Firenze – E se il campionato della Fiorentina fosse cominciato alla 24esima (31esima partita dell’anno)? Spero solo che quella di ieri sera non fosse la squadra di Sanchez, e che sia Sousa ad aver finalmente capito come sa giocare la Viola: difesa a quattro, centrocampo a tre con un centrale (Borja ieri sera ha fatto il Pizarro) e tre punte. Per me è stato un cruccio che è durato tutti questi mesi.
Pensare che a maggio avevamo lasciato questa stessa squadra che infilava cinque vittorie su cinque partite e segnava tre reti a partita, che giocava bene, con tutte le pedine perfettamente a loro agio nella scacchiera, e rivederla soltanto ieri… Ve lo voglio ricordare un’altra volta. La Fiorentina, il campionato scorso, alternò un 3-5-2 (che Montella aveva preparato per valorizzare al massimo la coppia d’attacco Rossi-Gomez e nel mentre, se non ci fosse stata quella sequela di infortuni, Berna-Gomez) a un 4-3-2-1 (o 1-2).
Nelle ultime cinque partite del mese di maggio, che vennero dopo una partita da applausi giocata al Comunale di Torino e persa solo per l’ennesimo rigore sbagliato (da Gonzalo), la Viola, assente Joaquin, giocò con Tata in porta, Tomovic, Gonzalo, Savic e Alonso in difesa, Mati, Badelj, Borja a centrocampo e Ilicic dietro Salah e Gila. Su questa base ci furono occasionali innesti (di Neto, di Aquilani, di Vargas, di Richards, di Kurtic, di Pasqual…), ma l’assetto della squadra e il tipo di gioco restò quello.
Addirittura, a Empoli, Bernardeschi giocò titolare al posto di Salah e segnò, pressappoco dalla stessa posizione in cui ha segnato ieri. In questi mesi Sousa ha finito per mantenere gli stessi titolari di allora, e ieri sera c’erano Astori al posto di Savic, Vecino (anche lui comunque uomo già rodato nel centrocampo di Montella) al posto di Badelj (solo perché infortunato) e Tello al posto di Salah. Poi è entrato Kalinic. Io non ho mai capito perché quella stessa squadra dovesse essere snaturata al punto di far perdere letteralmente ai giocatori l’orientamento in campo e la fiducia nei loro mezzi, con quel “buco” in mezzo dove la squadra si ritrovava costantemente in inferiorità numerica sulle ripartenze avversarie, con quegli esterni improbabili che giocavano fuori ruolo e a piedi invertiti (è come se ieri sera Berna avesse detto a tutti: rimettetemi al mio posto, e vi faccio vedere io! Un assist splendido per Tello e un gol!), con quella compassatissima difesa a tre che toglieva un uomo alla costruzione del gioco! Il “restauro” comunque non è ancora completo.
Berna deve tornare dietro una punta insieme a Ilicic (Tello può servire come variante esterna alla Joaquin) e avere finalmente l’agio di giocare a tutta trequarti, come sa e come giocherà da campione qual è. Vedrete che la squadra tirerà in porta di più e anche il centravanti, che sia Baba o che sia Kalinic, se ne gioverà. In alternativa, e all’occorrenza, potrà essere giocato anche il 3-5-2; ma come lo giocava Montella, con Alonso a sinistra e Joaquin (Tello) a destra, e con Berna-Baba (o Zarate-Kalinic) coppia d’attacco.
E soprattutto potrà essere ulteriormente abbassato il ritmo e potrà essere accorciata la squadra, in modo da ritrovare il nostro “noioso” palleggio, ma anche quella prerogativa che ha fatto grande la Fiorentina in questi tre anni: il miglior centrocampo d’Italia (insisto nel ripeterlo), che quest’anno si giova in più di uno straripante Vecino e che potrebbe avere in Costa e Kone riserve se non altro fisicamente più affidabili dei Pizarro e degli Aquilani ormai usurati. L’unica cosa che potrebbe succedere è che alla fine si rimpianga di aver ceduto Suarez, sicuramente perfetto per quel centrocampo a tre che spero proprio resti da ora in poi nello schema di base.
In molti non credono nei numeri e nei moduli e sostengono “che sono i giocatori a fare la partita”. Avete visto ieri in TV il City contro il Leicester? Ecco, comprate il dvd e rivedetevi quella partita tipo Arancia meccanica! I giganti stramilionari del City contro la provinciale allenata all’italiana da Ranieri. Uno scherzo travolgere il centrocampo a due del City per una squadra che pressa e fa del recupero palla e contropiede il suo vangelo.
Ce lo fece vedere in Champions anche la Juve come si fa a non far tirare in porta in due partite Aguero, De Bruyne, Stirling, Navas o Silva: non gli si fa arrivare la palla, e si travolgono le due anime perse del centrocampo anche se si chiamano Jaja Touré e Fernandinho! Sousa si era incaponito a portare il gioco europeo (ma meglio specificare: inglese) in Italia, si era fissato che gli spazi aperti attaccati in velocità e la rinuncia al centrale di centrocampo (di regia o metodista) portino necessariamente a verticalizzare e dunque a un gran gioco d’attacco.
Forse ora, dopo aver appurato (e bastava leggesse le statistiche) che la Viola tira in porta quasi quattro volte in meno dello scorso anno (cioè, a un tiro di quest’anno ne corrispondevano quattro lo scorso campionato), avrà capito che in Italia (ma anche in Spagna o in Germania) si può giocare d’attacco anche senza frenesia e “apparentemente” difendendosi. Perché imporre i propri ritmi, nel rispetto delle qualità e dei limiti dei propri giocatori, non vuol dire essere difensivisti e poco spettacolari; anzi, vuol dire imporre davvero il proprio gioco, e cioè quello che si sa giocare meglio e che dà più noia agli avversari.
L’opera è da completare, e soprattutto bisogna davvero appurare se il profeta Sousa ha rinunciato alle sue assurde utopie. C’è urgentemente da riportare Berna nel suo ruolo, c’è da recuperare un indispensabile Badelj e c’è da riportare Borja definitivamente in mediana (non lo potevo vedere che andava a pressare difensori e portiere avversari insieme a Kalinic lasciandosi quel “buco” alle spalle che poi doveva affrettarsi a “coprire” con affannate rincorse). Allora ci sarà pane per tutti, anche per Mati, finora ai margini della rosa (Mati, a parte l’ingenuità dell’espulsione, ieri mi è piaciuto; anche se lo vedo meglio a sinistra con Vecino a destra). E allora scommetto sulla Viola terza, a dispetto del tempo e dei punti persi fino a oggi!