Firenze – I dati che riguardano la criminalità di strada (ultimi sei mesi) a Firenze, raccolti e analizzati dalla Fondazione Caponnetto, sono stati resi noti dal presidente Salvatore Calleri oggi, giovedì 7 marzo, in un incontro con la stampa ai giardini intitolati al giudice antimafia.
Al di là dei dati tuttavia, è la progressione, in aggiunta a nuove modalità di affermazione della propria impunità da parte delle gang giovanili, sul territorio dei reati di strada a preoccupare. Reati che vedono un andamento a ondate, ma che a poco a poco stanno comparendo anche in territori in cui erano assenti, sporadici o ben delimitati ad alcune zone.
“Il quartiere dove si sta meglio quanto a episodi di criminalità di strada, quindi fra gli altri aggressioni, spaccate, furti, rapine, risse, è senz’altro la zona Galluzzo-Gavinana, ovvero il quartiere 3 – dice il presidente Calleri – ma anche in questo territorio cittadino si stanno affacciando le spaccate, episodi che non erano ancora giunti in questa zona”.
Segno di un lento, ma inesorabile dilagare dei comportamenti violenti e illegali, dello spaccio, del regolamento di conti, ovvero, dell’illegalità che sta spalmandosi sulla città? “Dobbiamo stare molto attenti a questi segnali – dice Calleri- tenendo conto che il pregresso non è certo tranquillizzante: al Quartiere 1 rimane la palma degli episodi di violenza, con 418 episodi accertati (la ricerca è svolta su fonti aperte (ovvero comunicati stampa delle forze dell’ordine, episodi riportati dagli organi di informazione) da settembre 2024 a febbraio 2025, fra cui 270 spaccate, 42 lanci di fuochi, 37 fra rapine e aggressioni, 17 risse, 6 accoltellamenti, altri 46 episodi. Senza contare che, come ricorda il presidente della Fondazione, “se teniamo conto degli episodi di cui non abbiamo notizia, si può stimare un numero del 40% circa più alto”, parlando in generale. Contando che solo per i fatti conosciuti pubblicamente, siamo a 639 episodi complessivi sulla città. Un numero cui non sono compresi i reati di spaccio, traffico di droga e furti in abitazione. Inoltre, non sono contemplate le gang, che saranno oggetto di prossimo apposito studio dal parte della Fondazione. Tuttavia, qualcosa viene detto anche in quest’ambito, non foss’altro perché sono le gang giovanili, nelle varie modalità in cui si presentano, a essere protagoniste dell’ultima “trovata” per far pesare il proprio potere sul territorio, ovvero i blitz organizzati ai danni dei supermarket, dove l’irruzione improvvisa di gruppi numerosi che fanno razzia, scaraventano in terra le merci, spaventano gli astanti e poi si dileguano, è una delle ultime modalità con cui gruppi di bulli e pandillas dimostrano chi comanda. O questo vorrebbero dimostrare. A margine dell’incontro, cade anche qualche dato. Ad esempio, che le gang sarebbero almeno 50, nella sola Firenze, forse qualcuna in più. E che, se si fa una divisione per quartieri, si arriva a circa 10 a quartiere, con un curioso equilibrio fra territorio e numero.
Tornando dunque alla criminalità spicciola, ma non per questo meno pericolosa (si pensi agli accoltellamenti) un peso da novanta viene appoggiato da Calleri sulla presenza di armi. Meno diffusa qualche decennio fa, ora è sempre più facile imbattersi nel coltello, sempre più facile vederlo impugnato a scopo di intimidazione ma soprattutto per ferire e anche oltre. Dai motivi più futili, una rissa qualsiasi, una discussione che si accende, possono spuntare le lame e far terminare la rissa in qualcosa di diverso e molto più grave. In particolare, il fenomeno sembrerebbe essere legato anche all’abbassarsi dell’età. “Ma non è solo questo – continua Calleri – si stanno diffondendo armi più pericolose come mannaie e scacciacani”. Una progressione che viene segnalata come un indizio di come cambia la città e l’uso della violenza, ormai sdoganata come soluzione di conflitti anche futili.
Un cambio di passo che vede anche un’altra opportunità per gli spostamenti dei protagonisti di queste azioni, ovvero la tramvia. Cresce e si espande la tramvia, cresce e si spamma la delinquenza di strada. “Ovviamente non ho nulla contro la tramvia e non voglio fare polemica, dal momento che è un mezzo utile e amato dai cittadini – dice Calleri – però dobbiamo constatare che l’allargamento delle rotaie e dei percorsi permette al crimine di piccolo cabotaggio di inserirsi in una mobilità efficiente, poco dispendiosa e soprattutto veloce. L’altro mezzo prediletto dalla piccola delinquenza è il monopattino”. Veloce, anche questo, silenzioso, poco dispendioso e poco appariscente.
Se il Q3 è ancora tranquillo, il Q1 è il re del piccolo crimine, il Q2 vede un andamento irregolare, a ondate, come dice Calleri. Su 70 episodi, 24 sono stati consumati a settembre scorso, 11 a ottobre, 12 a novembre, 7 a dicembre, 10 a gennaio, 6 a febbraio. Per quanto riguarda la natura, 44 sono spaccate, 9 fuochi, 4 fra rapine più aggressioni, 2 risse, e anche 1 accoltellamento, più altri dieci episodi violenti.
Il Q4 e il Q5 hanno alcuni punti in comune, fra cui il numero di aggressioni e rapine, che sono nel primo caso 10 e nel secondo 15, sempre nei sei mesi da settembre a febbraio compreso. Sebbene si sia lontani dalle 37 rapine-aggressioni del Q1, tuttavia si nota che il numero di questi episodi è più alto rispetto al Q2 e Q3. Inoltre, su questi territori ci sono i punti nevralgici dei supermarket nel mirino dei blitz segnalati. In generale, gli episodi registrati nei sei mesi in esame sono 68 per il Q4 e 75 per il Q5. Nel Q5 si registrano anche 10 feriti.
Infine, cosa fare? Intanto, per quanto riguarda il rapporto con le istituzioni, la Fondazione Caponnetto ha avuto vari incontri con gli assessori Paulesu e Giorgio (rispettivamente sociale e sicurezza) in cui sul tavolo c’erano le tematiche di cui sopra e anche la formazione degli operatori, dal momento che, dice Calleri, “sono cambiati i tempi ed è necessaria una formazione aggiornata per chi opera nel sociale”. Inoltre, dice il presidente, “non dimentichiamo che per provare a cambiare le cose è necessario cambiare la legge Cartabia, in particolare per quanto riguarda la necessità della querela e il cumulo delle pene prima di arrivare all’effettiva carcerazione”. Per quanto riguarda il primo punto, è facile che il cittadino non si senta tutelato e quindi sviluppi disagio nei confronti della querela; nel secondo caso, si rischia che l’accumularsi di condanne senza conseguenze restrittive generi un malinteso senso di impunità in chi delinque, “anche se poi si arriva a una carcerazione cumulativa”. Del resto, gestire il tema complesso delle contromisure è sempre problematico: “E’ necessario – conclude Calleri – che da un lato si sviluppi il tema della prevenzione che guarda al disagio sociale, dall’altro tuttavia che si arrivi alla “giusta” pena per chi delinque. Senza tuttavia trasformare la pena in un viatico per la “scuola del crimine”, ovvero per mettere in contatto chi ha commesso reati relativamente lievi con i veri e propri professionisti del crimine”. Insomma, la carcerazione facile potrebbe essere la spinta per l’arruolamento nelle fila della malavita organizzata. “Serve una grande riflessione e una rilettura intelligente della pena”.