Affitti brevi turistici, è l’ora della regolamentazione, pena il collasso dei territori

Un convegno promosso da Cgil e Sunia, ha messo sotto la lente l’allargarsi del fenomeno, che ormai investe tutta la Toscana

Firenze – Affitti brevi turistici, serve con urgenza un intervento che si sostanzi sulla regolamentazione, senza dimenticare la leva fiscale. Anche se, dice Rossano Rossi, segretario toscano Cgil, quest’ultima da sola non basta. “Si tratta di una delle poche cose che hanno aspetti innegabilmente positivi, ma non basta”, commenta, riferendosi alla ventilata ipotesi di un rialzo della cedolare secca, dal 21 al 26%, per gli alloggi in questione. Sono le parole del segretario Rossi a margine dell’iniziativa di questa mattina, venerdì 27 ottobre, un convegno sulle politiche abitative organizzato con il Sunia, focus sugli affitti brevi turistici e sulla necessità della loro regolamentazione. Un problema che, portato avanti dai sndacati degli inquilini e in particolare il sunia da anni, è diventato via via argomento e probema nazionale. Tanto più in città d’arte come Firenze, Venezia e Roma, senza dimenticare Milano. Non solo: nella regione Toscana, come dimostra lo studio presentato da Grazia Galli di Progetto Firenze, la questione degli affitti brevi con le connesse ricadute sociali riguarda l’intera rete dei Comuni della regione, salvo due, Agliana e Montemignaio.

Nutrito il parterre degli interventi, con alcuni nomi di spicco nazionale come il cosituzionalista dell’Università di Macerata Giacomo Menegus, fra i padri della proposta di legge più accreditata a livello nazionale, quella di Ata (Alta Tensione Abitativa) al docente unversitario del Politecnico di Milano Alessandro Coppola, ai vertici toscani della Cgil e del Sunia, al presidente della regione Eugenio Giani, fino alla visione europea di Francesca Artioli docente di urbanistica dell’Universitè di Paris Est. Coordinatrice Gessica Beneforti, della segreteria toscana della Cgil. I saluti d’apertura vengono portati dal presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo.

Analisi interessanti, sempre utili per ricostruire il quadro in cui “ciò è potuto accadere”; ovvero, diminuzione del patrimonio immobiliare accessibile ai cittadini residenti, in particolare alla classe media tout court, come dice il professor Coppola nel suo intervento, in cui, riferendosi a Milano, spiega che ormai anche la fascia medio-alta della società è in sofferenza rispetto a un costo della vita ggravato a dismisura dalla spesa abitativa; sotto accusa, un mercato immobiliare “drogato” da ciò che doveva essere solo un incremento residuale di reddito per le famiglie colpite dalla crisi, ovvero l’affitto breve a turisti a cronologia breve, e che è diventato ormai un fenomeno da cui tutte le grandi città europee devono difendersi, mettendo in campo regole nuove e limiti “mentre nel nostro Paese si sta ancora a discutere se si limiti o meno il diritto di proprietà”. Una discussione, dice ancora il docente, vecchia di trent’anni, che non tiene conto dei cambiamenti intervenuti nel frattempo e neppure della banale verità, ben evidente nella norma costituzionale, che la proprietà possiede di per se’ un profilo pubblico che la rende per sua natura oggetto di contemperamento e equilibrio sociale.

Il polso della situazione abitativa in Toscana e quanto incide sulla vita delle famiglie il costo dell’abitare, è stato il tema dell’intervento della segretaria rgionale del Sunia Laura Grandi. “E’ possibile parlare dell condizione abitativa dei toscani senza ricorrere all’allocuzione “emergenza abitativa”? No – dice Grandi – i dati del XII° Rapporto regionale presentati ieri (giovedì 26 ottobre, ndr) hanno suffragato ciò che diciamo da tempo: è difficilissimo per i cittadii vivere nella nostra regione”. Da sottolineare il salto di qualità: “Quando fino a poco fa si parlava di emergenza abitativa, si intendeva sostanzialmente la Città di Firenze”, al centro Unesco e centro storico, in cui, in meno di un lustro, si è verificato un cambiamento che al momento appare ireversibile. Ovvero, le persone, i cittadini, gli studenti, i lavoratori, non riescono più a trovare un alloggio a prezzi sostenibili. Il problema pur con tutte le avvisaglie del caso ( si parla già di segnali risalenti al 2018), è scoppiato nel 2022, quando il fenomeno degli affitti brevi “è dilagato in modo incontrollato, avvenendo senza nessun intervento da parte legislativa, a differenza di quanto accaduto nella maggior parte dell’Europa”.

