Firenze – Ua mattina fiorentina fredda e uggiosa, credo di fine novembre, mi trovavo a suonare un campanello verso Ponte di Mezzo, a Firenze. Ero in missione di lavoro, mi avevano segnalato uno sfratto complicato, il vecchietto sotto scacco sapeva che sarei arrivata, i giornalisti a quei tempi erano ancora considerati un presidio dai cittadini, dunque arrivo e suono. Mi fanno entrare, nell’appartamento c’era l’anziano e il presidente dell’Unione Inquilini, anche lui scomparso, Vincenzo Simoni. Suonano alla porta: sarà l’ufficiale giudiziario? No, entra un signore in impermeabile tipo tenente Sheridan, capelli bianchi, occhiali. Saluta tutti, si presenta a me: “Paolo”. Bene, penso fra me e me, ecco un altro solidale. Campanello, ufficiale giudiziario. Si esce sul pianerottolo. Comincio a capire: Paolo Coggiola, assessore della casa a Firenze.
Me lo ricordo ancora, dopo quella prima volta, quando arrivava sugli sfratti “complicati”, in bicicletta, impermeabile, mantenendo una sorta di cortese compostezza, davanti a situazioni che avrebbero fatto rizzare i capelli in testa a chiunque, storie umane dolorose, vite in bilico, proprietari in qualche modo defraudati del diritto di riavere la casa, costretti a volte a fare da welfare laddove le istituzioni non arrivavano. Uno che, con la sua calma cortese, era capace di battagliare fino all’ultimo, di mantenere la posizione senza essere aggressivo. Soprattutto, nel bene o nel male, vedere il suo impermeabile, la sua bicicletta arrivare, dava la sensazione che il Comune non fosse distante, irraggiungibile, incomprensibile, ma avesse un volto umano, la capacità di entrare nelle case e condividere con sincero interesse le storie della gente. Insomma, dava l’idea che a Firenze importasse di Firenze, ovvero del popolo minuto, di quelle vite per cui basta un nonnulla per rimanere, scusate se oso, in mutande.
Ora che se n’è andato, anche se da anni non faceva più attività politica almeno pubblica, al di là delle sue vicende più strettamente partitiche, posso dire che lascia un vuoto che si aggiunge a quello lasciato da altri lottatori, da Lorenzo Bargellini a Vincenzo Simoni, da cui se lo dividevano collocazioni ideali e scelte di posizione (ricordiamo che Coggiola fu segretario provinciale di Rifondazione nel ’95, consigliere comunale fino al ’98, poi uscì dal partito per aderire ai comunisti Italiani di Cossutta, e assessore alla Casa con la giunta Domenici), lo univano fatalmente il sincero interesse per chi nasce dalla parte sbagliata della priamide. Insomma, a Coggiola, della gente, importava: arrivava in bicicletta e con pazienza ascoltava, discuteva, dirimeva . Cosa che ormai la politica non sa più fare, non vuole più fare, e che forse ritiene anche disdicevole.