Firenze – Stare fuori costa. E costa ancora di più se chi sta fuori dalla propria città è uno studente. Uno studente fuori sede. Sono circa 20mila, in Toscana gli studenti fuori sede: fuori rispetto alla propria città o alla propria regione. Le spese che afforntano si ribaltano pesantemente sul reddito delle loro famiglie. Ciò significa, in questo periodo storico, una cosa molto precisa: che le famiglie che si possono permettere uno studente fuoris sede sono sempre meno. Con un pesante aggravio del divario di chances fra ceti sociali. In altre parole, ciò che si allarga è il divario fra chi può e chi no, con una destabilizzazione sempre più forte del nostro sistema sociale.
I dati del problema li rende noti la Cgil, che con il Sunia e l’Udu oggi ha incontrato la stampa per illuminare il panorama. Il costo principale è sicuramente quello legato all’affitto di un posto letto, che si tratti di una stanza doppia o singola, oppure di un monolocale quando la capacità economica è maggiore. Allo stesso tempo il sistema di diritto allo studio universitario italiano offre posti letto in strutture organizzate solo per il 2% degli studenti fuori sede, contro il 10% di Francia e Germania e il 20% di Danimarca e Svezia.
La situazione degli studenti prima dello scoppio della pandemia – Dalla ricerca a campione fatta da Cgil, Sunia e Udu (oltre 2mila casi trattati), nel 67% dei casi il contratto risulta totalmente in nero, mentre, per la quota restante, la metà dei contratti risultano registrati per una cifra inferiore a quella realmente pagata. L’affitto incide sul budget degli studenti fino all’80%. Il costo medio si attesta su 11-13 euro a metro quadro, un posto letto costa dai 200 ai 270 euro, una singola da 320 a 400 euro, e nel 75% dei casi di stratta di alloggi privi di qualsiasi manutenzione. Il 30% degli intervistati ha dichiarato difficoltà da parte delle famiglie a sostenere le spese, anche ridimensionando il bilancio familiare, tanto che il 15% di questi sta pensando di cambiare sede per riavvicinarsi alla famiglia. I centri maggiori risultano quelli con richieste di affitto più elevate, anche se il quadro è problematico anche nelle città di media dimensione, dove i residenti vengono espulsi da intere zone urbane a causa della competizione con gli alti canoni praticati dai proprietari grazie all’affitto dell’alloggio a più studenti. Nella maggior parte dei casi non viene redatto un contratto o viene registrato con una durata minima, con la prospettiva di un rinnovo a canone rivedibile e possibilità di aumenti. Per gli studenti universitari, quindi, a fronte di un quasi inesistente supporto pubblico, costi insostenibili del mercato privato, prevalenza di forme di irregolarità, illegalità ed elusione fiscale, l’accesso allo studio è strettamente legato alla capacita di sostenere soprattutto i costi abitativi.
L’impatto del covid – La situazione del mercato delle locazioni, durante il Covid, vede una situazione paradossale: ci sono maggiori disponibilità di alloggi in affitto, ma non è stato scalfito il costo dei canoni. Anzi, addirittura vediamo nel periodo di settembre/ottobre una piccola crescita del prezzo al metro quadro. Sunia, Cgil e Udu in Toscana, nel corso degli ultimi 3 mesi, hanno avuto 2.140 contatti di studenti che hanno disperatamente fatto richiesta di aiuto nel trovare un’abitazione: 22% sono cittadini stranieri, 78% cittadini italiani, il 34% non ha trovato case in affitto tra 900/1100 euro, il 19% ha trovato case tra 1100/1400 euro al mese, il 26% ha trovato case tra 600/900 euro al mese.
Le proposte – Dunque, a rischio, secondo la ricostruzione della Cgil, Sunia e Udu è il diritto, fondamentale, allo studio. Uno stato di fatto che però può cambiare, come spiegano MaurizioBrotini e Simone Porzio (Cgil Toscana), Laura Grandi (Sunia Toscana), e gli studenti dell’Udu Firenze-Pisa, avanzando delle proposte.
“Le soluzioni devono essere ricercate in un progetto complessivo di diritto allo studio, all’interno del quale devono essere individuate anche forme di sostegno abitativo per gli studenti fuori sede, altrimenti il concetto stesso di mobilità studentesca rischia di scomparire nel nostro paese bloccando ulteriormente le sue possibilità di sviluppo ed evoluzione sociale”.
Fra le azioni proposte e necessarie, “ampliare il parco alloggi pubblico per studenti in tutte le città universitarie, in particolare in quelle a più alta densità abitativa, per portarla almeno ai livelli degli altri Paese Europei. Soluzioni possono essere individuate anche nell’ambito dei programmi volti alla riqualificazione di aree urbane periferiche, prevedendo quote di alloggi in locazione per gli studenti fuori sede; rifinanziare la Legge 338/2000 per l’edilizia residenziale universitaria, aumentando gli stanziamenti, semplificando le procedure, perfezionando i criteri esistenti di partecipazione al bando; istituire un fondo nazionale di sostegno all’affitto per gli studenti universitari fuori sede indirizzato alle famiglie con redditi medio-bassi. Un fondo di 80 milioni circa sarebbe sufficiente ad attribuire un contributo all’affitto a circa 100 mila studenti fuori sede, riducendo la spesa abitativa dal 20% al 30%; combattere l’illegalità del settore e verificare la regolarità dei contratti: l’articolo 13 della legge 431/98 prevede che e nullo ogni patto che preveda durata e canone diversi da quanto stabilito dalla legge e dagli accordi sindacali; stabilizzare un sistema di vantaggio fiscale per le famiglie degli studenti fuori sede”.