Firenze – A spasso nel magico mondo di Donatella Mei che cresce nel suo giardino interiore, trae ispirazione e frutti da quello di casa e si diffonde fino allo studio, dove la sua immaginazione si concretizza in opere che ritroviamo anche in spazi museali, gallerie e case private.
Iniziamo la visita soffermandoci davanti ad un primo, grande quadro ispirato a Botticelli.
” Mi ispiro spesso a Botticelli, il più consumato artista rinascimentale, se così posso dire. Poco capito, ma tanto “consumato” e sfruttato nelle immagini pubblicitarie, consumato dai visitatori degli Uffizi quando, dopo averlo sfiorato appena con lo sguardo, si mettono in posa davanti alla Primavera per uno scatto. Difficile da capire, dicevo, perché Botticelli è stato forse il primo artista che ha dipinto un paesaggio, infatti la Primavera è proprio la raffigurazione di un paesaggio, di un bosco, non relegato ad una piccola porzione del quadro, ma soggetto esso stesso. Questa visione della natura e il modo di raffigurarla la sento molto vicina, ed è questo il motivo per cui anche questo mio quadro si basa sul prato della Primavera di Botticelli: un prato in controluce, dove la luce è dietro al bosco. Il controluce fu studiato e sperimentato a lungo dagli impressionisti, molto dopo di lui, che escogitò l’uso di una originale bordatura in oro delle foglie del prato per renderne l’idea. Un prato di fiori veri, tratti da un erbario medievale. ”
Passiamo poi alla seconda opera, luminosa e trasparente, come molte opere di Donatella
” Ho realizzato quest’opera espressamente per la collezione Targetti Art Light Collection.
I temi del mio lavoro riguardano sempre il giardino o gli artisti del rinascimento che lavorano sul tema della natura. Questa opera che si chiama Movie Movie, come la pellicola di un film gira e si riavvolge. Si tratta di una serigrafia, su light lexan, ispirata al labirinto che c’è nel mio giardino. Siccome il labirinto è circolare, circolare è anche il disegno su una doppia copia di light lexan . La seconda copia, sfasata rispetto alla prima, crea un effetto di maggiore profondità. La ruota che avvolge la pellicola serve a cambiare la scena, ovvero un nuovo punto di vista del labirinto. E’ una scultura mobile.”
A questo punto saliamo nello studio di Donatella
“Questo bronzo è il monumento funebre per un amico, che viveva in Germania e amava molto l’Italia dove veniva ogni anno. La struttura a chiave di violino, in memoria della sua professione di musicista, è avvinta da una pianta di edera, a significare l’eternità dell’affetto che mi lega a lui. ”
Ed eccoci davanti ad un’altra opera trasparente, utilizzata per la copertina del comunicato stampa del tuo Open Studio, in occasione della tredicesima edizione di “AMACI giornata del contemporaneo“
” Questo laghetto trasparente è lo stagno con ninfee che si trova in giardino. Come altre mie opere, è il risultato di una rielaborazione di mie foto, tecnica che ho adottato molto spesso per i miei lavori, che si rifanno, quasi sempre, al tema della luce e della trasparenza. Con questo particolare laghetto ho partecipato ad una mostra al Museo Marino Marini nel 2003. Una Light box particolare, ovale, che come l’altra raffigura foglie, che ho chiamato”Informe” perché è una foglia ambigua, che può sembrare una bocca umana. Sto lavorando molto sul concetto di trasformazione e sul tema dell’uguaglianza tra mondo animale e vegetale, perché entrambi hanno molti punti in comune”.
Ma cerchi di individuare gli aspetti antropomorfi della natura?
“Mi interessa soprattutto il continuo scambio e la contaminazione. Non so se sai che la drosophila è il moscerino della frutta e io ci ho lavorato tantissimo, ci sto lavorando tuttora. E’ il moscerino della frutta marcia, tanto per intendersi, e quello che ha di straordinario è il DNA simile al nostro. Sono rimasta molto colpita quando ho saputo che Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young, i tre premi nobel 2017 per la scoperta dei meccanismi molecolari che controllano il ritmo circadiano, hanno condotto i loro studi proprio sul moscerino della frutta.
