AI e psicanalisi: “Delegare funzioni cerebrali muta il cervello umano”

L’analisi di Panayotis Kantzas esponente della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi

Cosa cambia, con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale e Sistemi Esperti Intelligenti? Cambia l’umanità. E’ questa in estrema sintesi, la risposta inquietante, ma anche del tutto logica, con la quale il professor Panayotis Kantzas, della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi  ripercorre le modalità e il dissidio fra conscio e inconscio, natura e civiltà, fino a mostrarci l’ultimo avvitamento, la rinuncia, potremmo dire. del cervello umano. O meglio, delle sue funzionalità.

Kantzas ha parlato in un convegno dal titolo “Il libero arbitrio e l’area dell’incertezza“si è tenuto presso il Campus delle Scienze Sociali dell’Università di Firenze nel quadro delle iniziative per i 100 anni dell’Ateneo. La rassegna, curata da Francesca Ditifeci, affronta in maniera interdisciplinare il tema del ruolo della tecnica nella relazione tra uomo e ambiente. Relatore d’eccezione anche Padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato.

Il professor Kantzas, per trattare il tema del libero arbitrio e dell’ambito di incertezza sollevati dall’Ai, ritiene necessario partire dagli anni ’50, quando “Alan Turing costruì una macchina in grado di risolvere problemi precedentemente ritenuti appannaggio esclusivo della mente umana“, ovvero, secondo il professore, Turing stava inventando ” un mezzo che cattura e riproduce, rendendolo manifesto, ciò che avviene misteriosamente nel nostro cervello, soprattutto nel nostro inconscio. Giorgio Colli, ma non è il solo, sosteneva che il mondo, il cielo, la stella, quest’aula, voi, non siano altro che rappresentazioni, il soggetto e l’oggetto si definiscono solo nella loro relazione. Se dobbiamo definire qualcosa come sostanza, questo non può essere che la relazione. Nella teoria della risonanza adattiva, i termini della relazione, oggetto-soggetto, sono qualificati come bottom up e top down. Il bottom up comprende le influenze ascendenti, gli stimoli, l’informazione, il mondo stesso, che, come diceva Eraclito, scorre, cambia con una velocità impressionante, niente rimane fermo. Top down comprende invece le influenze discendenti, i modi e le astuzie del cervello e della mente per organizzare il mondo caotico in un mondo coerente. Poi, a un certo punto, Colli coniò il termine “inconscio”. Sosteneva che da qualche parte esisteva una conoscenza che non si sapeva, ma che operava comunque al di fuori della nostra consapevolezza”.

Un altro passo fu compiuto da Jacques Lacan. “Jacques Lacan, rispetto a Colli, avanzò ulteriormente spostando l’interesse dalla rimozione dei contenuti alla struttura formale. Famosa fu la sua affermazione che l’inconscio è strutturato come linguaggio. La domanda è: come l’inconscio, che da ora in poi chiameremo struttura sottostante formale, esamina i dati ambientali? Ogni neurone è un agente cognitivo che possiede memoria, e interpreta gli stimoli che riceve basandosi su algoritmi disponibili. Ogni passaggio da neurone a neurone e da un’area a un’altra area, procede attraverso la costruzione di universali caratterizzati dall’inclusione e dall’esclusione. Il destino dell’informazione è deciso da una logica che si basa sul mio-non mio, conosciuto-sconosciuto e come diceva Eraclito, “si abbaia allo sconosciuto come fanno i cani quando incontrano quelli che non conoscono”.

I cani abbaiano a ciò che non conoscono, vale a dire, spiega Katzas, “che così fa il nostro singolo neurone: accetta solo quello che conosce, riceve solo quello che gli è familiare. Il processo continua finché la molteplicità non sia ridotta all’Uno. Ogni passaggio individua ed esclude il diverso, considerato una sorta di extracomunitario cognitivo che viene rigettato, eliminato o confinato in una sorta di campo profughi in attesa che sia deciso il suo destino. Si tratta dei cosiddetti resti, le pietre scartate, l’area di incertezza. La funzione di trattamento dei resti sarà cruciale per il funzionamento del sistema . Per ora è sufficiente affermare che l’inconscio, che è estremamente pericoloso, in quanto non è corretto dalla coscienza, così come l’intelligenza artificiale , i sistemi esperti, l’apparato cognitivo degli animali, è razzista, fobico, ossessivo e paranoico.

Se questo è un punto, il passo successivo, secondo lo psicoanalista, è quello di mettere sotto la lente l”intelligenza artificiale. In primo luogo, ” avendo una memoria pressoché illimitata, e una capacità di calcolo fantastica, è affamata di informazioni e la sua finalità non è la ricerca della verità, considerata una nozione priva di significato, ma il raggiungimento dell’obiettivo per cui è stata programmata. Desidera appropriarsi delle informazioni di noi tutti. Ciò che fa con questi dati, il suo obiettivo, è quello di metterli insieme, costruire un sapere, che poi viene brevettato come proprietà intellettuale . E, naturalmente, crea il profitto. Ma per ora è’ sufficiente affermare che l’intelligenza artificiale e i sistemi esperti sono così efficienti, precisi e rapidi, da escludere qualsiasi intervento umano. Il pensare di potere intervenire sono fesserie o nostre pie illusioni”.