Del resto il dilagare di Airbnb, affitti brevi, attività di tipo extralberghiero, è andato ad aggravare una situazione gà difficile, “trasformando intere areeresidenziali in attività di pernottamento, senza nessun vincolo, senza una vera situaizone lavorativa, con effetti pesabtissimi su un tessuto residenziale urbano” delicatissimo, in particolare riguardo anche a quel bilanciamento armonioso fra varie estrazioni sociali che convivono, come da sempre successo, in particolare a Firenze e in particolare nel suo centro storico. Qualche dato ende evidente questa nova situaizone: a Firenze, ricorda Grqndi, “ci sono 13mila alloggi iscritti sulla piattaforma per le locaizoni turistiche, ma altrettanto il fenomeno si sta allargando in Toscana”. Appartamenti a destinazione turistico-residenziale che non hanno bisogno di rispettare alcuna regola igienico-sanitaria, di sicurezza, ecc. “Siprattutto tssato, ad oggi, di una vergognosa aliquota del 21% se ci si trova sotto i 4 appartamenti, mentre si vocifera di una tassa pari al 26%, anche se da ultime voci sembrebbe che qualche forza di governo si opponga”.

Il problema abitativo “punisce tutti i cittadini toscani, non ci sono campanili”. Le mappature realizzate da Grazia Galli per Progetto Firenze, fanno emergere che nei territori col bollino rosso, ovvero dove ci sono più problematiche di emergenza casa come sfratti, lavoro povero che non riesce a sostenere l’affitto, problemi sociali e economici, sono più alte le presenze di alloggi dedicati ad affitti brevi turistici. Del resto, continua Grandi, “la presenza degli affitti brevi incide per il 30% nella questione dell’emergenza abitativa, come risulta dai dati incrociati nei luoghi dove ci sono più presenti gli affitti turistici”. Cosa sigifica emergenza abitativa, lo si può capire dalla proporzione, ad esempio, fra sfratti e assegnazioni Erp: “A Firenze, afronte di 150 sfratti al mese, vengono assegnati 15 alloggi popolari”. Al mese, ovviamente.

Il diffondersi di attività extralberghiere “ha ricadute pesanti in assenza di strumenti urbanistici tali da potere controllare il fenomeno, che rischia di subire alterazioni irreversibili sia a livello economico che sociale che urbanistico”. Gli interventi, prosegue Grandi, necessari, devono essere di “stampo nazionale, regionale e locale”. Una richiesta rivolta lla Regione, “semplice ma efficace” è quella di modificare alcune norme, “valutando due semplici cambiamenti alle leggi regionali, ovvero introdurre la possibilità e non l’obbligo per i Comuni di distinguere due diverse destinazioni d’uso per gli immobili, una ad uso residenziale vero e proprio, e l’altra per uso a fini turistici”. Una destinazione, quest’ultima, non automatica ma soggetta a un filtro autorizzativo.

Ma di cosa si sta parlando davvero? Lo mette nero su bianco,o meglio su tabelle e grafici, Grazia Galli di Progetto Firenze, che attraverso l’utile esperienza dello sportello “Questo condominio non è un albergo” evidenzia le necessità e il punto di vista dei residenti.

Intanto, i dati sono utili per chiarire alcune “leggende metropolitane che sul tema ancora si raccontano. Intanto, l’utopia della casetta singola che conterrebbe nuclei felicemente in vacanza senza che la loro presenza ricada su chicchessia. Falso. A Firenze, “l’80% degli alloggi in affitto breve si trovano in condominio – rivela Galli – il che conduce ad approfondire il concetto della “proprietà”: i condomini sono comunioni di tipo forzoso, in cui si trovano parti in proprietà comune, la cui gestione è stabilita dalle quote di partecipazione, detminata da tabelle millesimali, che ogni singolo proprietario ha, in base alle dimensioni della proprietà e alla destinazione d’uso, ovvero dalle caratteristiche d’uso della proprietà”.

