Molto dipenderà dall’impatto numerico di sabato, quando i Comitati per l’acqua pubblica (anche da fuori Reggio) terranno la manifestazione degli “acampados” sotto il municipio. Con ironico corteo musicante per le vie del centro. Se saranno quattro gatti è un conto, se saranno molti di più è un altro. Si sa, gli amministratori sono più sensibili alle piazze numerose rispetto a quelle semi-deserte.
E’ pur sempre vero che nel caso specifico gli amministratori reggiani devono rendere conto a 170mila persone nel solo comune capoluogo e complessivamente a 450mila nell’intera provincia. Bocciato di fatto il cosiddetto (ma è parzialmente scorretto) piano Mirko Tutino, dal nome dell’assessore che lo ha propugnato fino all’ultimo, per cercare di salvare lo spirito della ripubblicizzazione dell’acqua senza incappare al contempo nella dura realtà dei bilanci vincolati da indebitamenti fuori controllo, il palazzo cercherà il piano B, quello a suo tempo avanzato dal vicesindaco Matteo Sassi sempre più in difficoltà col suo elettorato Sel. Cioè una società mista di gestione idrica.
Ma è questa una soluzione conveniente? Sia che Iren abbia il 51% (od anche il 49%) i meccanismi di gestione non sarebbero troppo differenti da quelli attuali con l’aggiunta comunque di un indebitamento che resterebbe considerevole (certo non paragonabile a quello dell’ipotesi “tutta pubblica”) e comunque sul piatto amaro della promessa evasa resterebbe pur sempre il “tradimento” dell’ideale referendario. Ed allora, a maggior ragione, conteranno solo i numeri.
Non resterebbe che il bando pubblico (almeno quello), facile e scontata preda di Iren ma, attenzione, elaborato in modo tale che ci siano meccanismi molto più vincolanti di oggi a favore del cittadino, sia sul fronte delle tariffe che su quello degli investimenti nelle infrastrutture nei servizi.
E forse questa potrebbe essere, in ultima analisi, la mediazione più utile, da una parte per le finanze dissestate degli enti locali, dall’altra per le tasche, messe ancor peggio, dei cittadini.