Un’Europa pronta alle grandi sfide sulla via tracciata da Altiero Spinelli

A Torre Pellice, con Mattarella, la battaglia europeista dell’Italia

La sede del Parlamento Europeo a Bruxelles è articolata su due edifici collegati da un transetto. Uno di questi è intitolato ad uno statista di quella nazione, Paul Henri Spaak, e l’altro all’italiano Altiero Spinelli. Che uno dei due edifici sia intitolato ad un’importante personalità belga certo non sorprende, ma che sia un italiano a dare il suo nome all’altro, è qualcosa che non può non inorgoglirci.

È il simbolo dell’importanza assunta, a livello europeo e non solo italiano, dalla battaglia europeista di Altiero Spinelli. A ottant’anni di distanza, giovedì 31 agosto a Torre Pellice, con l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricordiamo , nel luogo in cui fu tenuta, una tappa significativa di questa battaglia: la sua prima conferenza pubblica dopo la liberazione dal Confino di Ventotene, subito dopo il congresso costitutivo del Movimento Federalista Europeo svoltosi a Milano in casa di Mario Alberto Rollier, cui si dovette l’organizzazione anche di questa conferenza. Siamo in quella “finestra” tra la caduta di Mussolini (25 luglio) e l’armistizio dell’otto settembre con la conseguente occupazione nazista, in cui si potevano progettare iniziative del genere.

Mario Alberto Rollier era valdese; professore universitario di chimica, insegnava a Milano, ma aveva la sua casa di famiglia a Torre Pellice, la piccola “capitale” delle Valli Valdesi. Aveva aderito al Partito d’Azione e in seguito diventerà un esponente del Partito Socialista Democratico Italiano.

Nella seconda edizione delle sue memorie, pubblicate col titolo “Come ho imparato a diventare saggio”, Spinelli scrive: “Tenni la mia prima conferenza federalista sotto lo sguardo protettore di un grande ritratto di Cromwell, che era ancora ricordato in quelle valli per avere indotto con le sue navi minacciose il re sabaudo a rinunziare alle angherie che infliggeva ai suoi sudditi calvinisti. La sua immagine sembrava ora assicurarci che ancora una volta i discendenti del suo popolo erano vicini alle coste per aiutarci”. Una considerazione che rende ancora più amara la Brexit britannica.

La sala in cui si svolse la conferenza è stata individuata nel retrobottega della “Farmacia Antica Muston” di Torre Pellice, edificio in cui è stata inaugurata la lapide celebrativa dell’avvenimento. Da ricerche ulteriori di cui ringrazio l’archivista della Tavola valdese Gabriella Ballesio, è stato possibile stabilire che in realtà gli incontri furono due. A quello della Farmacia Muston ne seguì domenica 5 settembre 1943, alle 21 un secondo, verbalizzato, presso la Società di Studi Valdesi, ed è presumibile che, quando Spinelli parla del ritratto di Cromwell, si riferisca a questo. Tra i partecipanti all’incontro presso la Società di Studi Valdese, non posso non ricordare mio padre, Giorgio Spini, allora ventisettenne.

In Val Pellice, e nelle Valli Valdesi in genere, era molto forte il Partito d’Azione che avrebbe dato vita ad una divisione partigiana “Giustizia e Libertà” destinata a scrivere una pagina importante e gloriosa nella Resistenza piemontese e italiana. Non solo, ma le tradizioni di difesa della libertà religiosa e di autonomia della popolazione di queste valli, e la proiezione europea della Chiesa Evangelica Valdese verso le Chiese Riformate e protestanti, rendevano Torre Pellice un terreno fertile per un’iniziativa federalista europea. Era pertanto un luogo del tutto adatto per questa prima, importante, uscita pubblica.

Il percorso che aveva condotto Altiero Spinelli al pensiero federalista europeo, era iniziato con l’arresto e la condanna ricevuta dal tribunale speciale come militante comunista nel 1927. In carcere, aveva maturato il suo dissenso verso il comunismo e lo stalinismo, ed era stato quindi espulso dal Pci nel 1937, con tutte le conseguenze di isolamento che questo comportava. Si trovava allora al confino nell’isola di Ponza e nelle sue memorie ricorda come fossero stati il socialista Sandro Pertini, futuro presidente della repubblica, e il giellista Francesco Fancello ad essergli amichevolmente vicini in quei difficili momenti.

Dopo il periodo trascorso a Ponza era avvenuto il trasferimento a Ventotene, dove aveva trovato Ernesto Rossi, l’antico compagno dei Rosselli nel “Non Mollare”, esponente di Giustizia e Libertà, ed Eugenio Colorni socialista, studioso di filosofia.

