Firenze – Blocco degli sfratti, rinvio a giugno, ma, come naturale pensare, non si potrà andare avanti con le sospensioni all’infinito. Un problema dunque solo rimandato, come rimarca Sunia-Cgil, che, a fronte delle migliaia di famiglie che si troveranno con uno sfratto sul groppone per morosità dovuta a covid e che verrà ad assommarsi a quelle per cui i procedimenti sono già conclusi, ne fa anche un discorso di equità: da un lato, le famiglie morose, dall’altro, i proprietari, soprattutto quelli piccoli, i quali, dicono dal Sunia, è ingiusto che si sobbarchino della gravità della situazione. Un problema reale solo rimandato, che si misura con la grossa quantità di alloggi vuoti che ancora restano “in pancia” a strutture come l’Inps. Una questione già toccata su queste pagine (https://www.stamptoscana.it/alloggi-inutilizzati-grandi-sunia-il-comune-cerchi-un-accordo-con-linps/), che vede almeno una novantina di alloggi che giacciono vuoti e inutilizzati nella sola Firenze, ma che sono svariate decine anche a Livorno e a Grosseto., come messo in luce, per la città labronica, dal Tirreno proprio in questi giorni. Alloggi che, a ben guardare, possono senz’altro definirsi come patrimonio pubblico.
Dunque, da un lato alloggi vuoti dall’altro emergenza abitativa, la proposta che il Sunia- Cgil “gira” all’assessore regionale Serena Spinelli, all’assessore alla casa dei vari Comuni a tensione abitativa e in particolare all’assessore alla casa del Comune di Firenze Benedetta Albanese (anche in riguardo alla volontà espressa già dalla precedente giunta di mettere mano a un’Agenzia sociale della Casa) viene spiegata a Stamptoscana dalla segretaria regionale del Sunia Laura Grandi.
“Tanti alloggi vuoti, compresi quelli che sono stati trasferiti a svariati fondi ma che comunque restano inutilizzati – dice Grandi – in un momento come l’attuale, che vede al 30 giugno lo sblocco degli sfratti. Sfratti che si stanno accumulando nelle cancellerie di tutta la Toscana, con situazioni particolarmente pesanti a Firenze, ma anche a Livorno e Grosseto, mentre sta emergendo che diverse convalide di sfratto sono avvenute nella prima fase covid, anche se è intervenuta la modalità di ricontrattazione del canone. Nella seconda ondata della pandemia, è emerso, secondo l’esperienza del Sunia, un’ancora maggiore difficoltà rispetto alla prima ondata: più pesante la situazione del lavoro, che, in gran parte, in particolare a Firenze e nelle zone più spiccatamente turistiche, girava intorno al mondo del turismo, pur essendo spesso precario e malpagato, come è emerso svariate volte dai focus della Cgil fiorentina e regionale. Le ricontrattazioni del canone poi, secondo la nostra esperienza, non sono andate a buon fine. Per farla breve, dopo i primi mesi in cui i canoni ridimensionati sono stati pagati, con il protrarsi delle difficoltà lavorative è ricominciata la morosità. Dalla Cancelleria di Firenze emerge un numero molto importante di richieste di convalida degli sfratti, tanto che sembra che per le richieste di fine settembre, vengano fissate le udienze a marzo. Il che è senz’altro spia di un arretrato pesante”.
Per fare una sorta di calendario, come spiega Grandi, il 30 di giugno, quando riprenderanno le esecuzioni, verosimilmente si potrebbe arrivare, come esecutività reale e contando la pausa agostana, a settembre prossimo. E la situazione sarà difficilissima.
“In questo caso, per attuare la legge che prevede il passaggio da casa per chi ne ha diritto, il patrimonio non sfruttato come quello Inps potrebbe fare la differenza”.
Intanto, ecco chi ne ha diritto, al passaggio da casa a casa: chi ha un reddito tale da poter accedere all’edilizia pubblica, chi ha già fatto domanda per la casa popolare, chi è in emergenza abitativa. “Tutti casi che dovrebbero passare attraverso la commissione per il disagio abitativo, che a Firenze è stata istituita e deve essere solo riattivata – dice Grandi – tanto più che, per esempio a Pisa, ha funzionato”.
