad oggi la Landini ha pagato in risarcimenti 864mila euro, ma le richieste complessive ammontano ad oltre 7 milioni di euro. “Se l’azienda fosse costretta a fare fronte a tutte le richieste sarebbe la catastrofe”, secondo l’avvocato Giulio Terzi.

La difesa dell’azienda, in sostanza è che all’epoca non si conoscevano ancora i rischi legati all’inalazione delle fibre di amianto. “Io stesso – spiega Landini – scaricavo l’amianto con gli operai, ne avevo il naso pieno e vivevo sopra la fabbrica”. Una linea ribadita dall’avvocato Andrea Soncini che chiede “per quale ragione si sarebbe dovuta accendere nel 1956 la lampadina a Landini sulla pericolosità dell’amianto, mentre quella stessa lampadina non si è mai accesa in ambito ministeriale e scientifico?».

Nel frattempo l’iter giudiziario farà il suo corso: la prima udienza è fissata in tribunale a Bologna il 9 febbraio. Ai giudici la Landini chiederà allo Stato un risarcimento proporzionale alla somma versata e ai futuri risarcimenti, oltre ai danni di immagine. La battaglia si annuncia lunga e complessa e si inserisce in una vicenda giudiziaria ben più ampia: da una parte ci sono gli industriali accusati di essere stati sempre a conoscenza dei rischi dell’amianto ma di averli ignorati o quantomeno sottovalutati, dall’altra le famiglie delle vittime che chiedono giustizia, in mezzo uno Stato che qualcuno oggi pretende di chiamare a dividere le responsabilità.

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