Con loro Spinelli, rimasto libero da vincoli politici, e in fase di riflessione sugli indirizzi da prendere, (si sarebbe successivamente iscritto al Partito d’Azione) discusse ed elaborò quel “Manifesto per un’Europa libera e unita”, che divenne la pietra miliare del pensiero federalista. Gli inizi di quell’elaborazione avvenivano in un contesto drammatico e tremendo. In quel momento, l’Inghilterra resisteva da sola all’offensiva vittoriosa della Germania di Hitler, cui si era accodata l’Italia fascista di Mussolini, mentre il patto Hitler-Stalin aveva neutralizzato l’Urss. Gli Usa, com’è noto, non erano ancora entrati in guerra. Fu quel momento così buio che scaturì una riflessione e un’iniziativa nuova, una prospettiva di speranza per l’avvenire. Il testo, nella sua elaborazione, fu terminato nel 1942 dopo l’attacco hitleriano all’Urss. Ursula Hirschmann riuscì a portare clandestinamente il Manifesto a Roma e a Milano e a raccogliere le prime adesioni.

L’idea sottostante al Manifesto Federalista era che il nazionalismo aveva portato alle due guerre mondiali che si erano scatenate in Europa e che solo un assetto federalista delle nazioni e dei popoli del nostro continente poteva scongiurare il pericolo di nuove guerre e portare a una pace duratura. Un’idea che andava dichiaratamente oltre i partiti tradizionali che si stavano ricostituendo nelle loro nuove o antiche forme e che, secondo Spinelli, se avessero ristretto la loro azione nei confini nazionali non avrebbero estirpato la causa delle guerre mondiali. Occorreva invece una rivoluzione politica concettuale per affrontare alla radice le cause che avevano portato al fascismo e al nazismo e costruire una nuova civiltà.

In questa vicenda s’incontra un altro futuro presidente della Repubblica: nel primo dopoguerra Luigi Einaudi, con lo pseudonimo di Junius, aveva scritto una serie di articoli sul “Corriere della Sera” favorevoli ad una federazione europea e li aveva raccolti e pubblicati in un libro, “Lettere politiche” pubblicato con Laterza nel 1920. Questo libro era conosciuto da Ernesto Rossi, che era un suo discepolo, e che a Ventotene l’aveva fatto a sua volta leggere a Spinelli. Rossi, come professore di economia aveva l’autorizzazione a corrispondere con Einaudi, che gli mandò alcuni libretti della letteratura federalista inglese, fra cui quello di Lionel Robbins, “The economic causes of war”. Da lì scocca in Spinelli la scintilla di quel pensiero, che perseguito con forza e tenacia di intenti, ha fatto di lui il campione italiano ed europeo del federalismo. Nel dopoguerra, quando nel 1948 si svolse il Congresso del Movimento Federalista Europeo, Luigi Einaudi, che lì a poco sarebbe stato eletto Presidente della Repubblica, vi parteciperà.

Eugenio Colorni intanto non poteva figurarvi più, dal momento che, dopo la riunione fondativa del MFE a Milano, era andato a Roma, dove aveva pubblicato clandestinamente il Manifesto e partecipato attivamente alla Resistenza. Capo Redattore dell’Avanti! moriva il 30 Maggio 1944 colpito dai militi fascisti della banda Koch.

Un’altra delle radici federaliste era quella rosselliana, cui Ernesto Rossi apparteneva.

Carlo Rosselli si era vigorosamente pronunciato per gli Stati Uniti di Europa già nel 1935 con il suo articolo dal titolo eloquente, “Europeismo o fascismo” pubblicato il 15 maggio di quell’anno. sul periodico “Giustizia e Libertà”. E’ necessario ricordare che nel suo esilio londinese, nel 1929, dal canto suo don Luigi Sturzo parlava di «un concreto e alto ideale, quello degli Stati Uniti di Europa».

Limitandoci a ricordare per sommi capi la lunga battaglia europeista di Altiero Spinelli, ricordiamo che collaborò strettamente con Il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, un convinto europeista, nel progetto della Comunità Europea di Difesa (Ced), fallito per la bocciatura subita nel Parlamento francese nel 1954. Successivamente, negli anni Sessanta, fu chiamato da Pietro Nenni a collaborare alla redazione dei programmi di politica europea del Psi e a consigliarlo quando il leader socialista assunse per la seconda volta il ministero degli esteri nel dicembre 1968.

