Il premier britannico Rishi Sunak si affida alle promesse. Tagliato il traguardo dei primi 100 giorni a Downing street, con non poche difficoltà e una bassissima popolarità, per rilanciare la sua immagine di governo e di leader dei conservatori, propone un piano da realizzare in 1000 giorni. Che ha spiegato, tuttavia, solo ai lettori di un noto tabloid di destra. Al quale ha avuto la premura di inviare una breve lettera scritta di suo pugno. Dove spiega, grossolanamente, i 5 punti del suo futuro programma: contenere le bollette, velocizzare le cure mediche, combattere l’immigrazione, far crescere l’economia, ridurre il debito pubblico. Un programma ambizioso e mastodontico che dovrebbe trasformare completamente il regno di Carlo III, ma in fondo sono solo promesse.
Dopo il caos vero e proprio lasciato dalla sua predecessora Liz Truss, prontamente rimossa nottetempo e che nessuno rimpiange, il miliardario con il pallino per la politica ha avuto la strada libera per la sua ascesa. Il partito Tory (al governo dal 2010) è profondamente spaccato e teatro di faide interne tra le correnti. Spifferi che agitano Westminster e minano l’attuale esecutivo, alla poltrona di Primo Ministro mira di tornare Boris Johnson, pronto a ripagare il suo ex protetto con la stessa moneta ricevuta lo scorso anno.
La nave su cui è imbarcato Sunak affonda lentamente, tra scandali e rivalità, e nei prossimi mesi c’è da pensare che chi avrà la possibilità si affretterà ad abbandonarla, per cercare posto su una più sicura zattera di salvataggio. Con la primavera è atteso il primo giudizio delle urne, le elezioni amministrative di Maggio sono un dato indicativo del livello di consenso tra i sudditi della monarchia. I sondaggi, ad oggi, sono impietosi: nella classifica di gradimento Sunak è staccato dal leader laburista Keir Starmer di circa 20 punti. In un simile quadro verrebbe da pensare che si può solo migliorare, non è così che invece la pensa una larga fetta di cittadini. Da settimane i sindacati sono scesi sul piede di guerra, scioperano praticamente quasi tutte le categorie, dagli insegnanti agli infermieri. I prossimi ad incrociare le braccia saranno i postini. I prezzi alimentari sono saliti del 17%, e la causa non è tanto il conflitto ucraino quanto l’illusione della Brexit, archiviata come un fatale errore su cui molti vorrebbero fare un passo indietro. La sanità è al collasso. La recessione non è alla porta, bensì dentro casa, come attesta la Banca d’Inghilterra con un inusuale innalzamento dei tassi d’interesse al 4%.
Sunak si rifiuta ostinatamente di pronunciare la parola “crisi” e tantomeno “emergenza”. Nel tentativo di calmare il malumore generale rispolvera nemici immaginari, quello reale è la Russia di Putin, additando il pericolo migranti e le colpe dell’Europa. Ma è solo propaganda populista, come l’impegno di smantellare quella che viene definita l’inutile burocrazia di Bruxelles: oltre 4 mila leggi che regolano gli standard di finanza, agricoltura, industria, commercio, ambiente e tanto altro ancora. Rischiando così di impantanarsi definitivamente.
Alfredo De Girolamo Enrico Catassi