Altra finanzaManuale della crisi: il credit default swap

Un vademecum per orientarsi nel mondo della finanza

Alessandro Pala

Come annunciato la settimana scorsa, vorrei spiegare meglio ai lettori i numerosi termini tecnici che sono ormai sulla bocca di tutti in questi ultimi mesi (a volte usati erroneamente e a sproposito).

Iniziamo dal credit default swap:  il credit default swap (CDS), è uno strumento derivato, in cui sono impiegate due controparti (chiamiamole X ed Y). In questo contratto, si verifica a tutti gli effetti uno scambio; la parte X paga una quota in denaro periodicamente alla parte Y, mentre la parte Y offre un impegno. In che senso? La parte Y di fatto si impegna a rimborsare il valore nominale (diciamo 100) di un contratto Z in cambio di un flusso di moneta periodico, nel caso l’emittente del contratto Z fallisca.

Esempio: in signor Rossi contatta l’agenzia “Assicurazioni Reggiane”, dicendo che ha paura che la sua obbligazione della banca “Modena” non venga rimborsata a scadenza nel 2016, poichè ha sentito voci di una crisi di liquidità della banca, e non crede che negli ultimi anni questa banca sia stata gestita in maniera efficiente.  Ammettiamo che le controparti accettino, per cui il signor Rossi compra il CDS dall’agenzia “Assicurazioni Reggiane”, assicurando il suo capitale (diciamo 100.000 euro) investito nell’obbligazione della Banca “Modena” contro il default di quest’ultima. Il prezzo di questo contratto è di 300 punti base (ossia il 3% del valore assicurato). Questo significa che ogni anno, per la durata del contratto (diciamo 5 anni), il signor Rossi paga ad “Assicurazioni Reggiane” una cifra di 3.000 euro, mentre “Assicurazioni Reggiane” è costretta a pagare il valore nominale investito (ossia 100.000 euro) al signor Rossi, in caso si verifichi un evento (credit event), ossia il default della Banca “Modena” che non può più rimborsare l’obbligazione a Paolo Bianchi. Nel caso non si dovesse verificare nessun default, “Assicurazioni Reggiane”, avrà un guadagno netto di 15.000 euro (3000 moltiplicato i 5 anni della durata del contratto) versati dal signor Rossi senza aver sborsato un euro.

E’ facile intuire come questa sia una forma di assicurazione a tutti gli effetti. Il problema però, è che la maggior parte dei CDS contrattati sono “naked”, ossia scoperti. Questo significa, nel nostro esempio che il signor Rossi compra il CDS sullo strumento obbligazionario della banca “Modena”, senza essere in possesso dell’obbligazione e che non ha l’interesse a coprirsi da un possibile evento negativo che possa ledere il suo patrimonio, ma sta semplicemente “scommettendo” che la banca “Modena” fallisca in modo da specularci sopra (ossia ottenere un guadagno netto senza un reale investimento materiale).  Si discute molto dell’immoralità di questo strumento, dato che può portare a condotte particolarmente azzardate (è un po’ come scommettere sull’incendio dell’abitazione del vicino) ed unicamente speculative. Si sta discutendo (soprattutto negli Stati Uniti) se mettere al bando il CDS allo scoperto, ma nel frattempo questi strumenti esistono ed il volume di essi cresce esponenzialmente.

Come mai se ne sente parlare spesso ultimamente? Semplicemente perchè il CDS può avere come sottostante (ossia il prodotto su cui il contratto si basa) un paese Sovrano. In pratica, migliaia di investitori nel mondo, ogni giorno negoziano contratti che hanno come sottostante il default di un paese (fra cui ovviamente anche l’Italia).

Come determinare il valore di un CDS? Il valore viene determinato da una serie di parametri, troppo tecnici per essere spiegati in un articolo, ma alla fine viene prodotto un numero (i già citati 300 punti base). Questo valore, cambia a seconda del contratto ed a seconda degli avvenimenti, per cui può scendere o salire. Più questo numero sale, piu significa che lo Stato/banca/azienda su cui il CDS si basa ha più possibilità di fallire, dato che nel caso un investitore voglia comprare un CDS, egli dovrà pagare un premio maggiore.  I CDS a 5 anni della Grecia, ora hanno un valore di circa 2300 punti base (quindi 23%), mentre i CDS a 5 anni della Germania hanno un valore di circa 80 punti base (quindi 0,8%). Il nostro signor Rossi quindi, nel caso voglia comprare CDS sulla Grecia (più precisamente sui titoli di Stato) per 100milaeuro di copertura, dovrà pagare ogni anno 23mila, mentre nel caso voglia fare la stessa operazione sui titoli di Stato tedeschi, dovrà pagare solo 800 euro l’anno.

Il perchè è intuitivo: il mercato dichiara che la Grecia ha altissime possibilità di default, per cui un investitore che ha un CDS sui titoli della Grecia ha altissime possibilità di guadagnare 100mila euro. Per questa ragione però, il rischio è molto elevato e dovrà quindi pagare 23mila euro l’anno per avere la possibilità di guadagnare, entro 5 anni, 100mila euro. Immaginiamo che la Grecia nel 2016 (ossia fra 5 anni non fallisca), il signor Rossi avrà una perdita netta di 23.000*5=115.000 euro.

Perché sono così importanti quando si parla di default dei Paesi ? Semplicemente perchè tramite i CDS è possibile ricavare una percentuale, in cui si stima la probabilità di un Stato di fallire. Va detto che questa percentuale non è un numero preciso e totalmente attendibile, ma è comunque un pezzo del mosaico per avere una idea sempre più precisa dell’effettiva e reale possibilità di un paese/banca/azienda di fallire.

Un altro strumento parte di questo mosaico è il rendimento decennale dei titoli di Stato di un Paese (i nostri BTP per esempio) insieme al cosidetto spread fra due titoli di stato (BTP e Bund tedeschi per esempio).  Tratterò questa parte nel prossimo articolo; nel frattempo invito i lettori a pormi domande nel caso non sia stato abbastanza chiaro riguardo ai CDS, consapevole del fatto che non è impresa banale trattare uno strumento cosi complesso e variegato in poche parole.

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