In seguito, Spinelli fu commissario europeo dal 1970 al 1976, nominato dal governo italiano in una terna di esperti di area socialista presentata dal Psi. Nel 1979 fu eletto al Parlamento Europeo, nelle prime elezioni dirette, nelle liste del Pci che, nel frattempo, aveva maturato la sua scelta in senso europeista. Al Parlamento Europeo Spinelli costituì un intergruppo federalista che fu denominato il Club del Coccodrillo dal nome del ristorante in cui si riuniva e si dedicò all’elaborazione di un progetto federalista. Il 14 febbraio 1984 fu approvato dal Parlamento europeo il suo Progetto di Trattato per l’Unione Europea: era la concretizzazione e la sanzione da parte di questo supremo organo democratico del Manifesto del 1942. Spinelli non era più un profeta disarmato.

Il progetto di un Trattato per l’ Unione Europea venne approvato dal Parlamento europeo, ma non dai governi e quindi non entrò in vigore. Costituì peraltro un potente stimolo verso i successivi passi in avanti che furono compiuti sulla strada dell’Unione Europea, a cominciare dall’Atto Unico Europeo del 1986.

I passi avanti compiuti dal 1942 sulla strada dell’unità europea sono stati enormi. Si tratta di una costruzione ancora unica al mondo, anche se il nostro augurio è che si sviluppino in questo senso altri organismi continentali o subcontinentali che si sono nel frattempo costituiti, come per esempio l’Unione Africana.

Ma, non essendo stata compiuta fino in fondo la strada federalista, l’Unione Europea è continuamente di fronte al problema di raggiungere il consenso di tutti i suoi stati membri per compiere gli ulteriori passi in avanti necessari ad affrontare le situazioni di crisi. Non è retta, come dovrebbe, da una vera e propria Costituzione. Personalmente ho avuto l’onore di far parte della Convenzione per l’Avvenire dell’Europa nel 2000-2001, che redasse un Trattato che aveva il carattere di “Costituzionale” che fu poi bocciato da alcuni referendum nazionali, per cui si dovette ripiegare sul meno incisivo e ambizioso Trattato di Lisbona. Ora il Parlamento Europeo si è pronunciato nuovamente sulla necessità di arrivare ad un trattato costituzionale e speriamo che la prossima legislatura, che si avvierà l’anno prossimo 2024, possa rilanciare questo obiettivo, cui l’Italia deve dare il suo contributo.

Il padre dell’Europa Comunitaria, Jean Monnet, aveva scritto nel 1954: “Ho sempre pensato che l’Europa si sarebbe fatta nelle crisi e che sarebbe stata la somma delle soluzioni che si sarebbero trovate per queste crisi”.

È stato profetico: sia la pandemia del Covid 19, con le sue conseguenze economiche e sociali, sia la guerra scatenata dalla Russia con l’invasione dell’Ucraina hanno messo l’Europa di fronte all’alternativa tra reagire unitariamente e quindi compiere decisivi passi in avanti sulla sua costruzione unitaria, oppure di fatto smarrire la sua missione. L’Unione Europea ha saputo resistere di fronte a prove del genere.

Con il Next Generation Eu, che per l’Italia si traduce nel Pnrr, ha compiuto un ulteriore salto di qualità, con l’emissione di titoli di debito europei per sostenere quell’iniziativa finalizzata alla ripresa economica e sociale dopo le conseguenze negative del Covid 19.  Non nascondiamo il fatto che esistano aree di importanza determinante, dalle immigrazioni, al fisco alla stessa difesa europea, in cui l’Europa non ha saputo ancora costruire gli strumenti unitari adeguati e che devono essere considerati come nuovi terreni di iniziativa.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato la guerra sul continente europeo, proprio quel tipo di evento che il processo di unione europea voleva scongiurare. Questo evento ci ha costretto a fare nuovamente i conti con la politica o, se si vuole, con la geopolitica. La Russia forniva di energia paesi importanti come la Germania e l’Italia, i legami economici e finanziari sembravano procedere tranquillamente ed invece ha messo in causa tutto ciò con una guerra di ingrandimento territoriale che ancor più che novecentesca sembra ottocentesca. Quando si riuscirà a ristabilire la pace si dovrà lavorare politicamente nel profondo per assicurare pace, stabilità e sicurezza in Europa, in tutta l’Europa.

In questo scenario, per molti versi drammatico, l’ambiente, i mutamenti climatici, la transizione ecologica si sono affermati come le grandi sfide di questa prima metà del XXI secolo e l’Europa può e deve avere un ruolo importante nell’affrontarle. Anche sul nostro territorio nazionale portiamo i segni delle cicatrici degli eventi calamitosi, conseguenza di questi grandi cambiamenti nel nostro clima.

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