Firenze – Il caso del presunto racket degli appartamenti Inps tornato alla ribalta nei giorni scorsi, pone un problema più ampio, vale a dire quello del patrimonio immobiliare dell’ente pubblico, che, come ben noto e insieme a quello di altri enti pubblici, è stato oggetto di dismissione fin dalle famose cartolarizzazioni degli inizi anni 2000. Il caso in questione riguardava uno stabile situato a Firenze, in via Monteverdi, di proprietà dell’Inps, dove, secondo gli investigatori, gli appartamenti vuoti venivano occupati e poi affittati ai dipendenti (fino a 500 euro per una stanza) di una cooperativa edile, lavoratori stranieri, da parte dei due gestori di fatto della cooperativa stessa, con la complicità di altre persone, fra cui il custode del palazzo, dipendente Inps. Condannate 10 persone per reati contestati a vario titolo, fra cui nvasione di terreni e abitazioni, estorsione, appropriazione indebita, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le condanne hanno dunque portato alla luce la questione del patrimonio immobiliare dell’Inps, che vede ancora numerosi fondi, cantine, posti auto, abitazioni inutilizzati da anni anche a Firenze. Quanti? Secondo dati dello status del patrimonio immobiliare scaricabile dal portale dell’Inps Firenze, fermi al 2018, calcolando solo le abitazioni e solo per il capoluogo toscano, si giunge a un numero di poco oltre la novantina. E si sta parlando solo di alloggi, escludendo tutto il resto. Gli alloggi sono distribuiti in quasi tutta la città: si va da via Monteverdi, dove se ne contano 34, a via Toselli, 18, sette in via Bolognese e così via. Questi alloggi sono tutti “inutilizzati”.
Tutto parte dall’art. 38 del Decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito in Legge n. 96 del 21 giugno 2017. La normativa prevede che l‘INPS provveda “alla completa dismissione del proprio patrimonio immobiliare da reddito...... anche attraverso il conferimento di parte del patrimonio a fondi di investimento immobiliare costituiti dalla società di gestione del risparmio di cui all‘articolo 33 del decreto–legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con l’obiettivo di perseguire una maggiore efficacia operativa ed una maggiore efficienza economica.” .
La legge in questione riprende e riafferma la necessità “di completa dismissione degli immobili da reddito dell’Istituto”, comprendendo nell’applicazione gli immobili residuati dalle grandi cartolizzazioni del 2001, ritornate agli enti originariamente proprietari per effetto della legge 14/2009, e indica la possiblità di procedere alla dismissione con il conferimento parziale del proprio patrimonio a fondi immobiliari chiusi, “con specifico riferimento” a quelli costituiti dalla società di gestione del risparmio Invimit Sgr spa (costituita nel 2011). Le regioni che vantano una maggiore concentrazione di patrimonio immobiliare da reddito (fondi, abitazioni, persino terreni) sono Lazio, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Sicilia e Campania. Per quanto riguarda i fondi immobiliari chiusi targati Invimit Sgr, è stato costituito il fondo i3-Inps. Il fondo avrà una durata massima di 20 anni e al 31 dicembre 2018 si attestava su di un valore di circa 300 milioni di euro. In previsione, verranno conferiti progressivamente immobili di proprietà dell’Istituto per un valore complessivo di 800 milioni di euro. Ma a cosa serve? La mission è quella della gestione, valorizzazione e parziale dismissione del patrimonio dell’Istituto, mediante strategie diversificate in base alle caratteristiche dei singoli immobili, operazione che dovrebbe, attraverso le risorse derivanti dal processo di dismissione degli immobili e dalla cessione delle quote di partecipazione, contribuire alla riduzione del debito pubblico. Per quanto riguarda gli immobili conferiti a questo particolare fondo chiuso dalla Toscana, c’è una superficie a Livorno a uso direzionale di 1249 metri quadrati in corso Giuseppe Mazzini, mentre a Firenze, in via Luca Giordano, si trova un’altra superficie di 1352 metri quadrati, anch’essa ad uso direzionale. Ad ora, per quanto riguarda nello specifico il fondo i3 Inps, non risultano previste vendite, ne’ in Toscana ne’ a Firenze. Per quanto riguarda la consistenza del fondo, in data 5 febbraio 2019 è stata deliberata una ulteriore operazione di apporto di 11 immobili per un controvalore di circa euro 123 milioni. Ricordiamo che fino ad ora di fatto l’Invimit, attraverso il conferimento di immobili pubblici a questi fondi immobiliari chiusi (ce ne sono molti altri, da i3 Inail a i3 Sviluppa Italia) ha in buona sostanza esercitato un ruolo molto simile a una gigantesca agenzia di vendita. Basti pensare che nella prima settimana dell’agosto 2020 venne resa pubblica la vendita da parte di Invimit di 70 immobili per un valore di quasi 16 milioni di euro tra abitazioni, negozi e uffici, di cui 67 nella sola Firenze per un valore di oltre 14 milioni di euro. Nell’intero Paese sono oltre 300 gli immobili che Invimit sta vendendo, per un valore di 120 milioni di euro. Un sistema, secondo molti soggetti sociali, dai sindacati a svariati movimenti politici, che lungi dal produrre il famoso abbassamento del debito (il sistema dei fondi chiusi e vincolati rende molto poco remunerativa la vendita per il proprietario pubblico che ha conferito l’immobile a Invimit) porta piuttosto a un colossale passaggio di mano di patrimonio pubblico a soggetti privati, per di più in condizioni di vantaggio per i privati.
