Firenze – “Pioveva come Dio la mandava e la stava mandando per la verità da tre giorni ininterrotti”: comincia così il racconto di Luciano Bausi del “Giorno della Piena”, l’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966. In questo incipit c’è già tutto lo stile dell’autore venato da un’ironia mite e positiva che viene da lontano e che si ritrova nelle opere degli scrittori toscani.
E’ questo stile che rende piacevole la cronaca scritta da colui che era stato da alcune settimane nominato assessore all’Urbanistica e che l’anno dopo sarebbe diventato per sette anni Sindaco della città. Scritto nel 1987, il diario di quel giorno fatale viene riproposto in occasione del 50° anniversario dell’Alluvione per iniziativa dei quattro figli, Letizia, Susanna, Guido Giacomo e Ada, con il supporto dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze e la casa editrice Polistampa.
Il quotidiano La Nazione lo distribuirà ai suoi lettori il 3 novembre in 35mila copie , che “potrebbero non bastare” come ha detto il direttore Pier Francesco De Robertis nel corso della presentazione del volumetto, una delle numerose iniziative del giornale per la ricorrenza. Fra di esse c’è anche la ristampa delle prime pagine che tennero i fiorentini informati sul disastro a cominciare da quel titolo “L’ Arno straripa a Firenze” che i giornalisti riuscirono a metter in edicola con la redazione e la tipografia invase dall’acqua.
Mentre l’Arno straripava, Bausi era in macchina con la moglie per recarsi a Roma e imbarcarsi in aereo per partecipare al Congresso Nazionale d’Urbanistica che si doveva tenere a Palermo. Incalzante, quasi come la sceneggiatura di un film, il racconto della progressiva presa di coscienza di quanto stava accadendo. L’acqua cominciava a invadere piazze e viali e quelle poche strade in altura erano intasate dai mezzi che non riuscivano più a circolare. “Mancava, per quel che sarebbe accaduto, – scrive l’autore – la memoria d’uomo e nessuno pensava al peggio, escluso forse qualche vecchietto, giù a valle verso Quaracchi e le Corti di Brozzi”. La macchina avanzò lentamente per quel che poteva con l’acqua che sta salendo: “La prima vera sorpresa fu quando sotto la luce dei fari vedemmo avanzare a piccoli tratti, e girando ogni tanto su se stesso, un tronco d’albero di medie dimensioni.”.
Bausi raggiunse Palazzo Vecchio e si mise al lavoro nella sala di Giovanni dalle Bande Nere, dove sarebbe rimasto a lungo, per coordinare insieme al Sindaco Bargellini i soccorsi e i primi interventi, “investiti da compiti, come si direbbe oggi, di protezione civile”. Entrano in scena i protagonisti di quella che il vice Presidente dell’Ente (ora Fondazione) Cassa di Risparmio di Firenze Pierluigi Rossi Ferrini ha definito un modello di virtù di resilienza di una cittadinanza che reagisce con razionalità, con coraggio e determinazione, ai più duri colpi del destino. Un “gioco di squadra” intelligente ed efficace che già in quella terribile giornata pose le basi di una rinascita in tempi che nessuno avrebbe mai potuto prevedere così brevi.
Ma non è stato soltanto il desiderio di mettere in evidenza i meriti delle persone che allora guidavano le amministrazioni quello che trent’anni fa ha spinto Bausi a raccontare il giorno della piena. Bisogna farla finita una buona volta con le chiacchiere: “Non è con le parole e coi buoni propositi che riusciremo a tenere il fiume dentro gli argini”. Bisogna mettere mano ai lavori di difesa e “forse non c’è un minuto da perdere”. Sono passati altri 20 anni e il suo messaggio comincia solo ora ad essere ascoltato.
Nella foto: un momento della presentazione del libro presieduta dall’assessore fiorentino all’ambiente Alessia Bettini