In questi tempi ambigui per la democrazia come siamo (eravamo) abituati a viverla, un saggio importante ed estremamente educativo è stato presentato ieri alla Fondazione Circolo Fratelli Rosselli. Il libro dà conto del carteggio fra due protagonisti del ‘900, Alessandro Galante Garrone e Carlo Dionisotti, carteggio che, dal 1941 al 1997, attraversa la storia italiana dagli ultimi anni del Ventennio alla Repubblica matura, fino a Mani Pulite. Alla presentazione erano presenti il curatore, Gian Paolo Romagnani, Cosimo Ceccuti, Fulvio Conti, Giovanna Galante Garrone, il presidente della Fondazione Valdo Spini, il ricercatore Giulio Talini. Il libro, titolato “Le radici della vita. Una lunga amicizia attraverso la corrispondenza 1941-1997“, è stato pubblicato per i tipi di Edizioni di Storia e Letteratura.
Intanto, è necessario dar conto, sia pure sinteticamente, dei due protagonisti. Carlo Dionisotti, antifascista, azionista, critico letterario, storico della letteratura italiana, fine filologo. La sua carriera comincia come insegnante nelle scuole superiori a Vercelli, Torino e Roma fra il 1932 e il 1945. Dionisotti nel dopoguerra è stato lecturer di italiano a Oxford dal 1947 al 1949 e poi docente di Letteratura italiana al Bedford College for Women di Londra dal 1949 al 1970. Carlo Dionisotti morì a Londra nel 1998. Si trova ne cimitero di Romagnano Sesia, paese d’origine della propria famiglia, a cui Dionisotti rimase sempre molto legato.
Alessandro Galante Garrone, uno dei padri della Repubblica Italiana, magistrato e storico, antifascista, fu rappresentante del Partito d’Azione nel CLN del Piemonte. D studi giuridici, è stato pretore a Mondovì dal 1934 al 1937, quindi giudice al Tribunale di Torino dal 1937 al 1963. Lascia la magistratura per l’insegnamento universitario, dal 1966 al 1979 è professore ordinario di Storia del Risorgimento prima a Cagliari, poi a Torino.
Due maestri del pensiero e della libertà dunque, che incrociano commenti, riferimenti, discussioni colte e riflessioni sulle vicende storiche che stanno vivendo. Con un approccio simile nella disillusione che segue la grande stagione della Resistenza, in cui sembra davvero, per la seconda volta nella storia d’Italia (la prima, il Risorgimento, cadde quasi subito nella rete della monarchia sabauda ritenuta necessaria all’unità) che sia possibile una rivoluzione del Paese che lo affranchi dai vizi diventati nazionali. Ma anche con un approccio diverso nelle conseguenze di quella disillusione , che non scorda la vendetta nelle riflessioni di Dionisotti, mentre diventa elemento di ricostruzione e ulteriore riflessione nelle lettere di Galante Garrone. Anche se il dubbio, il tarlo che tutto sommato non ci sia altro modo che spingere sulla ribellione per far saltare la camicia di ferro fatta di disuguaglianze, ingiustizie, accomodamento, conformismo, parassitismo che tornava ad affliggere la società italiana, rimane lì, a lato, come testimonia in particolare una lettera di Galante Garrone in risposta a una riflessione di Dionisotti sul brigatismo e gli anni di piombo.
Non solo. come mette in luce il ricercatore Giulio Talini, è estremamente interessante la riflessione di Galante Garrone su Mani pulite. In una lettera di risposta a Dionisotti che verte su quella che possiamo definire l’indagine giudiziaria di svolta della nostra democrazia, Galante Garrone (15 marzo 1997) scrive: “non sono d’accordo conte sulla corrida giudiziaria”. Perché? Il problema che si pone è se sia possibile risolvere una crisi politica per via giudiziaria , dal momento che, liquidata la partitocrazia, rimane la desolante eredità del “capo carismatico” come unica unità costituente il tessuto democratico. E la storia è prodiga di esempi di capi carismatici ben presto prevalenti rispetto alla democrazia.
“”La figura di Alessandro Galante Garrone, prima magistrato e poi storico- ha ricordato Valdo Spini – si colloca nella galleria delle grandi coscienze dell’azionismo. Sia lui che Norberto Bobbio furono anche commentatori delle vicende italiane per il quotidiano ‘La Stampa’ di Torino e lasciarono un’impronta etico-politica molto importante nelle giovani generazioni di allora. Carlo Dionisotti, anche lui studioso e azionista, corrispondeva da Londra con il torinese Galante Garrone. Importanti e significative le riflessioni che i due personaggi si scambiarono per ben cinquant’anni”.
In foto, Alessandro Galante Garrone (a sinistra), con la sorella Virginia e il fratello Carlo, fine anni trenta