Insistono, i soci della cooperativa Acli Domus, non si vogliono dare per vinti. Dopo aver convinto il vescovo Massimo Camisasca (foto) ad interessarsi alla vicenda del crac della cooperativa edile legata all’associazione provinciale e che finì in liquidazione nel 2000 (con 53 famiglie reggiane che persero i soldi per l’acquisto di una casa mai realizzata), oggi tornano a farsi sentire, rivolgendosi di nuovo al vescovo con parole che suonano come un appello umanitario: “Continuiamo a rivolgersi a lei vescovo Massimo Camisasca e a lei vicario generale don Alberto Nicelli perché continuiate a tenere monitorata la vicenda, perché continuiate nella vostra opera ambasciatrice di mediazione con la sede nazionale delle Acli. Il crac della Cooperativa è grosso ma il debito verso noi soci con un po’ di buona volontà è sanabile. Una umanità più umana a cui noi tutti siamo stati educati e che siamo chiamati a trasmettere“.
Di chi sono le responsabilità di non aver vigilato sull’operato di queste persone negli anni in cui ricoprivano incarichi così importanti all’interno della cooperativa? E’ quello che i soci continuano a chiedersi e a chiedere, su una vicenda che ha visto finire a processo i vertici dell’ex coop (condannati senza però scontare nessun giorno di carcere) senza che ai soci reggiani – rimasti senza casa – sia stato risarcito nemmeno un euro.