Uno snodo per capire che usi diversi e destinazioni d’uso uguali mal si conciliano. Che non sia un problema esclusivo di Firenze, lo si capisce dal momento che “lo stesso tipo di distribuzione c’è in tutti i capoluoghi della Toscana”, come si vede dalla tabella che mappa la distribuzione degli annunci fra condomini e case indipendenti. Tutto ciò vale per l’intera Toscana. “Ad ottobre 2023 – continua Galli, autrice dello studio – gli annunci unici per short term rental mappati dal sito AirDNA sono 68.039 e coprono 271 dei 273 comuni toscani”. Con l’eccezione di Agliana e Montemignaio. Non solo, in 16 comuni su 273, ovvero il 6%, il numero di annunci unici per abitazioni in short term rental (affitto breve) è maggiore o uguale al 30% delle abitazioni censite come “non occupate”, nel 2021 da Istat. Un valore che, come continua Galli, in altri 127 comuni varia fra il 10% e il 29%. Dati che sollevano un interrogtivo, ovvero come mai sui portali regionali le attività extralberghiere risultino meno di 20mila.

Ma c’è anche un altro aspetto, ovvero quello che riguarda la situazione esistenziale-ambientale dei residenti. Mettendo in ordine il materiale proveniente dallo sportello fiorentino, emergono alcuni casi. Intanto, per quanto riguarda la relazione che intercorre fra le segnalazioni degli utenti e la densità delle attività ricettive extralberghiere in città, il Q1 si segnala di gran lunga primo per la presenza di annunci su Airbnb (74%) e di segnalazioni degli utenti (79%). La sorpresa tuttavia è un’altra, ovvero la risposta alla domanda “ci aita le unità immobiiari residenziali nei condomini?”. Per oltre 50%, secondo il campione analizzato nel dettaglio che riguarda i condomini su cui si è potuta cmpiere l’analsi, si tratta di turisti. La media si aggira fra il 20% e l’80% di turisti rispetto ai residenti.

Interessante anche la residenza del proprietario e l’attivazione dei servizi. Per quanto riguarda il primo punto, spiega Galli, prevale a maggioranza assoluta il numero di proprietari che non abita in loco, pari al 60% dei casi. Un 30% ha sì nell’alloggio dedicato ad affitto breve la residenza, ma vive da un’altra parte. Un 10% vive effettivamente nell’alloggio. Passando ai servizi, pulizie e cambio biancheria per l’83% sono appannaggio di ditte esterne. Ma è nellaccoglienza che si vede lo sviluppo della tecnica: il 56% dell’accolgienza viene fatta da remoto, mentre con “persona dedicata” è pari al 39%. Per quanto riguarda il rientro degli ospiti, il 36% utilizza il tastierino elettronico, un altro 36% ha le chiavi, un 23% utilizza Key box esterne. Quanto alla precauzione di cambiare il codice dei tastierini almeno qualche volta, i condomini residenti dichiarano di non saperne nulla.

Se il gioco è questo, ovvero avere sempre ricambi veloci di persone nel condominio (comunione forzosa, si ricordi) ecco i risultati sui residenti. Il 91% di coloro che si sono recati allo sportello ,denuncia la diffusa situazione di insicurezza, dovuta sia ai tastierini, sia alla permeabilità generale del condominio rispetto alla strada. Insicurezza che si appunta sul via vai di estranei, ma anche su accadimenti come principi di incendio, o, su un diverso tenore, la questione dei cumuli di biancheria sporca in attesa. Dove? “Davanti alle porte, sui marciapiedi esterni, sulle scale”. A valle di una pandemia, non serve certo a rasserenare la situazione, incontrare nei propri corridoi, scale e spazi comuni le pile di biancheria sporca in attesa. Del resto, è anni che un esercito di blatte si muove nelle viscere della città, in particolare del centro storico. A tutto ciò si aggiungano i rifiuti abbandonati, suppellettili e valigie negli spazi comuni, rumore a tutte le ore del giorno e della sera.

