Aemilia: l’Appello conferma il primo grado tranne che per Pagliani che subisce una condanna

Sostanziale conferma dell’impianto accusatorio e della sentenza di primo grado, con la novità della condanna a quattro anni di Giuseppe Pagliani, consigliere comunale di Forza Italia di Reggio Emilia, in precedenza assolto. È l’esito dell’appello per 60 imputati che hanno scelto il rito abbreviato nel processo di ‘Ndrangheta ‘Aemilia‘, concluso a Bologna.

Ad aprile 2016 il Gup Francesca Zavaglia aveva pronunciato 58 condanne, fino a un massimo di 15 anni. Pagliani era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma i pm Dda aveva fatto appello e i giudici della terza sezione penale hanno riformato la sentenza.

Conferma, invece, del proscioglimento per prescrizione della corruzione elettorale per l’altro politico coinvolto, l’ex assessore Pdl di Parma, Giovanni Paolo Bernini: anche per lui la Procura aveva impugnato. Dimezzata la pena per l’imprenditore Giuseppe Giglio, da 12 a 6 anni: è il risultato del riconoscimento dell’attenuante per la collaborazione di giustizia.

La sentenza è stata accolta con sconcerto dai difensori di Pagliani: “Le sentenze si rispettano – ha detto l’avvocato Giovanni Tarquini – ma questo è un verdetto ingiusto”.

Ora Pagliani dovrà ricorrere in Cassazione.

E dopo la sentenza, lo stesso Giuseppe Pagliani (che ha annunciato di dimettersi sia dal Consiglio comunale di Reggio che da quello Provinciale) ha diramato questo comunicato:

“Rimango esterrefatto e profondamente deluso da una decisione che ritengo folle, un accanimento personale del quale a memoria non vi sono precedenti nella nostra Regione.

E’ incredibile che chi è palesemente innocente e perseguitato da un’accusa infamante, cassata dal Tribunale del Riesame e dal GUP in primo grado, debba continuare a difendersi per una condanna, assurda, ricevuta in appello.

Ho sempre fatto politica per idealismo e passione, stando sempre all’opposizione in una terra notoriamente difficile per la mia parte politica e non avendo mai avuto un briciolo di potere, né tantomeno incarichi nella gestione della cosa pubblica; la mafia mi fa schifo da sempre ed è vergognoso che qualcuno la associ al mio nome su di una Sentenza.

Oggi stesso comunicherò le mie dimissioni al Sindaco ed al Presidente della Provincia per potermi concentrare esclusivamente sulla mia difesa e nella mia lotta per far emergere la verità.

Continuerò la mia battaglia con rinnovata forza e convinto della mia totale estraneità, certo che questo incredibile errore giudiziario venga riparato in Corte di Cassazione”.

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