Impossibile catalogare Dario Fo, era ‘imprendibile’, ogni definizione gli andrebbe stretta. Noi vogliamo ricordarlo però, nel giorno triste in cui ci ha lasciati, certo in una maniera breve e incompleta, ma piena di gratitudine, perché il cammino artistico, culturale, politico di Dario – insieme con quello di Franca Rame – è passato innumerevoli volte da Reggio Emilia, si è intrecciato con la vita dei reggiani dagli anni Cinquanta ad oggi in forme, ambienti e con contenuti diversissimi tra loro: segno della sua poliedricità geniale, di una sapienza popolare unica che in lui pervadeva ogni azione, di una grandissima generosità e umanità.
Dario è stato amico di tanti di noi. Mi raccontano in queste ore di quando partecipò all’occupazione di una fabbrica di calze, nel 1976, in mezzo agli operai, che gli avevano chiesto di venire qui, con loro. E lui si presentò ai cancelli. Era così, semplicemente e profondamente popolare. Ed era laico, nel senso che parlava volentieri anche di religione e di ‘non religione’ senza pregiudizi, e per questo – ultima sua visita a Reggio Emilia nel aprile 2016 – ha partecipato alle Giornate della laicità.
Nella nostra città, che è città dell’infanzia ci sono diversi bellissimi episodi che hanno avuto Dario e i bambini protagonisti: il grande uomo di teatro, il giullare con il Nobel, sapeva cogliere di loro creatività, intelligenza e magia intuitiva. Al raduno nazionale dei Consigli dei ragazzi e delle ragazze nel 2007, parlò di infanzia e città con queste parole: ‘Ho visto qui affiorare la coscienza dei bambini rispetto alla città e ho pensato che altrove non è mai stata presa in considerazione veramente questa visione che hanno i bambini’. Queste parole di Dario Fo ci incoraggiano e ci spingono a proseguire sulla strada dei diritti, del pluralismo e della cultura quale bene comune.