Il termine di intelligenza artificiale indica genericamente alcune attività più o meno complesse elaborate da macchine e sistemi che sostituiscono l’intervento umano, e sono in grado di migliorare, apprendendo dalle informazioni apprese. Raccoglie un grande interesse da parte delle aziende produttrici, operatori e fruitori per le infinite possibilità che si immaginano potenzialmente rivoluzionarie. Uno dei settori di interesse è l’uso di AI in campo linguistico. Ne parliamo con Claudio Marazzini, professore di Storia della lingua italiana e presidente dell’Accademia della Crusca a Firenze.
Professor Marazzini, oggi si dibatte molto su ‘AI e le molteplici applicazioni in tutti i campi. Come funziona nell’ambito linguistico?
Funziona assai bene. Padroneggia perfettamente il linguaggio, sia nell’interpretare le domande poste dall’utente, sia nel rispondere. Ma la cosa che ci rende più contenti è che ChatGPT sia ispirata a un reale plurilinguismo. Non saprei dire quante lingue conosca (certamente scrive nelle maggiori lingue d’Europa, come francese o spagnolo, ma anche in neogreco). Sicuramente usa l’italiano. Questa non è una cosa da poco: dobbiamo essere grati a chi l’ha programmata tenendo conto della nostra lingua e realizzando un prodotto che funziona: scrive meglio di quanto sappiano fare molti italiani ‘nativi’. Dobbiamo essere coscienti che la nostra lingua gode di considerazione internazionale. Ho letto alcuni commenti giornalistici in cui alcuni ‘esperti’ italiani si vantavano di consultare ChatGPT in inglese, perché “funziona meglio”. Sembra incredibile che gli italiani riescano a farsi del male da soli, anche quando qualcuno ha teso loro una mano.
Quali sono i vantaggi?
I vantaggi per l’italiano sono evidenti: la nostra lingua funziona anche in questa novità della tecnologia moderna. Guai se ne fosse esclusa. Se poi lei intende parlare dei vantaggi di ChatGPT, cioè del suo uso reale, questo è un problema diverso. Per ora siamo solo in una fase sperimentale. Ma è evidente (benché quasi nessuno l’abbia notato) che l’interesse di ChatGPT e dei concorrenti non sta nei contenuti, cioè nelle cose che “sa” (che possono essere estese a piacere, introducendo altri dati), ma nel fatto che le “dica” usando la lingua naturale. Insomma, si tratta di un esperimento linguistico, prima di tutto. Il resto conta meno. Naturalmente, AI padroneggia anche linguaggi non verbali, come quello matematico e come quello della programmazione. Si è visto che è in grado di produrre stringhe di programmi.
L’AI presenta anche degli svantaggi?
Certo. Il primo svantaggio sta nel fatto che fa girare la testa ai profeti ciarlatani, e così alcuni descrivono affrettatamente un futuro che non conoscono. I romanzieri si camuffano da scienziati di futurologia, e ci spiegano che non serviranno più gli insegnanti, che lo studio diventerà inutile, ed altre sciocchezze di questo genere. Piuttosto, nessuno si è accorto di una fondamentale differenza tra ChatGPT e AI di Bing. ChatGPT chiacchiera, è piacevole, molto piacevole, ma non dichiara le proprie fonti. È ottima per conversare, specialmente se si è in solitudine. AI di Bing, più simile a un motore di ricerca, è meno verbosa, ma indica anche le fonti. Mi pare che nessuno si sia occupato delle fonti, tra i commentatori nostrani, come sempre profondamente estranei alla filologia.
I modelli linguistici possono compromettere la qualità del linguaggio?
In che senso “modelli”? Nessuno impara la lingua da ChatGPT. Semmai è ChatGPT che impara la lingua dai testi di cui è stata nutrita.
Si può parlare veramente di linguaggio naturale con l’AI?
Certamente il cervello umano non acquisisce il linguaggio con le tecniche dell’AI. Le modalità umane per imparare a parlare sono del tutto differenti. La macchina ha probabilmente acquisito le sue capacità attraverso una sorta di accumulo quantitativo mostruoso di dati. Il cervello umano, invece, utilizza regole con cui può creare frasi anche partendo da una quantità molto limitata di dati. Però la macchina ‘simula’ il discorso umano, e lo fa molto bene. Ha ragione il grande linguista Chomsky quando insiste sull’immane differenza tra acquisizione umana del linguaggio e acquisizione meccanica. Di fatto, però, la macchina è ora capace di fare cose che prima non riusciva a fare. Tutto ciò è solo in mano degli americani, perché l’Europa è molto indietro.
L’aspetto linguistico subirà delle trasformazioni?
Quello nostro o quello della macchina? No, non credo che cambi qualche cosa per gli umani. I bambini continueranno a imparare il linguaggio materno per via naturale, la macchina trangugerà altri dati per imparare quello che ancora non le è stato insegnato.
Per l’Accademia della Crusca ci sono le premesse per un cambiamento?
Proprio no. Non cambia nulla. Per ora ci interessa osservare. Per esempio, come ho già detto, è interessante vedere che ChatGPT quasi non fa errori nell’uso della nostra lingua. Certo fa meno errori di un parlante nativo di media cultura, e comunque fa errori diversi da quelli umani. L’ho beccata in fallo solo per una parola inesistente, “beneficapitatori”. Le ho chiesto che cosa significasse quella parola strana, e si è subito scusata così: «Mi scuso per l’errore nella mia risposta precedente. La parola “descapitatori” è un errore di battitura e non ha alcun significato in questo contesto. Avrei dovuto dire “beneficiari”». Come si vede, ha sbagliato ancora citando il proprio errore, e ha cambiato nuovamente la parola sbagliata. Le ragioni di questo comportamento strano, ovviamente, non le conosco: stanno nel segreto della sua programmazione. Comunque AI di ChatGPT è molto cortese, quasi zuccherosa (più di AI integrata in Bing). È sempre molto educata (pare che lo sia più della concorrente). ChatGPT evita ciò che è politicamente scorretto o ideologicamente rischioso. Certamente non fabbrica “fake news”, come credono gli ingenui. È stata anzi ‘ripulita’ con grande cura da tutto quanto può far danni.
In foto Claudio Marazzini