Firenze – Si è tenuto oggi 9 marzo 2019 al Palagio di Parte Guelfa di Firenze il Convegno: “Alienazione Parentale e nonni. Separazione personale, minore e alienazione parentale: un fenomeno giuridico e psicologico che coinvolge genitori e figli, nonne e nonni. Cos’è? Cosa fare? La parola agli esperti; responsabilità civile e sociale degli operatori di giustizia”. L’evento è stato organizzato dalla Associazione Nonne Nonni Penalizzati dalle Separazioni Onlus e dalla Fondazione per la Formazione Forense.
Pubblichiamo una riflessione dell’Associazione Antiviolenza Artemisia sul tema del convegno.
Al di là del riconoscere che i nonni, le nonne e tutta la famiglia allargata, vengano coinvolti nei percorsi separativi delle coppie, ci preoccupa il fatto che, al posto di approfondire in modo articolato e complesso questa tematica, si continui a fare ricorso semplicisticamente al costrutto di alienazione parentale, sostituto “accettabile” sembra della cosiddetta sindrome di alienazione parentale.
Sappiamo quanto l’uso di questa lettura di alcune situazioni familiari dove è presente violenza abbia potuto portare a esiti fatali nel nostro paese. E quanto renda difficile alle donne vittime di maltrattamento e ai loro figli e figlie poter essere credute e tutelate/i.
Pertanto ci sorprende e dispiace vedere il Comune e gli Ordini Professionali dare sostegno a iniziative che tornano a dare fiato alla presunta “sindrome da alienazione parentale”, cavallo di battaglia dei tanti Pillon e lettura rigida e semplicistica di situazioni altamente complesse, dove spesso sono presenti nei minorenni traumi relazionali che non vengono visti.
Ci sorprende il fatto che questo sostegno all’iniziativa sia in aperto e chiaro contrasto con tanti altri Convegni dagli stessi ugualmente promossi fino a pochi giorni fa.
Mentre la maggior parte del mondo della tutela e della giustizia, dei movimenti femminili, della cultura (tra gli altri D.i.Re, CISMAI, AIAF, Unione Camere Minorili, Anamef, le realtrici speciali delle Nazioni Unite sulla violenza e la discriminazione contro le donne Dubravka Simonovic e Ivana Radacic, ACLI, CNCA, Movimento per l’Infanzia, CGIL….) si mobilitano per chiedere il ritiro del disegno di legge Pillon (scegliere tra i link: http://www.rai.it/dl/portali/site/puntata/ContentItem-61a7d3d3-4097-4780-82fe-9eabc1e02753.html), mentre le firme raccolte dalla petizione promossa da D.i.Re (Coordinamento Italiano dei Centri Antivioleza) per il suo ritiro sono oltre 153.000, riteniamo necessario ricordare che il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto con la sigla DSM, anche nella sua quinta edizione, non riconosce la PAS come categoria diagnostica in quanto risultano assenti prove scientifiche che la convalidano.
L’ Istituto superiore di sanità nel 2012 ha affermato che la PAS non ha adeguati riscontri empirici e di ricerca. La Corte di Cassazione (sentenza 20 marzo 2013 n. 7041) la definisce una teoria senza alcun fondamento scientifico. La Corte di Strasburgo e di nuovo la Corte di Cassazione, in anni più recenti tornano sul tema, riconoscono la problematicità di situazioni di separazione e raccomandano di fare attenzione alle dinamiche familiari, all’interesse superiore del fanciullo e a come questo si concilia col il diritto di visita, ma invitano a non confondersi con la presunta scientificità della PAS.
E come si può ignorare la protezione dei minori sancita in sede internazionale? Una tra tutte la Convenzione di Istanbul, recepita dall’Italia nel 2013, che prevede una salvaguardia speciale nelle vicende di violenza che vedono coinvolti i bambini. E che all’articolo 31 reclama dagli Stati “misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza”.
La Convenzione stabilisce anche che l’affidamento e la frequentazione non debba compromettere i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini.
Una questione, si sa, che riempie le pagine di cronaca nera sui giornali e sulla quale il 9 maggio 2018 è intervenuto perfino il Csm. “Spesso – recita il documento in questione – gli atti relativi al processo penale sono sconosciuti ai giudici civili e tale difetto di conoscenza può verificarsi persino nei casi in cui in sede penale, siano state adottate misure cautelari a carico del coniuge violento anche a tutela dei figli con la conseguenza che il giudice civile può pervenire ad assumere provvedimenti di affido condiviso del minore in tal modo incolpevolmente vanificando le cautele adottate in sede penale”.
Una presa di posizione importantissima, che va allargata anche al concetto di famiglia latu senso che ora rischia di rimanere lettera morta, seppellita da una riforma del diritto di famiglia che dà una sola risposta alle tante – e diverse – richieste di tutela.
Ma allora di cosa stiamo parlando?