Agroalimentare, la criminalità “adora” il Made in Italy

Pistoia – Il Made in Italy tira ed attira anche il malaffare, è la quotidianità. Martedì scorso (6 dicembre), a Pistoia Gian Carlo Caselli, Presidente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare già Procuratore nazionale antimafia, concludendo i lavori di un importante seminario a Pistoia, snocciolava le cifre del business del falso made in Italy, vale a dire 60 miliardi di euro in tutto il mondo, con 17 miliardi euro direttamente gestiti dalle agromafie. Nelle stesse ore al mercato ortofrutticolo di Firenze venivano sequestrate dall’Ispettorato repressione frodi nell’agroalimentare (Icqrf) due tonnellate di arance marchiate col tricolore, che invece proverrebbero dalla Spagna. A conferma che l’appeal sui consumatori esercitato dal made in Italy stimola i furbi.

Il seminario a Pistoia, che ha fatto il punto, alla presenza di studenti, aziende agricole e istituzioni sul fenomeno della illegalità e degli inganni che ruotano attorno ai prodotti agricoli, si è avvalso dei dati che la Fondazione ‘Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare (creata da Coldiretti per favorire la consapevolezza del mondo civile e istituzionale) ha presentato. Un’influenza, quella della criminalità organizzata sul Made in Italy, perniciosa anche per quanto riguarda la nostra agricoltura regionale, come ha ricordato Simone Ciampoli, direttore di Coldiretti Firenze-Prato-Pistoia: “Si stima che 300 mila posti di lavoro in Italia si perdano a causa delle attività di falsificazione e sofisticazione di prodotti: olio, vino, o prodotti di nicchia come il fagiolo di Sorana”. Al seminario su legalità e tutela del Made in Italy che è stato organizzato da Coldiretti e Camera di Commercio di Pistoia, sono intervenuti il prefetto di Pistoia Angelo Ciuni, esponenti dell’associazione Libera, della Camera di Commercio, e dell’Icqrf, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari.

A dare un quadro sistematico del fenomeno dell’Italian sounding è stato Rolando Manfredini, capo area sicurezza alimentare della Coldiretti, che ha posto in evidenza alcuni dati allarmanti, fra cui uno che riguarda direttamente la salute della gente: è cresciuto del 248% il valore di cibi e bevande adulterate sequestrate in Italia dall’inizio della crisi, con aumento del rischio sanitario. Oltre alla frode commerciale, che danneggia le vere produzioni nazionali, c’è un aumento del rischio per la salute, per produzioni di provenienza incerta o sconosciuta.

L’elenco di prodotti venduti come italiani ma che di tricolore hanno poco o nulla è impietoso: 2 prosciutti su 3 venduti come italiani provengono da maiali allevati all’estero; 1/3 della pasta è ottenuta da grano non italiano; 1 kg di patate su 3 viene dall’estero; 3 cartoni su 4 di latte UHT sono fatti con latte estero; 1 mozzarella su 2 è ottenuta con cagliate o latte non italiano; 1/3 dei prodotti venduti in Italia ed esportati come Made in Italy contiene materie prime straniere.

Il tema delle frodi alimentari, con rischi per la salute dei consumatori, che tanti danni arrecano all’agricoltura, è di assoluta attualità. La coincidenza dell’operazione antifrode a Firenze, con il nostro seminario a Pistoia ne è la conferma. Sono quotidiane le scoperte di frodi e di reati connessi al mercato agroalimentare -commenta Ciampoli – il nostro Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, creato da Coldiretti, sta svolgendo un ruolo essenziale nell’ambito della lotta al falso: oltre ad evidenziare le frodi commesse, mette in rilievo i notevoli risultati che l’azione di contrasto di magistratura e forze dell’ordine ottengono nell’ambito della repressione frodi. Risultati di cui beneficiano anche le nostre aziende agricole”. 

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