Amianto: dal 1996 al 2014 ben 308 casi di mesotelioma in provincia. La mia proposta

I membri del tavolo politico-letterario Ernest Hemingway del bar di Puianello, stimolati dai media che portano all’attenzione dei lettori situazioni di potenziale pericolo per la salute rappresentate dall’amianto, hanno approfondito l’argomento.

Dal 1996 al 2014, nella provincia di Reggio Emilia, si sono registrati  308 casi di mesotelioma; la più alta incidenza in rapporto alla popolazione in Emilia-Romagna. Il mesotelioma è un tumore che nasce dalle cellule del mesotelio ed è associato soprattutto all’esposizione all’amianto. I materiali contenenti amianto come ad esempio l’eternit, devono essere controllati periodicamente per verificarne lo stato di conservazione e sopratutto per prevenire il rilascio delle fibre.

Recentemente la Provincia di Reggio Emilia e la Unione dei Comuni «Bassa Reggiana», utilizzando la tecnologia rappresentata dai droni, attraverso un rilievo spettrale su ortofoto (fotografie aerea aventi il valore di una mappa) hanno effettuato il censimento della presenza di amianto nell’area della Bassa reggiana. Iniziativa importante (assolutamente condivisa dai membri del tavolo Hemingway) che consentirà poi di effettuare analisi di laboratorio per la classificazione dei tetti in base all’amianto contenuto e decidere le priorità per gli interventi della loro bonifica.

I membri del tavolo Hemingway nell’auspicare che tale mappatura sia estesa all’intero territorio provinciale, sono partiti alla “esplorazione del territorio” e, lasciandosi alla spalle la splendida cornice dei colli di Quattro Castella, hanno percorso la strada che porta a Codmond Park rilevando che la copertura di stalle ed opifici dove si produce il “Re dei formaggi” è in amianto che, pur ai loro occhi inesperti, si presenta perfettamente integro.

Tale precisazione, oltre che doverosa, è importante per evitare allarmismi. Le linee guida della Regione precisano infatti che …il rischio amianto non è rappresentato dalla semplice presenza del materiale ma dalle fibre che si disperdono nell’aria e che queste provengono principalmente da materiali friabili…  – Nelle lastre piane o ondulate in cemento-amianto, utilizzate per copertura in edilizia, l’amianto è inglobato in una matrice non friabile, che, quando è in buono stato di conservazione, impedisce il rilascio spontaneo di fibre… – Dopo anni dall’installazione tuttavia, le coperture subiscono un deterioramento per azione delle piogge acide, degli sbalzi termici, dell’erosione eolica e di organismi vegetali, che determinano corrosioni superficiali con affioramento delle fibre e conseguente liberazione di queste in aria…”.

I membri del tavolo Hemingway hanno anche appurato che, a garanzia della salute collettiva, l’art. 9 L. 27.3.1992 n. 257 prescrive debba essere inviata alla Regione ed all’Azienda Sanitaria locale la Relazione annuale utilizzo diretto o indiretto di amianto.

Pertanto la decisione di bonificare o non e la scelta dei tempi e dei modi, devono tenere conto da un lato del degrado dei materiali e dei fattori di dispersione, dall’altro della presenza o meno, nell’area contigua al manufatto in cemento-amianto, di edifici abitati specialmente da popolazione in età molto giovane, come gli studenti, o con problemi di salute (luoghi di cura).

Con tali accorgimenti preventivi, i membri del tavolo Hemingway, sanno/sperano che “l’amianto” non sia una emergenza immediata ma “solo rinviata nel tempo”. Ma perché attendere che le lastre si sfaldino? Perché non creare condizioni “economico/fiscali premianti” per accelerare, ora per allora, la rimozione dell’amianto con coperture (è una idea) “fotovoltaiche”?

Ad maiora.

Il portavoce del tavolo Hemingway (Mario Guidetti)

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