Firenze – Affitti turistici, qualcosa si muove.Arriva il fisco e per molti la speranza è che cominci, con la pressione fiscale, una nuova era di riorganizzazione e trasparenza del settore. In particolare in Toscana dove i dati sono oggettivi: con 59.098 ogfferte, è la regione italiana con il più alto numero di appartamenti in offerta su Airbnb. A farla da padrona in regione è ovviamente Firenze, che vede 10. 576 offerte per affitti brevi, seguita da Lucca con 1687 e Pisa, con 1181. Così, la sentenza della Corte di Gisutizia dell’Unione Europea, che obbliga i portali di prenotazione a operare una ritenuta del 21% sui corrispettivi riscossi per conto delle locazioni non imprenditoriali, è per molti un passo significativo nella direzione della regolazione del fenomeno.
Ed è il presidente di Federalberghi Toscana (Confcommercio) Daniele Barbetti a commentare la sentenza della Corte di Giustizia europea, ponendo l’accento sul fatto che “così si riporta equità sul mercato”, mentre il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni rilancia, “speriamo che lo stesso principio si applichi ora per disciplinare il commercio elettronico”.
“Questa sentenza – chiarisce Barbetti – tocca molto da vicino la Toscana, purtroppo da sempre “paradiso” di Airbnb in Italia, ed è destinata a far emergere una fetta importante del mercato turistico, che finora restava sommersa alimentando l’evasione fiscale e distorcendo il mercato. Ora, finalmente, anche chi offre locazioni brevi sarà soggetto a tassazione come gli operatori di tutte le altre strutture ricettive. È il primo passo concreto per regolamentare un fenomeno che negli ultimi 10 anni ha stravolto le nostre città d’arte, minandone la vivibilità e rendendo di fatto inutile ogni pianificazione urbanistica per la gestione della ricettività e dei flussi. Pianificazione a cui invece sono soggette le imprese alberghiere”.
I numeri che emergono dall’analisi condotta dal Centro Studi di Federalberghi confermano che la Toscana è la regione con il più alto numero di annunci di locazioni turistiche sul portale Airbnb: quasi 60mila (59.058). Più della metà delle case offerte per affitti brevi (56,9%) resta aperta oltre sei mesi l’anno. Nella maggior parte dei casi (85%) si tratta di interi appartamenti. Il 70% degli annunci (41.225) è pubblicato da Host che gestiscono più di un alloggio; inoltre, come sopra, la maggiore concentrazione di annunci è nel comune di Firenze (10.756). A grande distanza, seguono i comuni di Lucca (1.687), Pisa (1.181), Siena (1.130), Cortona (1.089) e Viareggio (1.070). A ruota, compaiono molti comuni della costa (come Viareggio e Castiglion della Pescaia) e dell’isola d’Elba (Capoliveri e Campo).
“Sono numeri incredibili, che finora sono sfuggiti al fisco e alle statistiche ufficiali”, sottolinea il presidente di Federalberghi Toscana (Confcommercio), “e sono ancora parziali, visto che la nostra analisi ha preso in considerazione solo Airbnb, ma di portali simili ne esistono anche altri”.
Barbetti mette anche in luce le “quattro grandi “bugie” della cosiddetta sharing economy”. Innanzitutto, spiega, “non è vero che si condivide l’esperienza di vita in casa con il proprietario, visto che la maggior parte degli annunci si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno. Poi, non è vero che le locazioni brevi siano attività occasionali, dal momento che la maggior parte degli annunci si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all’anno, e neppure che siano semplici integrazioni del reddito, poiché moltissimi inserzionisti gestiscono più di un alloggio e questo si configura come una vera e propria attività economica imprenditoriale”.
“Infine – conclude Barbetti – non è vero che le nuove formule di alloggio turistico compensano la mancanza di offerta poiché gli alloggi presenti su Airbnb si concentrano nelle grandi città e nelle principali località turistiche, dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali. La realtà è che sfruttano la popolarità di luoghi già noti per trarne un vantaggio in termini di business”.
“Era davvero difficile pensare che un colosso come Airbnb, quotato in borsa con una capitalizzazione di 47 miliardi di dollari, fosse un semplice e disinteressato fautore della sharing economy e non una vera e propria OTA (Online Travel Agency), un’agenzia di viaggi on line come ne esistono altre”, aggiunge il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. “La sentenza della Corte Europea ha ristabilito la verità e fa ben sperare anche per il futuro del commercio elettronico, che ha bisogno di essere disciplinato: i proventi ottenuti dai colossi internazionali dell’e-commerce in una determinata nazione vanno tassati secondo la disciplina in vigore in quella nazione. Altrimenti, le nostre imprese non potranno mai combattere ad armi pari e pagheranno per sempre lo scotto di essere nate in una parte sbagliata del mondo. Il motto “stesso mercato, stesse regole” deve valere ovunque, off line e on line”.
Ed ora? Ora occorre, dicono da Confcommercio, dopo la chiarezza sul profilo fiscale, chiarezza dal punto di vista della natura della fattispecie: “E’ importante chiarire in cosa consista il contratto di locazione breve e quali siano le sue caratteristiche – spiega il presidente di Federalberghi Toscana (Confocmmercio) Daniele Barbetti – è di tutta evidenza che affittare un appartamento per una singola notte non si profili come un’attività di locazione ma come esercizio abusivo di attività ricettiva, a danno delle imprese dei comparti alberghiero ed extralberghiero che svolgono la propria attività rispettando le regole”.
Ed ecco cosa cambia. Le nuove norme che entreranno in vigore dal 2023 derivano dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea che ha dato parzialmente torto ad Airbnb nel ricorso sul regime fiscale italiano per le locazioni brevi. Lo Stato può chiedere di raccogliere informazioni e dati sulle locazioni effettuate e soprattutto di applicare la ritenuta d’imposta alla fonte prevista dal regime fiscale nazionale. Airbnb ha però segnato un punto a proprio favore, in quanto i giudici hanno ritenuto di accogliere l’eccezione di Aribnb circa l’obbligo di designare un rappresentante fiscale giudicato “una restrizione sproporzionata alla libera prestazione dei servizi”. In sintesi, la corte Ue si è pronunciata da un lato dichiarando legittima rispetto alla normativa europea la legge del 2017 (che impone a Airbnb di trasmettere i dati e fare da sostituto di imposta per gli host) dall’altra ha dichiarato non proporzionato l’obbligo che la stessa legge italiana stabilisce per le piattaforme, di avere un rappresentante fiscale in Italia. Ora il Consiglio di Stato dovrà decidere che fare. Probabilmente seguiranno altri ricorsi.
Sulla questione, abbiamo raggiunto la dott.ssa Grazia Galli, di Progetto Firenze, che, insieme alla segretaria del Sunia Laura Grandi, ha firmato una richiesta al sindaco Nardella proprio per la regolamentazione dell’uso degli immobili residenziali a fini ricettivi.
“Non sono un’esperta, ma senza l’obbligo di rappresentanza fiscale nel paese in cui le piattaforme operano, poco mi pare ci sia da entusiasmarsi – dice Galli – non solo perché senza questo non si può chieder alle piattaforme di fare da sostituto di imposta contrastando l’eventuale evasione di alcuni host; ma perché se fosse passato l’obbligo di avere una rappresentanza fiscale si sarebbe consolidato un passo importante per ottenere che le stesse piattaforme stesse paghino nel nostro Paese, e secondo il nostro regime fiscale, le tasse per i guadagni che provengono da intermediazioni su locazioni fatte in Italia. Così però non è stato”.