Ed ecco allora tornare alla ribalta l’Inps, o meglio il suo patrimonio di alloggi vuoti e inutilizzati.
“Tenendo conto di questa massa di alloggi vuoti, qual è la soluzione migliore, ovviamente consapevoli anche della necessità di ristrutturare e costruire nuovi alloggi popolari, se non quella di assegnare alloggi di un patrimonio pubblico, dal momento che anche quello dell’Inps è un patrimonio pubblico con fini sociali? Detto questo, perché l’Inps (o l’Inail, ma in questo momento il focus è sull’Inps) non potrebbe cedere questo patrimonio a fini sociali ai Comuni, per 14 o 15 anni, in comodato gratuito?”.
Per quanto riguarda la contropartita per l’Inps, “Il Comune si potrebbe impegnare a riaffittare gli alloggi a canone sociale, quindi con accordi territoriali abbassati o attraverso la modalità del social housing, e con quei soldi che percepisce, lo stesso Comune potrebbe ristorare l’Inps ad esempio manutenendo il patrimonio, che, essendo sfitto da svariati anni, con ogni probabilità necessita di una buona manutenzione, oltre a pagare gli oneri condominiali. Sembra un’ipotesi di buon senso e possibile”.
Sì, ma le cose non sono così semplici. “Eppure, si tratterebbe di patrimonio pubblico, che va in mano ad amministratori pubblici, che per evitare un’emergenza sociale ormai riconosciuta dalle stesse istituzioni, potrebbero trarre un aiuto da questo patrimonio inutilizzato. Ovviamente non ci può limitare a chiedere semplicemente il blocco degli sfratti. I comuni potrebbero dunque farsi promotori presso l’Inps di questa soluzione”.
In realtà, secondo quanto riportato dal Tirreno, sembra che l’assessore alla casa di Livorno abbia tentato di intavolare almeno un dialogo con l’Inps in questo senso, ma la risposta non è risultata soddisfacente. “In questi giorni faremo presente all’assessore regionale alla casa Serena Spinelli, oltreché all’Anci e all’assessore alla casa di Firenze (oltre a quelli dei comuni a tensione abitativa) la necessità di rappresentare queste istanze presso l’Inps, al di là del gestore del suo patrimonio immobiliare”. Insomma, sarà interessante ascoltare la risposta dell’Inps alle richieste dei Comuni, magari sostenute dalla Regione.
“In via Monteverdi a Firenze – ricorda Grandi – c’è un grande blocco di alloggi vuoti. Mi chiedo che differenza faccia, tenerli chiusi e vuoti o affittarli a un canone sociale. D’altro canto, le politiche abitative non si riducono alla sola sospensione degli sfratti, ma cercano di risolvere problemi, anche con l’edificato esistente. Inoltre, e questa è una mia opinione personale, se si reimmettono nel mercato alloggi vuoti a canoni sociali, si può anche arrivare a calmierare gli affitti. Forse non con soli 90 alloggi, ma potrebbero essere di più, magari andando a esaminare altri enti con patrimonio immobiliare abitativo come l’Inps. Si parla di Agenzia Sociale della Casa, dietro input dell’ex assessore Vannucci; queste potrebbero essere le prime case di cui il Comune si dota per immetterle nel circolo virtuoso degli affitti per le famiglie in difficoltà. Precisando che le famiglie in difficoltà non sono solo o tutte quelle con gli sfratti a carico, sono anche le tante famiglie che, invece di pagare 900 euro al mese svenandosi per mantenere un tetto a discapito della possibilità di condurre una vita dignitosa, riescono ad avere una casa per cui pagano 400 euro al mese. Anche questo fa la differenza. Tirando le fila, in Toscana ma anche su tutto il territorio nazionale, esiste un bacino di case inutilizzate che mai come in questo momento potrebbe essere reclamato dalle amministrazioni per finalità sociali da un lato e rendendo più celeri le stesse esecuzioni dall’altro, liberando così le case per i proprietari ma senza per questo lasciare le persone in difficoltà”. O in mezzo alla strada.