Il dibattito sulla ripubblicizzazione dell’acqua a Reggio Emilia
rischia di trasformarsi in un referendum sulla figura di Mirko Tutino,
assessore comunale ben inserito nel Pd locale e auto-lanciatissimo
verso una futura carriera nazionale Oltre a questo pilastro, la
diuscussione in corso ne ha un altro: il costo dell’operazione. Si
tratta di un tema fondamentale per decidere o meno se fare la nuova
società pubblica: e su questo versante, tutto indica che la bolletta
dell’acqua con la nuova società pubblica non diminuirà. Ma nessuno in
questa fase riesce a calcolare il ‘quantum’. Nonostante questo, però,
è partito un tam tam tutto politico sul fatto che sicuramente i
cittadini pagheranno di più, in assenza di dati certi. L’obiettivo del
tam tam non è il bene dei cittadini, ovviamente: è invece garantire
interessi esistenti e stoppare la carriera dell’assessore comunale.
Per fare una discussione completa sul tema della ripubblicizzazione
bisognerebbe tenere conto di moltissimi elementi, ma almeno tre mi
sembrano un buon punto di partenza.
Il primo, per gli smemorati, è che gli italiani hanno votato in
massa per la pubblicizzazione dell’acqua: lo hanno chiesto con un
referendum. Il dato clamoroso è l’inadempienza della politica rispetto
a questa indicazione chiara dei cittadini. Se Reggio lavora per la
pubblicizzazione, non fa nulla di bizzarro.
Il secondo dato è che le tariffe dell’acqua le fanno i sindaci. Sta a
loro assumersi la responsabilità della ripubblicizzazione, a partire
da un dato: dal 2008 a oggi quella tariffa è sempre aumentata senza
che si sia mai sollevato mezzo dibattito pubblico. Fa ridere il fatto
che ora ci sia una sollevazione, tutta politica, per lanciare
l’allarme tariffe. E negli anni scorsi? Non è che questo interesse è
un po’ ‘interessato’?
Terzo elemento. Qua tutti fanno finta di non vedere che la
ripubblicizzazione fa male in primo luogo a Iren, che Iren e i suoi
manager sono i primi a non augurarsela per motivi piuttosto ovvi.
I settori di Iren che sono più profittevoli sono due: acqua e rifiuti.
Lo si legge chiaramente nell’ultima trimestrale, lo si legge nella
presentazione del bilancio 2014 ed era così anche nel 2013. In un
momento di volatilità dei mercati, con il gas che è un pianto e
l’energia elettrica in sovraproduzione, l’acqua, e i diligenti
cittadini reggiani che pagano le bollette con estrema regolarità,
garantiscono un flusso di ricavi da 464 milioni nel 2014, in aumento
del 9% sul 2013. Attenzione: crescono del 9% nonostante la quantità di
acqua venduta sia praticamente allo stesso livello dell’anno
precedente (anzi, è scesa da 149 a 147 milioni di metri cubi). Chiaro
a cosa serve aumentare le tariffe?
In un periodo in cui le aziende private chiudono a frotte per mancanza
di liquidità, si capisce perchè l’acqua abbia un ruolo piuttosto
importante in Iren.
Togliere l’acqua reggiana alla multiservizi, magari scatenando un
effetto domino nelle altre province, costringerebbe in primo luogo i
pagatissimi manager dell’azienda a inventarsi qualcosa nei mercati non
regolati (ovvero tutti quelli in cui l’azienda ha più difficoltà) non
potendo più contare su incassi certi da un settore, l’acqua, in cui
l’azienda ha il monopolio di fatto.
L’argomentazione secondo cui la ripubblicizzazione serve solo
all’assessore Tutino per fare carriera potrebbe essere anche fondata,
ma ha lo svantaggio di ridurre il dibattito a quel livello da bar
sport che serve a mantenere intatti gli equilibri attuali.
In questo contesto, capire chi persegue il bene dei cittadini è
davvero complicato.