Aldilà, aldiquà, fede e laicità

araboBisognerebbe suggerire ai solerti organizzatori dell’Ordine giornalisti e dell’Associazione stampa reggiana (ente privato senza fini né professionali né sindacali) che ci deliziano di punti mancanti con giornate su temi dalla contingenza settimanale, un convegno piuttosto dal sapore più duraturo e dagli orizzonti spendibili nei decenni a venire per chi volesse continuare a fare questo inflazionato e sopravvalutato mestiere. Cioè un corso sui meccanismi che regolano le vicende di Chiesa, nelle sue accezioni temporali come spirituali. Valente almeno 20 punti che anche per quest’anno risulterebbe così completato il tabellino di marcia. Tra loro infatti non mancano uomini di comprovata fede da sagrestia e solido curriculum catechetico. La probabilmente pallosissima seduta avrebbe comunque il merito di colmare il gap culturale che sempre più si registra nelle vicende che toccano in qualche modo l’aldilà e l’ipotetico viaggio verso l’ignoto del nostro spirito.

Le corbellerie a raffica che sovente si leggono e si sentono in questo campo son degne infatti degli interventi più sbilanciati durante le Giornate della Laicità. Anche se si rientrasse nella categoria dei mangiatori di preti e degli atei bestemmiatori di professione, una vaga infarinatura generale eviterebbe taluni scivolamenti verso un ridicolo sensazionalismo probabilmente più consono ai due secoli passati.

Dopo la presunta strigliata del Vescovo Massimo Camisasca al parroco di Brescello (recentemente “sciolto” per mafia) don Evandro Gherardi, cui avrebbe ingiunto il silenzio dopo essersi dialetticamente speso a favore dei suoi parrocchiani e cittadini, emerge ora in tutta la sua antistorica virulenza il “caso” della Messa a favore della Buon’Anima, quella del Duce Benito Mussolini. Da celebrarsi in semi-concomitanza con le commemorazioni del 25 aprile in quel di Carù di Villa Minozzo. Le cui altitudini evidentemente rallentano il processo informativo dei temi dell’avvenuta liberazione della nel frattempo votata Repubblica democratica fondata sul lavoro (più sperato che reale). Mons.Camisasca ha giustamente chiesto di rinviare il religioso rito pro-littorio a data meno strumentalizzabile politicamente.

Casus belli la calendarizzazione sul bollettino parrocchiale di S.Michele della nostalgica liturgia affinché il maggior numero possibile delle anime dei camerati estinti, in testa sempre quella del loro Condottiero, raggiunga il più velocemente possibile un luogo che non sia più l’Inferno (come presumibile da un punto di vista teologico e invocato da un punto di vista civico). A furia di preci e giaculatorie. Apriti cielo, forma descrittiva che ben si addice all’argomento: ne è scaturito un poco colto dibattito sull’opportunità o meno che il primo Pastore della diocesi vietasse appunto la Fascia Messa sostituendosi direttamente al Dio (di bontà e perdono) in cui crede per condannare il reo di piazzale Loreto da qui all’eternità.

Risulta già di retaggio medievale che la Chiesa entri nel merito delle ore finali dei resti dei dipartiti in possibile peccato mortale, vedi il commovente caso di Piergiorgio Welby cui è stato negato il rito funebre religioso. Che se dovesse arrogarsi il diritto-dovere di decretare anche il giudizio finale varcata la soglia suprema, torneremmo alle fedi più arcaiche. Ma non capite che il limite ecclesiastico dell’aldiquà è già un’importante conquista in sacrosanta chiave laica?

 

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