
E così, nel tripudio amministrativo cavriaghese, il busto “originale”, quello realizzato nel 1922 e donato dall’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, è tornato visibile al pubblico esposto come sarà d’ora in avanti nel centro culturale Multiplo. Quello in piazza, che richiama ogni anno quattro gatti veterocomunisti che sventolano sdrucite bandiere rosse con falce e martello, si sa essere una copia.
A che ci risulti il ridente paesino di Cavriago, Russia a parte e paesi poveri del Donbass dove si accatastano pile di cadaveri, è l’unico ad esporre con un certo strombazzamento compiaciuto l’effige del noto dittatore sovietico. La sindaca Francesca Bedogni dovrà pur darne una giustificazione, vi pare? Eccola: Cavriago non sarebbe il paese del busto di Lenin ma insomma il busto di Lenin farebbe parte della storia di Cavriago. Ecco dunque giustificata l’esposizione del criminale sovietico a godimento del pubblico passaggio.

Purtroppo però anche Mussolini fa parte della storia d’Italia, molto di più di quanto il busto non faccia parte della storia del comune della val d’Enza, allora perché non esporre, a fronte di questi ragionamenti, anche delle statue del Duce? Quella del primo cittadino cavriaghese è esattamente la stessa risposta che forniscono amministratori locali del centrodestra quando cercano di intitolare piazze o altro a personaggi poco raccomandabili del Ventennio. Fa parte della storia.
Casualmente la reintegrazione è avvenuta il 5 marzo 2023, 70esimo anniversario della morte di Stalin, da noi passata sotto silenzio. Ma che in tutta l’Europa orientale è stata festeggiata, sì festa grande per l’anniversario della morte di un tiranno.
