Si svolge a Montreal un altro importante incontro per la difesa del nostro pianeta, messo a dura prova da un comportamento del genere umano ancora ben distante dall’essere esemplare. Dopo la recente conferenza delle nazioni unite sul clima che si è conclusa il mese scorso con risultati ritenuti deludenti, è ora a volta di quella dei paesi che hanno sottoscritto una convenzione sulla biodiversità (CBD), importantissimo volano della lotta per la preservazione della Terra.
I 192 paesi, tra cui l’Italia, che hanno firmato la Convenzione, si sono dati come obiettivo quello di fornire una visione strategica e una tabella di marcia a livello mondiale per la conservazione, la protezione, la restaurazione degli habitat degradati e la gestione sostenibile della biodiversità e degli ecosistemi per i prossimi dieci anni. I partecipanti hanno tempo fino al 19 dicembre per trovare rimedi a breve/medio termine che assicurino l’erosione della biodiversità, che si tratti di flora o di fauna. L’uomo sfrutta attualmente circa 50.000 specie vegetali e animali di cui da 10.000 a 12.000 per nutrirsi. La distruzione della natura, oltre a mettere a rischio il futuro delle prossime generazioni, provoca anche perdite enormi per l’economia mondiale: secondo l’Ocse, la natura arricchisce l’uomo tra i 120 e 145 di trilioni (miliardi di miliardi ) di euro all’anno, cioè una volta e mezzo il PIL mondiale. La distruzione di foreste ed ecosistemi farebbero perdere tra i 4 e i 20 miliardi.
La CBD era nata nel 1993 al Vertice sulla Terra a Rio de Janeiro proprio nella convinzione del valore insostituibile della diversità biologica da cui dipende l’evoluzione della vita sulla terra e quindi anche il futuro dell’umanità stessa. Da allora si sono susseguiti nel mondo gli allarmi per il crescente impoverimento nel mondo della biodiversità, messa a dura prova dall’uomo e dal riscaldamento climatico. Secondo il WWF oggi le specie si stanno estinguendo a una velocità 100 volte superiore a quella del passato.
La posta in gioco a Montreal è alta e ora si spera che la CBD segni un importante passo avanti in questa lotta per la preservazione del pianeta che negli ultimi mesi è sembrata subire un po’ una battuta d’arresto anche a causa della guerra in Ucraina che ha rimesso sotto forte tensione il problema delle fonti energetiche e ridato spazio al carbone, la più inquinante delle fonti energetiche fossili.
La COP 27 che si è svolta dal 6 al 18 novembre a Sharm el-Sheik non è riuscita a dare nuovo slancio alla lotta contro il riscaldamento climatico. Il solo risultato importante è stato quello di trovare un accordo per un aiuto finanziario ai paesi più vulnerabili che subiscono l’impatto del riscaldamento climatico. Dopo un’annata catastrofica per il clima e in particolare le inondazioni in Pakistan che hanno provocato oltre 1.700 morti, i paesi più ricchi difficilmente potevano rimanere insensibili e hanno quindi accettato, per la prima volta, di creare un fondo per venire in soccorso ai paesi più in difficoltà. Resta ora però il difficile compito di organizzare le modalità di funzionamento del fondo e le fonti di finanziamento.
Sugli altri fronti la delusione è stata grande: nessun progresso è stato fatto per quanto riguarda i livelli di emissione di CO2 o l’abbandono progressivo delle energie fossili e in particolare del carbone, nonostante l’energia fossile sia responsabile dall’85 al 90% delle emissioni antropiche di CO2 nel mondo. Il tentativo di allargare l’abbandono graduale di tutte le energie fossili è fallito a causa dell’opposizione di numerosi paesi, tra cui Cina, che è tra i maggiori responsabili delle emissioni inquinanti, e dell’Arabia Saudita, grande produttore di petrolio.
La pressione dei paesi produttori di petrolio e di gas hanno avuto un gran peso, ha scritto El Pais rammaricandosi che la dichiarazione finale « non faccia i passi avanti che reclamavano l’Unione Europea e un gruppo di altri paesi importanti che si attendevano a risutati più ambiziosi ». Insomma, come ha riassunto i quotidiano belga Le Soir, in Egitto era stato raggiunto un « risultato politico ma non climatico ». Secondo Le Monde poi la presudenza egiziana aveva prodotto un testo che « protegge chiaramente i paesi petroliferi e gli industriali dei combustibili fossili » in quanto nel paragrafo dedicato all’accelerazione delle energie rinnovabili lascia le porte aperte alle « energie a bassa emissione » e cioé al gas.
Il quotidiano parigino ha anche rilevato come alla conferenza fossero presenti 636 lobbysti del settore dell’energia fossile e che dietro le quinte fossero stati stipulati una ventina d’accordi in questo settore. iL giornale critica poi ferocemente l’organizzazione della conferenza sottolinenando come durante due settimane i 33.000 partecipanti , riuniti nel deserto della penisola del Sinai, avessero usufruito di aria condizionata a tutto andare in alberghi dai prati ben inaffiati, tra un via vai di aerei e bus…