Non è finita. “Tutto ciò ha anche un altro aspetto, che si riversa sui costi condominiali – continua implacabile Galli – si parta da un semplice appartamento per 4 persone, famiglia residente, con gli spazi propri della vita quotidiana: camere da letto, cucina, salotto, bagni. Spesso ormai due bagni. L’uso è quello comune alla famiglia. Ma se lo stesso appartamento viene utilizzato per esempio, come un b&b, ecco che tutto subisce un’accelerazione di consumo” che diventa ancora più pesante per gli affitti brevi , dal momento che l’immobile viene “sfruttato” al massimo aggiungendo posti letto e bagni. L’alloggio fisico comincia a rendere al massimo, ma la ripartizione delle spese nel condominio non cambia: stessa superficie complessiva, stessa destinazione d’uso, i millesimi non cambiano, la partecipazione alle spese neppure. Eppure il carico è certamente più pesante, a cominciare dalla pulizia delle fosse biologiche, all’usura delle parti comuni come l’ascensore, la pulizia scale ecc. Tirando le fila, aumentano spese, usura, e a farne le spese sono i residenti.

Qual è l’utilità di analizzare questi dati? “E’ semplice – dice Galli – il problema è che ciò che queste segnalazioni rappresentano, a Firenze in cui questo aspetto è conclamato, sta dilagando in tutta la regione. La mancanza di regolamentazione produce lo stesso fenomeno in tutta la regione. Si tratta di un problema interno al sistema”. Eppure, tutto ciò non nasce dal nulla. La mappa delle densità di affitti brevi è perfettamente sovrapponibile a quella delle transazioni immobiliari secondo i dati del 2022. “Tutto ciò è frutto di scelte poliiche, di politiche abitative. Cerchiamo di comprendere bene il fatto che tutto questo lo pagano i cittadini”.

Un problema di sistema, non solo però per quanto riguarda l’utilizzo del patrimonio immobiliare del territorio. Il problema è legato, secondo il segretario della Cgil fiorentina Bernardo Marasco, a un problema di sistema produttivo, che spinge ‘acceleratore sulla rendita a discapito del lavoro. “Se si considerano i nuovi avviamenti al lavoro, si vede che fanno parte del quintile più basso della quantità di reddito o qualificazione legata alla forza lavoro”. Un dato inquietante, dovuto a motivazioni complesse. Nella provincia di Firenze, dice Marasco, “questo dato ha un acceleratore fotonico che è legato alla rendita. Un modello di sviluppo che ha alla base lavoro povero a terziarizzazione debole, che produce un innalzamento del costo della vita. Ciò che vediamo è che lavorare e abitare a Firenze è sempre più difficile”. Chi viene escluso dal circuito sono studenti, con perdita di saperi e competenze, le famiglie a basso reddito, ma anche il ceto medio tout court. Non si trova dunque manodopera qualificata per le imprese. “Non è possibile immaginare un’impresa di qualità senza lavoratori di qualità. Da questo si misura la tenuta della città. Se si svuota non solo di persone ma di saperi, la città impoverisce. Se non riusciamo a contrastare questo, ci illudiamo che valorizzare la rendita compensi l’impoverimento”. Ancora una volta, si tratta di scegliere il modello di sistema, sapendo tuttavia che se non si capisce che “occorre governare, costruire processi sociali, ci stiamo giocando la possibilità di avere processi produttivi all’altezza delle sfide globali”. Desertificare la città, perdere i suoi saperi storici, la sua compattezza sociale, diventa anche un’operazione economica perversa, un modello sbagliato di produttività che impoverisce non solo la coesione sociale, ma anche la possibilità di redistribuire e incrementare sviluppo, ricchezza, reddito.

Mentre Francesca Artioli porta la questione a livello europeo, da parte di Menegus viene offerto un’excursus giuridico sui vari passaggi di legge, dalle norme statali a quelle regionali a quelle comunali. Chiude l’incontro il presidente della Regione Eugenio Giani, che sebbene sottolinei che il turismo è un valore importante per l’economia toscana e anche la fattispecie di affitto breve possa contribuire all’econmia famigliare, dichiara la propria disponibilità a costituire un tavolo con tutti i soggetti interessati e ad aprire il dibattito sull’introduzione delle modifiche proposte.

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