La Procura di Parma ha chiuso il fascicolo investigativo relativo all’alluvione del torrente Baganza che nell’ottobre del 2014 mise in ginocchio due quartieri di Parma, allagando una vasta area nella zona sud della città e causando danni per circa 100 milioni di euro. Il sostituto procuratore Paola Dal Monte ha notificato l’avviso di fine indagini (il noto articolo 415 bis del codice di procedura penale) a sei indagati con l’accusa di disastro colposo aggravato. Di solito, la notifica prelude ad una richiesta di rinvio a giudizio da parte degli inquirenti, sulla quale poi è il giudice dell’udienza preliminare ad esprimersi. L’eventuale processo è quindi più vicino, anche se è ancora prematuro affermare se e quanti indagati saranno chiamati ad affrontarlo.
In pratica, ad essere finito sotto accusa è l’intero sistema regionale, provinciale e comunale di protezione civile. Insieme al sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, sono infatti indagati Maurizio Mainetti, responsabile regionale della Protezione civile, Gaetano Noè, allora comandante della Polizia municipale di Parma, Francesco Puma, segretario generale dell’autorità di bacino del Po, oltre ai responsabili della protezione civile di Provincia e Comune, rispettivamente Gabriele Alifraco e Claudio Pattini.
Secondo quanto appurato durante le indagini, non solo il piano di protezione civile di Parma non sarebbe mai stato aggiornato dal 2007, con numeri telefonici e referenti che nel 2014 non esistevano più, ma gli avvisi di allerta non sarebbero stati presi in considerazione e nessuno avrebbe effettuato controlli nelle zone a rischio avvisando la popolazione.
Nonostante le previsioni meteo dall’8 ottobre 2014 indicassero un peggioramento progressivo, nessuno attivò un adeguato sistema di osservazione e monitoraggio della piena 24 ore su 24 né alcun piano di presidio operativo e territoriale per garantire ricognizioni e sopralluoghi delle aree a rischio. Secondo gli inquirenti la popolazione non fu allertata neppure quando venne superata la soglia idrometrica di preallarme alle 15,20 del 13 ottobre e nemmeno dopo il crollo del ponte della Navetta.
Tutto ciò nonostante esistesse già uno studio che indicava il punto in cui il torrente Baganza sarebbe potuto uscire: proprio nel quartiere Montanara, all’altezza dell’ospedale Piccole Figlie, del Pala Lottici, del centro Telecom, e nei pressi di una casa protetta e una scuola materna. Tutti edifici colpiti dall’esondazione.