Quale sarà il ruolo dell’AI nel nostro futuro prossimo? “L’intelligenza artificiale guiderà le macchine, perché non si ubriaca, non si distrae, rispetta le regole stradali e non parcheggia in doppia fila. Sarà l’intelligenza artificiale a controllare i contenuti del frigorifero e a ordinare la spesa, risparmiando notevolmente in tempo e denaro. Sarà l’intelligenza artificiale a decidere quanto e quando premere il grilletto, l’addestramento di un’intelligenza artificiale a guidare un aereo militare, è meno costoso e più rapido che addestrare un pilota, e nel combattimento vince sempre lei, così come nel gioco degli scacchi o nelle diagnosi mediche. La sua finalità è semplice: vuole svolgere rapidamente e con precisione il compito per cui è stata programmata”.

Ancora un passo avanti, e il problema che si pone è quello della libertà umana di fare scelte. Siamo ancora liberi, davanti a una AI che di fatto, avendo sempre più compiti e svolgendo sempre più ruoli, sceglie? “Certamente, si può dire che noi siamo liberi. Siamo liberi, certo, siamo liberi di usare l’aratro per arare il nostro campo anziché il trattore. Ma se lo facciamo, la nostra scelta sarà considerata se non stupida, almeno bizzarra”. tirando le fila, dunque, sarà difficile uscire dal circolo chiuso in cui l’AI rischia di caciare l’umanità. Anche perché l’umanità ha escogitato per sé un grande strumento, ovvero il linguaggio. E non è detto che il linguaggio possa davvero essere strumento per l’AI.

L’importanza del linguaggio e il suo rapporto con l’AI richiede una breve premessa sul tema del linguaggio. Se il linguaggio nasce “misteriosamente”, come spiega Kantzas, dalla soppressione del principio della prepotenza cieca del potere ( “Totem e tabù” di Freud appare nel 1913) da cui nasce il principio dell’Amore (Venere) e della Legge (le Erinni custodi della Legge) , passaggio che segna la svolta dallo stato di Natura alla Civiltà, possiamo dire che la castrazione-distruzione del potere cieco equivale ad imbrigliare l’inconscio e a partorire i linguaggio. Un dato importante per la consapevolezza dei meccanismi di funzionamento dell’AI. “Se Lacan diceva che l’inconscio è strutturato come il linguaggio, oggi possiamo dire che il linguaggio è strutturato come l’inconscio. Nell’universo chiuso dell’inconscio, ogni problema è puramente statistico., implica cioè la scelta di simboli già fissati in precedenza”. In altre parole, come l’inconscio, l’AI sceglie sempre ciò che riconosce e scarta “i resti”.

Continua il professore: “Come l’inconscio, così la macchina di Turing svolge solo operazioni statistiche all’interno di un codice con una procedura in cui i cambiamenti del modello non sono altro che versioni del precedente con piccole modifiche; cioè, è una procedura non semiotica. Il linguaggio aggiunge un altro sistema all’inconscio, definito come sistema sottostante formale. E questa volta, il sistema che viene aggiunto non è più formale. Il bottom up è fatto di parole, frasi, racconti, poesie; il mondo e la materia diventano spirito e abitano il corpo. Il top down, il cervello, la mente umana, subiscono una trasformazione unica e radicale; i contenuti del sistema sottostante, cioè quelli dell’inconscio, vengono trasformati in parole, e filtrati, costituendo così dei temi cognitivi più alti, astratti, modificano i contenuti e, insieme, la precisione e la rapidità in cui il sistema funzionava precedentemente. Con l’introduzione dei codici linguistici, il processo cognitivo è costretto a esaminare la stessa situazione da prospettive diverse. La parola non è come i numeri, e in ogni parola c’è una considerevole incertezza, lasciata all’interpretazione del soggetto. Una singola parola può sembrare priva di senso, ma il suo senso si ricava dal contesto. Un numero fisso di parole può essere usato in modo infinito, e gli elementi che arrivano all’apparato cognitivo non sono solo parole, ma interi racconti, che formano una certa metalogica”.