Tornando ad occuparci degli immobili dell’Inps che ad ora giacciono inutilizzati perlomeno di fatto, forse ci troviamo di fronte a un’inerzia che rischia di diventare esplosiva a livello sociale. Uno dei casi più evidenti è Firenze (ma anche Livorno è molto vicina), dove, conteggiando solo le abitazioni e solo quelle non utilizzate (e solo gli immobili Inps, tralasciando per ora gli altri enti pubblici e le banche) si arriva a circa 90 alloggi vuoti, di fatto non utilizzati. Novanta o poco più alloggi vuoti, di origine pubblica, in una città che si sta segnalando per due dati: la tensione abitativa che ultimamente sale anche in riguardo all’impatto della pandemia, e la spada di damocle della fine del blocco degli sfratti, che secondo fonti sindacali potrebbe arrivare a mettere sul piatto almeno un migliaio di sfratti esecutivi tutti in una volta. Sfratti che riguardano non solo le fasce da sempre più fragili, ma anche quelle che lo sono diventate con la perdita del lavoro, con l’azzeramento dei lavori irregolari, con la cassa integrazione. La domanda dunque è: possiamo permettercelo?
Il problema in qualche modo è stato segnalato anche dalla Corte dei Conti. “Procede a rilento il programma Inps di smobilizzo del patrimonio immobiliare la cui redditività, considerati anche gli oneri della gestione diretta ed indiretta, è fortemente negativa, mentre non si sono realizzati i risultati attesi dalla conversione dei beni in quote dei fondi immobiliari Invimit sgr i cui proventi di vendita dovranno essere contabilizzati a riduzione dell`indebitamento netto”. E’ quanto emerge dalla relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell`Inps per l’esercizio finanziario 2018, che tuttavia segnala un “cambio di passo” per il 2019 . Senza alcun dubbio, il problema aperto da questo breve focus prevlentemente fiorentino, riporta alla domanda principale: è sostenibile, in comuni come il nostro con una fame di case endemica, per le famiglie impoverite da una crisi ingigantita dalla pandemia, restare a guardare alloggi vuoti e non utilizzabili?
Sul punto, la segretaria regionale del Sunia Laura Grandi ha le idee chiare. “Al di là del fatto, che deve essere chiarito dalla stessa Inps, se gli alloggi vuoti che rimangono in pancia all’Istituto siano stati conferiti o no al fondo chiuso i3-Inps oppure si trovino in vendita all’asta (anche se sul sito del Notariato, dove viene data notizia delle aste, non se ne trova traccia) il dato di fatto nudo e crudo è che in città, dove la richiesta di case, già enorme anche per i ben noti problemi di “occupazione turistica” di cui ci siamo occupati a più riprese, rischia di diventare esplosiva nel momento in cui verranno sbloccati gli sfratti, esistono almeno una novantina di alloggi inutilizzati che segnalano un gigantesco paradosso. Pur essendo consapevoli che la soluzione dell’emergenza abitativa non può provenire “solo” da questi 90 alloggi, ci chiediamo se sia possibile, per il Comune, trovare una soluzione, anche giuridica e in vista della prossima emergenza che andrà ad aumentare la difficoltà di una situazione già di per se’ disastrosa, trovare uno strumento per utilizzare alloggi vuoti da anni. Una modalità che potrebbe essere poi riproposta per tutto il “parco” di immobili vuoti che i vari enti continuano a possedere, anche nella nostra città. E sto pensando, nemmeno troppo velatamente, alle centinaia di immobili che hanno in pancia gli Istituti bancari: frutto di pignoramenti immobiliari andati a buon (ahimè) fine”.
La possibilità di utilizzo di questo parco alloggi ad ora inutilizzato, potrebbe anche venire incontro a un’altra grande problematica, particolarmente sentita a Firenze. “L’introduzione sul mercato di alloggi a canoni calmierati, magari dati in comodato gratuito ai Comuni per un periodo da stabilire (almeno 15 anni) potrebbe senz’altro contribuire a riportare alla normalità un mercato degli affitti che vede, nonostante la pandemia, canoni sempre alti rispetto alla media, o perlomeno tanto alti da corrodere in modo inevitabile il reddito delle famiglie, conducendole, anche quando lavoratori, alla morosità”, conclude Grandi.
Foto: Caterina Pecchioli