Ho cominciato a lavorare sulla drosophila nel 2001, quando ho preparato un’intera installazione per una mostra (foto) basata sugli insetti , una serie di monotipi e collage su carta giapponese di pezzi di miei disegni. Sì, proprio pezzi perché, immedesimandomi nella drosophila, cercavo di guardare il mondo attraverso i suoi occhi che rimandano una visione frammentata della realtà. In quel momento io stessa ero la drosophila e guardavo il mondo così come lei lo vedeva. Ne ho fatti tantissimi, l’installazione era una intera parete coperta da tutti questi disegni, dalle basi che reggevano i vetrini di laboratorio in cui avevo ripetuto, a monotipo, i miei disegni.
Dunque, mi sembra di capire che il tuo lavoro si concentra principalmente sui temi della luce, della natura e della trasformazione.
“In realtà c’è un’altra tematica che sto sviluppando. A partire da un convegno sul tema della violenza subita dalle donne, a cui sono stata invitata a marzo, poiché lavoro sul tema della natura e sugli archetipi della natura nel tempo antico, partecipai con un’opera che si ispira alla scultura del Bernini in cui Apollo cerca di catturare Daphne che gli sfugge, trasformandosi in alloro. Qui si tocca il tema della violenza, ma si parla ancora di trasformazione e, poiché coltivo quest’idea della compenetrazione tra i tre mondi, animale, vegetale e minerale, ho in essere un altro progetto”.
Di cosa si tratta
“Sto pensando ad una mostra in cui io divengo foglia. Ci sto lavorando e sto creandola basandomi ancora su materiale fotografico, con la collaborazione dell’artista Carlo Cantini che si occuperà della parte fotografica. Anch’io contribuisco con mie fotografie che adesso ti mostro, anche se si tratta ancora solo di un lavoro in corso. Alla fine del lavoro io divento foglia.”
Puoi accennare alla mostra che si svolge nel tuo studio in occasione di AMACI?
” Per questa mostra Costanza Berti, Rebecca Hayward, Carlo di Gregorio ed io ci siamo basati sulla frase di Apollinaire “mes enfants si vous ne seriez sages vous n’aurez plus du paysage”, non ci sarà più paesaggio se non saremo saggi, con il lavoro che si chiama “Ultimo paesaggio“, perché temo proprio che il mondo sia arrivato al capolinea. E’ un’opera un po’ strana e ora te la faccio vedere.
Tra le carte di mia madre, che era un’antiquaria, ho trovato questo libro, il Parkinson Erbal del 1640, ridotto in queste condizioni. Parkinson era inglese e lavorava al servizio di re Riccardo d’Inghilterra. Prima di Linneo, Parkinson ha classificato le foglie, suddividendole in diciassette categorie sulla base delle sensazioni : piante che pizzicano, piante che profumano e via discorrendo. I disegni purtroppo devono essere stati messi in vendita come stampe, così io li ho rifatti, basandomi su erbari contemporanei . Per l’appunto il libro si chiama Theatrum Botanicum, come a significare che tutto forma uno spettacolo. Ho disegnato le foglie su questa carta particolare chiamata “papier Arches” , utilizzata dagli architetti, che quando si muove produce il fruscio di una foglia, una foglia un po’ secca. Legumine, catartiche, umbrellifere, le ho divise per genere, poi ci sono le erbe che sono tantissime, i funghi. Ne ho attaccato alcune con gli spilli, come quelle degli erbari antichi, altre le ho cucite perché devono essere esposte in un’installazione dando l’idea che si siano staccate e che possano volare via … Questo è il lavoro che presento ne “L’ultimo giardino”, del prossimo 14 ottobre. Ma questo non significa che sarà il mio ultimo giardino.”
Hai descritto alcune tue opere e parlato del tuo concetto di trasformazione e di compenetrazione tra i tre mondi, potremmo adesso accennare alla tua storia, nel corso del tempo?
“E’ molto difficile, per me il tempo è una variante molto strana. Sugli stessi temi vado e ritorno numerose volte, in un modo circolare. Non ho un inizio e una fine, ma torno sempre indietro, come Penelope, disfo la tela e la ritesso. ”
Ma facendo delle modifiche?
