In anni nei quali la grande cucina è soprattutto marketing e comunicazione, lustrini, fuffa e cotillons, ci sono ancora eventi enogastronomici che sono sinonimo di bellezza, autenticità e cultura. E’ il caso del “Tributo al maestro Georges Cogny”, che si tiene ogni anno sul finire di luglio ininterrottamente dal 2006 a Farini, in provincia di Piacenza nell’Alta Val di Nure. Da Reggio Emilia, patria del vostro cronista, sono 126 chilometri, dei quali circa 50 su strade provinciali. Un’ora e 45 minuti di auto, rispettando gli autovelox, premiati però dal fresco della Val di Nure. Abbandoniamo la pianura che è un forno infernale sempre sopra i 30 gradi, a Farini il termometro, quando il sole è calato, segna 21-22 gradi.
Last but not least, ci attende un pasto memorabile e nobilitato da piatti ispirati alle ricette del grande chef francese. La 13esima edizione del “Tributo”, un’occasione resa ancora più speciale dal 150esimo anniversario della fondazione del Comune di Farini, istituito con Regio Decreto da Vittorio Emanuele II il primo gennaio 1868, è andata in scena lunedì sera nella piazza del paese, balzato tre anni fa alle cronache, suo malgrado, per l’esondazione del Nure che devastò una parte dell’abitato. In cucina gli ex allievi del Maestro francese, chef assurti alla gloria delle stelle Michelin che hanno fatto della cucina piacentina una delle realtà più originali del mondo della gastronomia italiana. E il merito è in buona parte proprio dell’illustre Maestro, che, a partire dalla metà degli anni ’60 e fino alla sua morte, avvenuta nel giugno 2006 all’età di 74 anni, portò in questo lembo di Emilia al confine con Liguria e Lombardia, votato a pisarei e fasò (sian lodati e sempre sian lodati) e alla cucina di tradizione, la raffinatezza e la complessità di una cucina che a lungo è stata di livello superiore, quella francese. E questa è esattamente l’importanza storica della figura di Georges Cogny: avere fatto da trait d’union fra due mondi, la nouvelle cuisine francese e la cucina italiana, che in realtà è composta dalle tante cucine di territorio che ogni provincia, borgo e campanile da sempre è in grado di esprimere.
Per una sera, gli oltre 300 partecipanti hanno goduto di un’autentica cucina d’autore, proposta però eccezionalmente a prezzi popolari, anche grazie al lavoro e all’impegno dei volontari della Pro Loco e del vulcanico sindaco Mazzocchi.
Ospite d’onore della cena, come sempre, Lucia Cavanna, la donna, sposata nel 1957, per cui Cogny abbandonò i fasti di Versailles e Parigi, per venire a dar vita nel 1965, sulla tortuosa strada che si inerpica tra i boschi oltre Farini, alla “Cantoniera”, ristorante che, insieme all’Antica Osteria del Teatro aperta in centro a Piacenza negli anni ’70, avrebbe fatto la storia della cucina del Bel Paese. In origine la “Cantoniera” fu una trattoria per grandi numeri, regno di operai e camionisti. Poi la creatività e la tecnica di Cogny, con piatti diventati iconici come la terrina di foie gras, il salmone marinato all’aceto di lampone e pepe rosa, il tortino di tartufi della Val di Nure e la patata ripiena alle verdure con tartufo e burro bianco, la trasformarono in un tempio dell’alta cucina. Lucia, 90 anni portati splendidamente, ha risposto gentilmente alle domande del vostro cronista. “Giorgio aveva un debole per Isa Mazzocchi, la considerava dotata di un talento unico”, ci ha detto. Isa Mazzocchi, infatti, alla fine degli anni ’80 frequentò giovanissima, tra i 17 e i 19 anni, la scuola di cucina che Cogny aveva aperto a Farini, un corso biennale, frequentato da 25 aspiranti cuochi scelti attraverso una severa selezione, che richiedeva impegno e applicazione totali per 5 giorni alla settimana. “A Massimo Bottura, che arrivò più tardi – ha proseguito Lucia – Giorgio disse: “Massimo, un giorno il mondo parlerà di te”. “Giorgio – ha concluso Lucia – non usciva mai in sala se prima non era stato servito in tavola l’ultimo piatto”.
Questa la squadra degli chef protagonisti del Tributo a Georges Cogny: Isa Mazzocchi (“La Palta” di Bilegno) per l’occasione in tandem con Luciano Tona, Direttore del Bocuse d’Or Italia, quindi Filippo Chiappini Dattilo (già “Antica Osteria del Teatro” di Piacenza), Carla Aradelli ( “Ristorante Riva” di Rivergaro), Daniele Repetti (“Il Nido del Picchio” di Carpaneto Piacentino), Ettore e Stefano Ferri (“Ristorante La Colonna” di San Nicolò a Trebbia).
Questo il menù servito ai commensali: Benvenuto a cura di Isa Mazzocchi e Luciano Tona: Provenza-Piacenza senza ritorno (coulis di pomodori con maionese al basilico e cialde di olivo tipo tapenade). Antipasto a cura di Filippo Chiappini Dattilo: Parfait di bianco di pollo con piccole verdure, fois gras d’anatra e salsa remoulade. Primo a cura di Carla Aradelli: Tortino di venere integrale, gamberi, verdure e frullato di peperone rosso. Secondo a cura di Daniele Repetti: Filetto di suino leggermente affumicato con salsa verde piacentina e tortino di parmigiana di melanzane. Dolce a cura di Ettore e Stefano Ferri: bavarese alla vaniglia, bisquit morbida alla mandorla, coulis di pesche e croccantino. Pane del Forno Tassi di Bettola. In accompagnamento sono stati proposti alcuni tra i migliori vini del Piacentino, scelti da Valore Valnure: noi abbiamo optato per il Sorriso di Cielo, la Malvasia 2017 de La Tosa, e, dopo un rapido consulto con Roberto Gazzola e Monica Mazzocchi, anche per un originale Dolcetto, il Fauniano Cascinotta 2016.
S.C.