Da ciò deriva che “Un procedimento, basato su oggetti, può essere delegato a un computer, ma quando gli oggetti diventano parole con molti significati, ciò sarebbe possibile solo cristallizzando la parola, riducendo la sua potenzialità semantica. La strategia bayesiana può funzionare all’interno di uno spazio semantico chiuso, ma non in una situazione complessa. Il problema è complesso quando non sia risolvibile da un singolo algoritmo. Lo scambio algoritmico è una procedura non algoritmica; Si tratta della creatività; e la creatività è una delle astuzie della ragione umana per controllare il caos. Nell’ermeneutica creativa, la punta equidistante i significati, non si condensa mai in un punto; il resto, l’extracomunitario, i pidocchi di Eraclito, l’incommensurabile dei pitagorici, diventano l’oggetto che causa i desideri. Nel processo senza fine, a spirale, il godimento non è più quello del gatto che fa le fusa, ma quello del santo che urla. L’apparato cognitivo umano, reso instabile dal linguaggio, si stabilizza tramite la creatività”.

E’ dalla lezione socratica che si evince la differenza sostanziale, ma anche i baluardi della “resistenza” umana all’AI. Socrate istruiva gli ateniesi sull’etica e l’estetica. “L’etica e l’estetica erano i nuovi elementi per aiutare ad ordinare il caos. Il bene e il male, il bello e il brutto entravano nel top down umano e accanto al sistema procedurale, cominciavano ad operare un altro sistema rappresentativo, che condizionava ed obbligava i percorsi. L’apparato cognitivo umano non è più al di là del bene e del male, al di là del bello e del brutto, ma tra il bene e il male, tra il bello e il brutto. L’etica e l’estetica, insieme alla creatività, salvano l’uomo da un disastro cognitivo perché contengono le possibilità, semplificano il sistema, riducono le scelte; alcuni percorsi sono eticamente ed esteticamente proibiti o incoraggiati. L’ermeneutica creativa anela l’ultreya et suseia, che non può essere realizzata se non implica il referente esterno, un garante trascendentale. Nell’ultimo libro di Platone, Le Leggi, scritto poco prima di morire, il filosofo cambia posizione, rispetto a quello che aveva scritto ne La Repubblica e ne I Governanti. L’unica cosa non ammessa, per un governante, secondo l’ultimo Platone, è l’ateismo. Dio deve essere presente e garantire che il Buono, il Giusto, il Bello, nella loro perfezione, esistono. Abitano nel Mondo delle Idee e noi, guidati dall’ Eros, dall’Amore, cerchiamo di raggiungerli”.

Creatività, Etica, Estetica. Ma l’ermeneutica, nell’intelligenza artificiale e nei sistemi esperti, “è ripetitiva, a cerchio, non è creativa, né etica, né estetica. Non ne ha bisogno come la mente umana, funziona perfettamente ed è in grado di fare qualsiasi cosa che gli si ordini di fare. L’intelligenza umana e quella artificiale sono diverse fra di loro nelle modalità stesse del funzionamento, e partendo da questo dato di fatto, dobbiamo astenerci dalle fantasiose e fastidiose discussioni su quanto questa è uguale a quella, o discorsi che in qualche modo occultano il vero problema. Il dibattito come si sta svolgendo ora è assolutamente insufficiente, anche quello che si svolge in Commissione europea. Si cerca in tutti i modi di evitare il vero problema”. E qual è il vero problema?

“Intanto, l’intelligenza artificiale non è definibile ad oggi, perché si tratta di una cosa in continua evoluzione, che cambia di giorno in giorno. per cui non si può “acchiappare”, ed è perciò inutile partire da una sua definizione. Per quanto mi riguarda, ho trovato una definizione che ritengo giusta, ovvero, non appena si riesce a programmare una qualche funzione mentale, immediatamente si smette di considerarla un ingrediente del vero pensiero. Questo significa che ogni volta che deleghiamo una qualche attività mentale a una macchina, questa cosa cessa di essere nostra. Vale a dire, nel momento in cui uso Google maps per trovare un luogo, smetto di utilizzare il mio senso di orientamento. Il mio cervello diventa incapace di trovare la strada persino per arrivare a casa. Sarà Google Maps a farlo. Ma questo in ogni settore , ormai è inutile illudersi, non è ciò che accadrà ma ciò che accade, e ciò succede sin dalla più tenera infanzia, quando mettiamo gli infanti davanti a uno smartphone che trasmette un cartone animato che è sempre lo stesso. E’ in atto una strage di innocenti, una sorta di lobotomia cognitiva. Si distruggono i cervelli”.

Tirando le fila, dice Kantzas, “Stiamo costruendo un’umanità completamente diversa, strutturalmente diversa, con un cervello che funziona in modo diverso da quella precedente. Guardiamo alla dimensione della nostra vita online: spesa alimentare, conti in banca, lavoro, amori sono ormai online. Le nostre città stesse sono ormai online. Abbiamo perso ogni possibilità di vivere la vita reale”. Aggiungiamo: se il nostro cervello muta, perdendo capacità in nome di un’AI sempre più invasiva e capace di scegliere, ma non dotata, per struttura propria, di etica, estetica e creatività, non solo nascerà un’umanità totalmente diversa da quella che ha vissuto su questo pianeta fino ad ora, ma per questa nuova umanità sarà sempre più difficile, a furia di delegare, operare la scelta. Ovvero, dar luogo al libero arbitrio.

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