“Certo, facendo delle variazioni, e soprattutto degli approfondimenti. Ad esempio con la drosophila ho cominciato nel 2001 e tuttora vado avanti su questo tema. E’ l’eterno andare e ritornare. Il progetto delle foglie, legato al libro di Parkinson, è compiuto in se stesso ma fa parte di un mondo vegetale che io cerco di salvare da questo immane disastro che si va profilando. Io spero che un domani si salvi almeno un pezzettino di giardino, per scaramanzia lo chiamo “ultimo giardino” ma infondo spero proprio che non lo sia l’ultimo.
E anche questo mio ultimo lavoro, basato sul mio divenire foglia, ritorna al tema del divenire e della trasformazione. In questo caso di un umano che si trasforma in foglia, suggerendo sempre questo ritmo circolare della natura.
Come accennavo prima, l’altro tema su cui ho lavorato tanto è Botticelli, in quanto rientrava nel mio discorso legato alla natura: sul prato ho prodotto tanto, c’è anche una mia opera esposta in una teca della Galleria di arte moderna di Palazzo Pitti, che si chiama “Fuga dagli Uffizi“. Per quest’opera ho ricevuto un premio da parte di un’Associazione di donne americane. Come forse ricorderai, l’opera è composta da sei lastre di plexiglass e su ognuna è incisa una parte del prato di Botticelli, fatta da me in serigrafia. Sopra c’è l’orma sul prato del mio piede e il sandalo della dea Venere di Botticelli, dea dell’amore e quindi della nascita e di tutto ciò che è bello nella primavera, più importante della Primavera stessa, che in fin dei conti dipende da Venere”.
Come, in che senso?
” Venere è la vita, la primavera è un aspetto della vita. Per questo la figura della Venere è centrale. Il titolo antico non era Primavera ma Nascita di Venere. Venere è l’unica figura femminile che indossa una calzatura, oltre a Mercurio che indossa i calzari. L’idea della mia opera è che Venere, ormai stanca di stare in un luogo come gli Uffizi, scappa lasciando l’orma del suo sandalo impressa sulla base di plexiglass, ma il piccolo sandalo, come la scarpetta di Cenerentola, è rimasto. Questo concetto, l’idea della fuga, è piaciuto moltissimo. Su questo concetto e sul lavoro fatto nel 2003 ci sto lavorando ancora. Anzi l’ho cominciato nel 1993 per una mostra che si chiamava Cenerentola, realizzando un libro che raffigura le sei posizioni del piede in andata e ritorno.”
Ma possiamo tornare un attimo alla tua idea di compenetrazione dei tre mondi, che mi affascina così tanto
“Parlavo della divisione tra i mondi, quello vegetale, animale, minerale che in fondo è una divisione settecentesca, mentre i risultati delle nuove ricerche scientifiche annullano questa divisione. Il mio contributo d’artista a sostegno di questa idea consiste in una prossima mostra a cui partecipo con tutto il mio inventario di farfalle in ceramica o in bronzo, che documenta la loro trasformazione da bruco in farfalla. Ho realizzato piccoli insetti in cera, in genere drosofile, utilizzando una vecchia tecnica cinese che prevedeva l’uso della garza al loro interno, anche le ali sono fatte con la garza”.
“Per quanto la drosophila sia sempre la mia preferita e, nonostante che su questo tema abbia fatto varie mostre, anche presso l’Archivio di Stato, attualmente sto raccogliendo tutti gli insetti che trovo in giardino. qui c’è una libellula, che si è rotta a forza di usarla perché sta qui dal 2001, lo scheletro di una foglia, la cavalletta trovata pochi giorni fa, e l’ape, che in questo bellissimo articolo viene descritta come una lontana parente degli umani. Quindi, di nuovo, si ribadisce il concetto che non c’è tutta questa grande divisione tra gli esseri viventi, ma piuttosto si trova l’evidenza di aspetti comuni tra umani e insetti sociali.
“Sono centinaia di nidi, anche questi trovati in giardino. Ogni nido ha una sua architettura, nidi di forme e fatture diverse, tutti diversi, realizzati secondo le diverse tecniche di costruzione dei diversi uccelli. Come vedi ce ne sono alcuni fatti intrecciando ai rametti della lanugine, altri sono composti da rametti e foglie, poi questo è di un merlo e quest’altro così poetico. ”
Poetico è il mondo di Donatella, consapevole osservatrice e narratrice del mondo che la circonda.
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